In primavera le prossime elezioni comunali
Milano riscopra la voglia di contare
Di fronte alla perdita d'influenza della città, Società Aperta lancia un appellodi Angelo Pappadà - 28 giugno 2005
Ai milanesi piace pensare, come dice Vittorio Feltri su Libero, che la carica di Sindaco della loro città sia importante quanto – e forse più – della carica di ministro. E’ il riflesso di una forza economica e civile di cui i cittadini di Milano hanno sempre avuto consapevolezza – anche se non sempre sono riusciti a tradurre questa forza in effettiva leadership nazionale.
La prova si ha guardando a ciò che è accaduto in questi anni di governo del centro-destra: il Presidente del Consiglio e tanti ministri di area milanese o lombarda, ma nessuna ridislocazione del potere rispetto a Roma e nessun vero cambiamento dei modi, degli stili, dei “valori” della classe dirigente del Paese. Del resto, non è che i politici meneghini abbiano sempre dato fulgido esempio di applicazione di principi “moderni” di governo della società: spesso si sono adattati, sia localmente che a livello nazionale, al piccolo cabotaggio, persino clientelare.
Il fatto è che a Milano c’è la cosiddetta “società civile”, cioè un buon numero di persone che sanno come gira il mondo, perché lo hanno visto e studiato. Però si tratta di persone che rifuggono dall’impegno, difficilmente accetterebbero una carica elettiva, di tanto in tanto si entusiasmano per qualche “uomo nuovo” (Segni, Bossi, Di Pietro, solo per citare i casi più recenti), ma poi tornano ai loro affari. Così la città, lungo tutti gli anni ’90, ha in realtà perso peso politico, a favore di Roma ma anche del Nord-Est ricco e vitale. L’impressione è stata di chiusura rispetto ai temi della politica e della modernizzazione, pur con lodevoli eccezioni, dovute a singole personalità.
E’ poi ben difficile che le elezioni amministrative dell’anno prossimo non siano abbinate alle politiche. Il che significa che la scelta del Sindaco di Milano avverrà secondo linee coincidenti con gli orientamenti generali dell’elettorato milanese, anziché in base a giudizi su come la città sia stata o debba essere amministrata. E’ quindi ovvio che la scelta dei candidati sarà decisa in ultima istanza dai leader degli schieramenti politici nazionali: proprio questo è il problema, perché la crisi, di idee e di coesione interna, delle coalizioni che compongono il bipolarismo italiano si riverbera nella crisi dei partiti cittadini.
Il Sindaco uscente, Gabriele Albertini, non ha demeritato, anzi. Presentatosi come “amministratore di condominio”, è diventato popolare tra i milanesi proprio per l’ostentata indipendenza dai partiti del centro-destra (compreso il proprio, cioè Forza Italia). Dopo due mandati e una rielezione trionfale, rischia di essere ricordato come una meteora, senza lasciti né eredi. Le continue polemiche che accompagnano il suo “lungo addio” (alimentate anche da giornalisti vicini alla Fininvest, soprattutto laddove accusano Albertini di avere troppo ceduto al fascino dei soliti “poteri forti” e di aver intrattenuto rapporti troppo cordiali con la Procura) ne compromettono il futuro politico.
Berlusconi ha come al solito avocato a sé la scelta del successore, anche perché le regionali del 2005 hanno mostrato che il centro-destra a Milano non è affatto in caduta libera di consensi e che da qui può ripartire la possibile “rimonta” nazionale. Però quanto visto finora è deludente: sono stati lanciati e poi smentiti nomi (Confalonieri, la Moratti) ma la verità è che il processo di selezione nel centro-destra è inceppato dalla tensione esistente tra le convinzioni di Berlusconi e le pulsioni dei partiti.
Sull’altro versante, la situazione è speculare. Il centro-sinistra milanese ha riconquistato la provincia nel 2004 e intravede, dopo dodici anni, la possibilità di vincere. Ed è vero che qui il progetto “autonomista” della margherita rutelliana fa meno presa che altrove e che esiste una influente borghesia “ulivista” (alla Salvati, per intenderci), ma eventuali tentativi di Prodi di imporre un “proprio” candidato troverebbero una fiera, ancorché sotterranea, opposizione nei partiti, a cominciare dai ds.
In una situazione di stallo come questa, può accadere che si lancino candidature puramente “giornalistiche”, come quella di Vittorio Sgarbi nel centro-destra, da parte di Feltri (il critico d’arte ha subito accettato, ma ha omesso di riferire ai lettori di “Libero” sullo stato di avanzamento dei suoi contatti con il centro-sinistra per rientrare in Parlamento nel 2006).
E allora? I milanesi dovranno ancora rassegnarsi a subire decisioni prese a Roma? A non essere protagonisti di un cambiamento del costume politico nazionale? Dipende da loro, cioè da noi. Società Aperta può catalizzare le energie latenti nelle numerose associazioni sorte spontaneamente in questi anni nel seno della società civile milanese, offrendo loro un progetto di rinnovamento più ampio dell’orizzonte cittadino. Sul tavolo è la possibilità di partecipare alle comunali del 2006 in modo visibile e chiaro, in posizione certo di minoranza, ma capace di rappresentare una novità effettiva e condizionare gli orientamenti dei candidati – chiunque siano – dei due poli.
Chi ci sta?
La prova si ha guardando a ciò che è accaduto in questi anni di governo del centro-destra: il Presidente del Consiglio e tanti ministri di area milanese o lombarda, ma nessuna ridislocazione del potere rispetto a Roma e nessun vero cambiamento dei modi, degli stili, dei “valori” della classe dirigente del Paese. Del resto, non è che i politici meneghini abbiano sempre dato fulgido esempio di applicazione di principi “moderni” di governo della società: spesso si sono adattati, sia localmente che a livello nazionale, al piccolo cabotaggio, persino clientelare.
Il fatto è che a Milano c’è la cosiddetta “società civile”, cioè un buon numero di persone che sanno come gira il mondo, perché lo hanno visto e studiato. Però si tratta di persone che rifuggono dall’impegno, difficilmente accetterebbero una carica elettiva, di tanto in tanto si entusiasmano per qualche “uomo nuovo” (Segni, Bossi, Di Pietro, solo per citare i casi più recenti), ma poi tornano ai loro affari. Così la città, lungo tutti gli anni ’90, ha in realtà perso peso politico, a favore di Roma ma anche del Nord-Est ricco e vitale. L’impressione è stata di chiusura rispetto ai temi della politica e della modernizzazione, pur con lodevoli eccezioni, dovute a singole personalità.
E’ poi ben difficile che le elezioni amministrative dell’anno prossimo non siano abbinate alle politiche. Il che significa che la scelta del Sindaco di Milano avverrà secondo linee coincidenti con gli orientamenti generali dell’elettorato milanese, anziché in base a giudizi su come la città sia stata o debba essere amministrata. E’ quindi ovvio che la scelta dei candidati sarà decisa in ultima istanza dai leader degli schieramenti politici nazionali: proprio questo è il problema, perché la crisi, di idee e di coesione interna, delle coalizioni che compongono il bipolarismo italiano si riverbera nella crisi dei partiti cittadini.
Il Sindaco uscente, Gabriele Albertini, non ha demeritato, anzi. Presentatosi come “amministratore di condominio”, è diventato popolare tra i milanesi proprio per l’ostentata indipendenza dai partiti del centro-destra (compreso il proprio, cioè Forza Italia). Dopo due mandati e una rielezione trionfale, rischia di essere ricordato come una meteora, senza lasciti né eredi. Le continue polemiche che accompagnano il suo “lungo addio” (alimentate anche da giornalisti vicini alla Fininvest, soprattutto laddove accusano Albertini di avere troppo ceduto al fascino dei soliti “poteri forti” e di aver intrattenuto rapporti troppo cordiali con la Procura) ne compromettono il futuro politico.
Berlusconi ha come al solito avocato a sé la scelta del successore, anche perché le regionali del 2005 hanno mostrato che il centro-destra a Milano non è affatto in caduta libera di consensi e che da qui può ripartire la possibile “rimonta” nazionale. Però quanto visto finora è deludente: sono stati lanciati e poi smentiti nomi (Confalonieri, la Moratti) ma la verità è che il processo di selezione nel centro-destra è inceppato dalla tensione esistente tra le convinzioni di Berlusconi e le pulsioni dei partiti.
Sull’altro versante, la situazione è speculare. Il centro-sinistra milanese ha riconquistato la provincia nel 2004 e intravede, dopo dodici anni, la possibilità di vincere. Ed è vero che qui il progetto “autonomista” della margherita rutelliana fa meno presa che altrove e che esiste una influente borghesia “ulivista” (alla Salvati, per intenderci), ma eventuali tentativi di Prodi di imporre un “proprio” candidato troverebbero una fiera, ancorché sotterranea, opposizione nei partiti, a cominciare dai ds.
In una situazione di stallo come questa, può accadere che si lancino candidature puramente “giornalistiche”, come quella di Vittorio Sgarbi nel centro-destra, da parte di Feltri (il critico d’arte ha subito accettato, ma ha omesso di riferire ai lettori di “Libero” sullo stato di avanzamento dei suoi contatti con il centro-sinistra per rientrare in Parlamento nel 2006).
E allora? I milanesi dovranno ancora rassegnarsi a subire decisioni prese a Roma? A non essere protagonisti di un cambiamento del costume politico nazionale? Dipende da loro, cioè da noi. Società Aperta può catalizzare le energie latenti nelle numerose associazioni sorte spontaneamente in questi anni nel seno della società civile milanese, offrendo loro un progetto di rinnovamento più ampio dell’orizzonte cittadino. Sul tavolo è la possibilità di partecipare alle comunali del 2006 in modo visibile e chiaro, in posizione certo di minoranza, ma capace di rappresentare una novità effettiva e condizionare gli orientamenti dei candidati – chiunque siano – dei due poli.
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L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.