Per il rilancio in Europa proposte bipartisan
Matrimonio Eni-Enel. Alternative?
Dopo il veto definitivo di Chirac alle aspirazioni dell’Enel sul mercato francesedi Elio Di Caprio - 28 marzo 2006
Anche senza una grande coalizione alla tedesca che testimoni un’ampia convergenza delle forze politiche sui grandi temi della politica che interessano tutti, quadro costituzionale condiviso, rapporti con l’estero, problemi dello sviluppo- sembra almeno affiorare di tanto in tanto un insospettabile spirito bipartisan di reazione e di difesa congiunta che accomuna maggioranza e opposizione, quando dall’esterno avvertiamo che qualcuno vuole profittare delle nostre debolezze strutturali per i propri scopi.
C’è stata una pressoché unanime levata di scudi contro l’intollerabile prepotenza della Francia di Chirac che ha osato impedire l’opa dell’Enel su Suez. La patata bollente della controversia, per noi difficilissima, passerà dal centrodestra al centrosinistra, se quest’ultimo uscirà vincitore nella competizione elettorale in corso. Ma non per questo la coalizione vincente avrà strumenti migliori in mano per far prevalere la posizione italiana.
Già nel 2001, nell’ultimo scorcio della passata legislatura, in previsione di una sconfitta, era stato il centro-sinistra a concordare con l’opposizione di allora- sempre in nome dello spirito bipartisan- una comune azione di difesa per sterilizzare il controllo della statale Electricité de France su Edison. Poi si sa come è andata a finire con l’Italia costretta a tornare sui suoi passi perché accusata di aver ostacolato la libera circolazione dei capitali in Europa. Si trattò allora di un miope calcolo bipartisan, che ora rischia di ripetersi con la vana ricerca dei mezzi più opportuni per reagire al veto opposto dai francesi all’Enel?
Nessuno coglie la contraddizione di aver ostacolato l’Edf in Italia perché sotto controllo statale dei francesi per poi lamentarsi, dopo cinque anni, che siano i Francesi a non voler lasciare lo loro Suez al controllo della “statale” Enel.
Qualcuno si è mai accorto che le direttive europee sull’energia obbligano a liberalizzare i mercati, non a privatizzare le società?
Come ne usciremo dopo aver giocato assai male – prima con il centro sinistra, poi con il centro destra – la partita del risiko energetico in Europa? Spinti dalle privatizzazioni per far cassa e dal fascino accademico per le liberalizzazioni che avrebbero finalmente fatto giustizia della nostra cultura statalista, abbiamo confuso i problemi rischiando così insieme di indebolire la nostra sicurezza energetica e di rendere fagocitabili le nostre società operanti nel settore.
Tommaso Padoa Schioppa in un editoriale del Corriere della Sera del 26 marzo ammette che “ nell’energia il libero mercato non esiste”, visto che politica energetica e politica sono inscindibili”. E allora tutte le liberalizzazioni messe in piedi finora in ambito europeo a cosa servono se poi si riconosce che in tale settore prevale la politica e non il libero mercato?
Nei giorni scorsi Franco Bernabè, l’ex amministratore delegato dell’Eni che ha dato il via negli anni ‘90 al processo di privatizzazione della società energetica, lancia il suo allarme e dice: “state attenti perché l’Eni è scalabile. Se arriva qualcuno che la compra, l’Eni perderà la sua capacità di investire: tutta sicurezza energetica in meno per l’Italia”. Dimentica che solo qualche anno fa egli stesso aveva escluso ogni pericolo di scalata perché l’Eni per le sue dimensioni avrebbe mantenuto comunque una sua specifica capacità dissuasiva.
E’ vero che i tempi cambiano e ciò che non poteva essere possibile ieri lo è oggi. Ma qualche grosso errore strategico bypartisan è stato pur fatto all’origine.
Mentre noi protestiamo perché i francesi protezionisti non ci fanno entrare nel loro mercato, all’opinione pubblica francese interessa solo che non vengano persi posti di lavoro con la privatizzazione di Edf. Ne consegue quindi un dibattito surreale su chi è più statalista e meno liberalizzatore tra noi e i francesi.
Ora soltanto ci si rende finalmente conto che l’Europa dell’energia è una cosa più complicata di quello che si pensava. C’è chi è andato avanti e chi è andato indietro, chi ha privatizzato troppo e chi troppo poco. Altro che simmetria e reciprocità! Alla fine emergeranno campioni europei dell’energia che, allo stato dei fatti, saranno principalmente francesi e tedeschi, non italiani. E al consumatore italiano non resterà neanche la consolazione di pagare bollette elettriche e del gas meno onerose.
Per colmare i ritardi accumulati, per concorrere anche noi al risiko europeo dell’energia che sembra averci tagliato fuori, pensiamo addirittura di fondere Eni ed Enel e farne un’unica società. Ma chi studia il problema in tutti i suoi risvolti – comprese le conseguenze sui mercati azionari – e si preoccupa nel contempo della nostra sicurezza energetica? Nessuno. Diventerà questo matrimonio “strategico” un altro caso di miopia bipartisan?
C’è stata una pressoché unanime levata di scudi contro l’intollerabile prepotenza della Francia di Chirac che ha osato impedire l’opa dell’Enel su Suez. La patata bollente della controversia, per noi difficilissima, passerà dal centrodestra al centrosinistra, se quest’ultimo uscirà vincitore nella competizione elettorale in corso. Ma non per questo la coalizione vincente avrà strumenti migliori in mano per far prevalere la posizione italiana.
Già nel 2001, nell’ultimo scorcio della passata legislatura, in previsione di una sconfitta, era stato il centro-sinistra a concordare con l’opposizione di allora- sempre in nome dello spirito bipartisan- una comune azione di difesa per sterilizzare il controllo della statale Electricité de France su Edison. Poi si sa come è andata a finire con l’Italia costretta a tornare sui suoi passi perché accusata di aver ostacolato la libera circolazione dei capitali in Europa. Si trattò allora di un miope calcolo bipartisan, che ora rischia di ripetersi con la vana ricerca dei mezzi più opportuni per reagire al veto opposto dai francesi all’Enel?
Nessuno coglie la contraddizione di aver ostacolato l’Edf in Italia perché sotto controllo statale dei francesi per poi lamentarsi, dopo cinque anni, che siano i Francesi a non voler lasciare lo loro Suez al controllo della “statale” Enel.
Qualcuno si è mai accorto che le direttive europee sull’energia obbligano a liberalizzare i mercati, non a privatizzare le società?
Come ne usciremo dopo aver giocato assai male – prima con il centro sinistra, poi con il centro destra – la partita del risiko energetico in Europa? Spinti dalle privatizzazioni per far cassa e dal fascino accademico per le liberalizzazioni che avrebbero finalmente fatto giustizia della nostra cultura statalista, abbiamo confuso i problemi rischiando così insieme di indebolire la nostra sicurezza energetica e di rendere fagocitabili le nostre società operanti nel settore.
Tommaso Padoa Schioppa in un editoriale del Corriere della Sera del 26 marzo ammette che “ nell’energia il libero mercato non esiste”, visto che politica energetica e politica sono inscindibili”. E allora tutte le liberalizzazioni messe in piedi finora in ambito europeo a cosa servono se poi si riconosce che in tale settore prevale la politica e non il libero mercato?
Nei giorni scorsi Franco Bernabè, l’ex amministratore delegato dell’Eni che ha dato il via negli anni ‘90 al processo di privatizzazione della società energetica, lancia il suo allarme e dice: “state attenti perché l’Eni è scalabile. Se arriva qualcuno che la compra, l’Eni perderà la sua capacità di investire: tutta sicurezza energetica in meno per l’Italia”. Dimentica che solo qualche anno fa egli stesso aveva escluso ogni pericolo di scalata perché l’Eni per le sue dimensioni avrebbe mantenuto comunque una sua specifica capacità dissuasiva.
E’ vero che i tempi cambiano e ciò che non poteva essere possibile ieri lo è oggi. Ma qualche grosso errore strategico bypartisan è stato pur fatto all’origine.
Mentre noi protestiamo perché i francesi protezionisti non ci fanno entrare nel loro mercato, all’opinione pubblica francese interessa solo che non vengano persi posti di lavoro con la privatizzazione di Edf. Ne consegue quindi un dibattito surreale su chi è più statalista e meno liberalizzatore tra noi e i francesi.
Ora soltanto ci si rende finalmente conto che l’Europa dell’energia è una cosa più complicata di quello che si pensava. C’è chi è andato avanti e chi è andato indietro, chi ha privatizzato troppo e chi troppo poco. Altro che simmetria e reciprocità! Alla fine emergeranno campioni europei dell’energia che, allo stato dei fatti, saranno principalmente francesi e tedeschi, non italiani. E al consumatore italiano non resterà neanche la consolazione di pagare bollette elettriche e del gas meno onerose.
Per colmare i ritardi accumulati, per concorrere anche noi al risiko europeo dell’energia che sembra averci tagliato fuori, pensiamo addirittura di fondere Eni ed Enel e farne un’unica società. Ma chi studia il problema in tutti i suoi risvolti – comprese le conseguenze sui mercati azionari – e si preoccupa nel contempo della nostra sicurezza energetica? Nessuno. Diventerà questo matrimonio “strategico” un altro caso di miopia bipartisan?
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.