Sull’Afghanistan tutti in balia di giochi di casa
Ma senza dibattito parlamentare serio
E così nel nostro sistema, s’incatenano le maggioranze e si umiliano le minoranzedi Davide Giacalone - 26 giugno 2006
I soldati italiani resteranno in Afghanistan, il Parlamento rifinanzierà la missione, che successivamente sarà rafforzata. Se la politica avesse rispetto di sé, si aprirebbe un dibattito parlamentare serio, al termine del quale larga parte dell’opposizione dovrebbe votare a favore del rifinanziamento, così come parte della maggioranza voterebbe contro. Invece si giocherà tutto sul diverso tema della stabilità governativa, con i parlamentari dell’opposizione che potrebbero votare contro un provvedimento che condividono e parte di quelli della maggioranza che faranno l’esatto opposto. Il voto parlamentare sarà preceduto da un confronto inutile fra i partiti della maggioranza, che richiamerà alla disciplina e darà la mendace assicurazione che presto tutto questo finirà. Bubbole, perché i militari lì sono e lì restano.
Ho avuto modo di dialogare (grazie alla serietà professionale di Radio Spazio Aperto) con il senatore Fosco Giannini che, non isolato esponente di Rifondazione Comunista, ritiene che a Kabul si consumi un crimine, che i nostri soldati fiancheggiano l’imperialismo americano, che agli elettori è stato promesso il ritiro dappertutto, non solo dall’Iraq. Il senatore Giannini (c’è anche il senatore Malerba) s’appresterebbe a far cadere il governo, se fosse conseguente con le cose che dice. Non lo farà, ma non per incoerenza, bensì perché deglutirà un compromesso democristiano. Però è da superficiali sottovalutare il travaglio di questi parlamentari, che si trasformerà nel travaglio interno ai loro partiti. Giannini crede in quel che dice, e crede di averlo detto a chi lo ha votato, il che ci dà la plastica dimostrazione di quanto innaturale e deviato sia il bipolarismo all’italiana.
Se avessimo un sistema elettorale alla francese, per esempio, dopo un primo turno in cui gli elettori possono votare i beniamini, al secondo si tratta di decidere. Quindi, al primo si vota Giannini, se si è comunisti, al secondo tocca scegliere se eleggere Rutelli o Martino. Scelgo, sapendo cosa. Da noi, invece, chi vota Giannini si ritrova al governo con chi plaude alla Nato. Ciò dimostra che, nel nostro sistema, s’incatenano le maggioranze e si umiliano le minoranze. Un capolavoro, che porterà Giannini a votare quello che penso io, anziché quello in cui crede lui.
www.davidegiacalone.it
Pubblicato su Libero del 26 giugno 2006
Ho avuto modo di dialogare (grazie alla serietà professionale di Radio Spazio Aperto) con il senatore Fosco Giannini che, non isolato esponente di Rifondazione Comunista, ritiene che a Kabul si consumi un crimine, che i nostri soldati fiancheggiano l’imperialismo americano, che agli elettori è stato promesso il ritiro dappertutto, non solo dall’Iraq. Il senatore Giannini (c’è anche il senatore Malerba) s’appresterebbe a far cadere il governo, se fosse conseguente con le cose che dice. Non lo farà, ma non per incoerenza, bensì perché deglutirà un compromesso democristiano. Però è da superficiali sottovalutare il travaglio di questi parlamentari, che si trasformerà nel travaglio interno ai loro partiti. Giannini crede in quel che dice, e crede di averlo detto a chi lo ha votato, il che ci dà la plastica dimostrazione di quanto innaturale e deviato sia il bipolarismo all’italiana.
Se avessimo un sistema elettorale alla francese, per esempio, dopo un primo turno in cui gli elettori possono votare i beniamini, al secondo si tratta di decidere. Quindi, al primo si vota Giannini, se si è comunisti, al secondo tocca scegliere se eleggere Rutelli o Martino. Scelgo, sapendo cosa. Da noi, invece, chi vota Giannini si ritrova al governo con chi plaude alla Nato. Ciò dimostra che, nel nostro sistema, s’incatenano le maggioranze e si umiliano le minoranze. Un capolavoro, che porterà Giannini a votare quello che penso io, anziché quello in cui crede lui.
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Pubblicato su Libero del 26 giugno 2006
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.