Sotto elezioni ogni giorno nuove indagini
Ma i sondaggi sono davvero attendibili?
Gli elettori italiani hanno convinzioni radicate, solo in pochi cambiano idea ogni voltadi Antonio Gesualdi - 17 gennaio 2006
Uno un po’ debole di comprendonio potrebbe anche pensare che è vero che gli italiani cambiano opinione politica da un giorno all"altro. Politici, sondaggisti, opinionisti, giornalisti, giorno dopo giorno, infatti, sparano una qualche cifra (sempre tra il 45 e il 50%) di consenso politico ora a favore di Berlusconi ora a favore di Prodi. E" un vero e proprio ping-pong che presuppone una sola ipotesi: un grado accentuato di imbecillità dei cittadini italiani con più di 18 anni.
Tutti questi o perché hanno sentito una notizia da un telegiornale, letto un articolo, visto un dibattito o assistito ad un talk-show, improvvisamente, deciderebbero di votare Tizio piuttosto di Caio. Insomma vivremmo in una specie di reparto psichiatrico particolarmente affollato da ansiogeni indecisi e pronti a sposare le idee e la visione della vita dell"ultimo che gli parla.
Se così fosse, per un politico, basterebbe andare in televisione un momento prima del voto. Realtà vuole che di parlamentari in Italia ne abbiamo oltre 900 e nessuno di noi è in grado di elencarne i nomi corretti di almeno il 10%. Questo perché in televisione ci vanno i leader, ma in Parlamento ci vanno tutti gli altri eletti. E ogni eletto ha una propria storia e un proprio elettorato.
Ma torniamo a noi: il caso Consorte, secondo ultime stupidaggini lette, varrebbe ai Ds la perdita del 2% di voti, mentre lo yacht di D"Alema vale un meno 0,5% per la sinistra, e Berlusconi che ribattezza Reagan "Donald" (come McDonald?) perderebbe lo 0,3% ma solo tra gli acculturati di Forza Italia. Bossi che avrebbe preso 100 milioni - ma di vecchie lire, non di euro - da Fiorani, allora, potrà calcolare una perdita di qualche decina di voti? Mentre Calderoli, per aver spedito un sms, sempre a Fiorani, rischia 3 o 4 voti di giovani padani alla prima elezione.
Stupisce la stupidità di molti commentatori che ancora pensano al cambiamento repentino del voto. Forse non si sono neppure accorti, costoro, che nonostante Tangentopoli, e prima il terrorismo, e l"inflazione al 20%, la stragrande maggioranza degli italiani, dal secondo dopoguerra in poi, ha sempre votato allo stesso modo? Nel Centro Italia vinceva il Pci, poi hanno continuato a vincere Ds e Rifondazione. Nel Veneto vinceva la Dc e poi hanno sempre vinto i leghisti e i forzisti. In Sicilia c"era qualche alternanza Dc-Psi, con relativi drammi, e oggi ci sono Forza Italia e Udc con relativi drammi. Insomma gli italiani non sono quei quattro scemi che si vuol far credere.
Ieri Paolo Natale su Europa ha scritto molto meglio di me: "gli elettori hanno una loro storia, recepiscono il clima politico secondo schemi relativamente radicati nel loro cervello, non sono banderuole nel vento mediatico; si formano una propria opinione che tendono a far perdurare nel tempo, in modo tale da mantenere una propria coerenza interna, da salvaguardarli da possibili informazioni controverse. E pensano alla politica come qualcosa che in qualche modo li riguarda, anche se alcuni di loro non sanno "coscientemente di farlo". Precisamente.
Ma tutto questo bailamme sui numeri è comunque un altro segno della crisi del berlusconismo: l"opinione politica non è più roba da mercato, da partita di calcio, da urlatori televisivi.
I miei calcoli sulle ultime elezioni nazionali (solo parte proporzionale) rivelano che gli italiani con la tendenza a mutare il proprio voto da un"elezione all"altra sono circa 8 milioni. Significa un 15 per cento complessivo sulla media dei votanti (e anche meno se si considerano gli aventi diritto). Si tratta di un voto importante, ma si dà il caso che statisticamente e storicamente questi - che non sono indecisi, ma che semplicemente non prendono una decisione prima del tempo ad uso e consumo del sondaggismo - si distribuiscono, poi, più o meno come gli altri. Insomma il "floating vote" proprio perché fluttua va sia di qua che di là e nelle aree dei partiti che perderanno ci sarà, come sempre, una crescita di voto nullo o schede bianche.
Infine, pensare che ci siano masse di imbecilli che giorno per giorno cambiano opinioni politiche è anche illogico perché significherebbe che fino al momento del voto tutto si può cambiare. Allora perché fare sondaggi? Aspettiamo gli exit-pool!
Tutti questi o perché hanno sentito una notizia da un telegiornale, letto un articolo, visto un dibattito o assistito ad un talk-show, improvvisamente, deciderebbero di votare Tizio piuttosto di Caio. Insomma vivremmo in una specie di reparto psichiatrico particolarmente affollato da ansiogeni indecisi e pronti a sposare le idee e la visione della vita dell"ultimo che gli parla.
Se così fosse, per un politico, basterebbe andare in televisione un momento prima del voto. Realtà vuole che di parlamentari in Italia ne abbiamo oltre 900 e nessuno di noi è in grado di elencarne i nomi corretti di almeno il 10%. Questo perché in televisione ci vanno i leader, ma in Parlamento ci vanno tutti gli altri eletti. E ogni eletto ha una propria storia e un proprio elettorato.
Ma torniamo a noi: il caso Consorte, secondo ultime stupidaggini lette, varrebbe ai Ds la perdita del 2% di voti, mentre lo yacht di D"Alema vale un meno 0,5% per la sinistra, e Berlusconi che ribattezza Reagan "Donald" (come McDonald?) perderebbe lo 0,3% ma solo tra gli acculturati di Forza Italia. Bossi che avrebbe preso 100 milioni - ma di vecchie lire, non di euro - da Fiorani, allora, potrà calcolare una perdita di qualche decina di voti? Mentre Calderoli, per aver spedito un sms, sempre a Fiorani, rischia 3 o 4 voti di giovani padani alla prima elezione.
Stupisce la stupidità di molti commentatori che ancora pensano al cambiamento repentino del voto. Forse non si sono neppure accorti, costoro, che nonostante Tangentopoli, e prima il terrorismo, e l"inflazione al 20%, la stragrande maggioranza degli italiani, dal secondo dopoguerra in poi, ha sempre votato allo stesso modo? Nel Centro Italia vinceva il Pci, poi hanno continuato a vincere Ds e Rifondazione. Nel Veneto vinceva la Dc e poi hanno sempre vinto i leghisti e i forzisti. In Sicilia c"era qualche alternanza Dc-Psi, con relativi drammi, e oggi ci sono Forza Italia e Udc con relativi drammi. Insomma gli italiani non sono quei quattro scemi che si vuol far credere.
Ieri Paolo Natale su Europa ha scritto molto meglio di me: "gli elettori hanno una loro storia, recepiscono il clima politico secondo schemi relativamente radicati nel loro cervello, non sono banderuole nel vento mediatico; si formano una propria opinione che tendono a far perdurare nel tempo, in modo tale da mantenere una propria coerenza interna, da salvaguardarli da possibili informazioni controverse. E pensano alla politica come qualcosa che in qualche modo li riguarda, anche se alcuni di loro non sanno "coscientemente di farlo". Precisamente.
Ma tutto questo bailamme sui numeri è comunque un altro segno della crisi del berlusconismo: l"opinione politica non è più roba da mercato, da partita di calcio, da urlatori televisivi.
I miei calcoli sulle ultime elezioni nazionali (solo parte proporzionale) rivelano che gli italiani con la tendenza a mutare il proprio voto da un"elezione all"altra sono circa 8 milioni. Significa un 15 per cento complessivo sulla media dei votanti (e anche meno se si considerano gli aventi diritto). Si tratta di un voto importante, ma si dà il caso che statisticamente e storicamente questi - che non sono indecisi, ma che semplicemente non prendono una decisione prima del tempo ad uso e consumo del sondaggismo - si distribuiscono, poi, più o meno come gli altri. Insomma il "floating vote" proprio perché fluttua va sia di qua che di là e nelle aree dei partiti che perderanno ci sarà, come sempre, una crescita di voto nullo o schede bianche.
Infine, pensare che ci siano masse di imbecilli che giorno per giorno cambiano opinioni politiche è anche illogico perché significherebbe che fino al momento del voto tutto si può cambiare. Allora perché fare sondaggi? Aspettiamo gli exit-pool!
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.