Monti "border line" o "in line" con la Costituzione
L'oggetto misterioso che ci governa
Tanti vincoli esterni e nessun vincolo internodi Elio Di Caprio - 29 dicembre 2011
Il “redde rationem” di un sistema politico di democrazia parlamentare come il nostro che non va più e andrebbe profondamente riformato può arrivare anche da un evento esterno drammatico ed imprevisto come quello della crisi finanziaria in corso che ancora non ha svelato tutte le sue incognite.
Ci sarà pure una ragione se analisti noti del calibro di Ernesto Galli della Loggia o di Eugenio Scalfari si continuino a domandare cosa è successo dietro il ribaltone del “governo del Presidente” che ha rivoluzionato di fatto la prassi parlamentare precedente rendendo i partiti da potenti e prepotenti a impotenti a trovare nel loro ambito una soluzione d’emergenza, fosse pure quella di una “grande coalizione” alla tedesca che dette buona prova di sé nel periodo post-riunificazione della Germania.
Ma evidentemente non siamo tedeschi e ci ritroviamo il governo Monti imposto sopra i partiti e da questi accettato senza che per questo abbiano rinunciato al potere di ricatto che deriva loro dall’essere indispensabili per assicurare la stessa sopravvivenza di un governo non voluto. Certo l’opinione pubblica impaurita e sconcertata dai sacrifici richiesti dal governo Monti senza sapere se sono veramente indispensabili e risolutivi, se servono ai mercati o se arrivano in tempo per assicurare una crescita del Pil che impedisca il default dell’Italia o dell’euro, neanche si pone questioni che sembrano di carattere formale, se sia stata violata o meno la Costituzione o se invece il governo Monti rappresenta un evento “border line” rispetto alla Costituzione, uno dei tanti che nell’ultimo sessantennio ha reso possibile la sopravvivenza del sistema politico italiano prima imprigionato dal bipartitismo “imperfetto” e senza alternative tra DC e PCI e poi da un bipolarismo conclamato ma viziato e imbastardito dalla falsa alternativa berluconismo-antiberlusconismo.
L’ICI o il nodo pensioni sembrano ben più importanti e urgenti che non una riflessione appropriata dei tanti motivi che ci hanno portato alla situazione presente e chi se ne importa se i partiti screditati siano diventati l’altra faccia della medaglia di un governo impotente o di un parlamentarismo inconcludente? Eppure sta proprio qui il nodo irrisolto del nostro sistema politico che si è fatto inquinare fino a ieri dallo strapotere dei partiti che hanno invaso tutti gli ambiti possibili, dall’amministrativo al giudiziario, per poi constatare la propria impotenza a guidare il nostro Paese in un’epoca di crisi epocale che invece avrebbe avuto bisogno come non mai della loro intermediazione per far accettare e capire i sacrifici necessari. Del resto già alcuni mesi fa, ben prima che si giungesse al governo Monti, Eugenio Scalfari aveva invitato il Capo dello Stato a sbarazzarsi del governo Berlusconi in qualunque modo non per “salvare l’Italia”, come si dice adesso, ma per porre fine ad una situazione insostenibile di scandali a ripetizione e di pericolosa perdita di credibilità di un Paese che assisteva sbigottito alla dialettica ed ai contrasti tra chi come Berlusconi voleva dare segnali di sviluppo senza un euro in tasca e chi come Tremonti insisteva caparbiamente sui tagli senza per questo porsi e porci al riparo dallo spread in agguato.
Poi il governo Monti imposto ed accettato ha costretto il direttore di Repubblica a fare i salti mortali per accreditarne la democraticità secondo la Costituzione fino a fargli (ri)trovare accenti insoliti per un uomo di sinistra di critica impietosa sugli scempi creati dalla partitocrazia in tutti questi anni, non solo gli ultimi. Galli della Loggia va ancora più in là e dice che siamo in presenza di una “crisi gravissima del sistema parlamentare” che ha reso possibile il governo Monti perché il Parlamento non è più al centro del processo politico reale dopo che negli ultimi anni è divenuto sede passiva di convalida o di verifica di decisioni prese altrove. Ma altrove dove?
Anche Galli della Loggia pensa a ragione, come Scalfari, che la supplenza del Capo dello Stato con il “governo del presidente” sia stata dovuta alla lunga stagione del dopoguerra dominata dalla partitocrazia ed al vuoto gigantesco che si è creato e si è trascinato tra prima e Seconda Repubblica. Una soluzione? Che al termine del settennato Giorgio Napolitano, proprio lui per la credibilità assunta sul campo, con un messaggio solenne indichi agli italiani la necessità di apportare alla Costituzione le improcrastinabili modifiche. Almeno così’ nessuno si sognerebbe di disquisire fino a che punto la Costituzione sia stata o meno violata e saremo finalmente capaci di crearci da soli un vincolo interno senza dover passare in soli quindici giorni dal populismo sguaiato di prima alla severità calibrata dell’attuale governo che deve chiamarsi tecnico e non politico per farsi accettare. Magari l’auspicio di Della Loggia divenisse realtà, anche se da sola non basterebbe! Altri precedenti messaggi di Capi dello Stato sono poi risultati parole al vento, compresi quelli apodittici di Francesco Cossiga che neppure lui si era accorto negli anni ’90 che il problema sovrastante e sottostante al declino della “prima Repubblica” era proprio l’impennata del debito pubblico mai più rientrato. Né altri messaggi solenni e allarmati, pur necessari, sono mai giunti da altri Capi di Stato quando fu approvata l’attuale legge elettorale che ha ulteriormente esautorato i poteri del Parlamento secondo una logica di scelta più personalistica che partitocratica che ha il suo emblema ultimo nel “ personaggio” di Scilipoti.
E’ evidente che prima o poi bisogna passare dalle parole ai fatti e concorrere ad una Costituzione modificata che può ancora rappresentare il vero e forse unico “vincolo interno” possibile che assicuri un equilibrio decente tra i poteri dello Stato. La presenza di istituzioni funzionanti e in grado di governare è sempre più il tema fondamentale della democrazia italiana che non si esaurisce nell’esercizio del voto. Lo hanno capito un pò tutti, lo reclamano personaggi di diversa provenienza e sentire politico, come Scalfari e Della Loggia. Ma ci voleva un governo Monti per accorgersi allarmati che non siamo né in una Repubblica parlamentare e neppure in una Repubblica Presidenziale e neppure possiamo godere dei pregi dell’una e dell’altra?
Ma evidentemente non siamo tedeschi e ci ritroviamo il governo Monti imposto sopra i partiti e da questi accettato senza che per questo abbiano rinunciato al potere di ricatto che deriva loro dall’essere indispensabili per assicurare la stessa sopravvivenza di un governo non voluto. Certo l’opinione pubblica impaurita e sconcertata dai sacrifici richiesti dal governo Monti senza sapere se sono veramente indispensabili e risolutivi, se servono ai mercati o se arrivano in tempo per assicurare una crescita del Pil che impedisca il default dell’Italia o dell’euro, neanche si pone questioni che sembrano di carattere formale, se sia stata violata o meno la Costituzione o se invece il governo Monti rappresenta un evento “border line” rispetto alla Costituzione, uno dei tanti che nell’ultimo sessantennio ha reso possibile la sopravvivenza del sistema politico italiano prima imprigionato dal bipartitismo “imperfetto” e senza alternative tra DC e PCI e poi da un bipolarismo conclamato ma viziato e imbastardito dalla falsa alternativa berluconismo-antiberlusconismo.
L’ICI o il nodo pensioni sembrano ben più importanti e urgenti che non una riflessione appropriata dei tanti motivi che ci hanno portato alla situazione presente e chi se ne importa se i partiti screditati siano diventati l’altra faccia della medaglia di un governo impotente o di un parlamentarismo inconcludente? Eppure sta proprio qui il nodo irrisolto del nostro sistema politico che si è fatto inquinare fino a ieri dallo strapotere dei partiti che hanno invaso tutti gli ambiti possibili, dall’amministrativo al giudiziario, per poi constatare la propria impotenza a guidare il nostro Paese in un’epoca di crisi epocale che invece avrebbe avuto bisogno come non mai della loro intermediazione per far accettare e capire i sacrifici necessari. Del resto già alcuni mesi fa, ben prima che si giungesse al governo Monti, Eugenio Scalfari aveva invitato il Capo dello Stato a sbarazzarsi del governo Berlusconi in qualunque modo non per “salvare l’Italia”, come si dice adesso, ma per porre fine ad una situazione insostenibile di scandali a ripetizione e di pericolosa perdita di credibilità di un Paese che assisteva sbigottito alla dialettica ed ai contrasti tra chi come Berlusconi voleva dare segnali di sviluppo senza un euro in tasca e chi come Tremonti insisteva caparbiamente sui tagli senza per questo porsi e porci al riparo dallo spread in agguato.
Poi il governo Monti imposto ed accettato ha costretto il direttore di Repubblica a fare i salti mortali per accreditarne la democraticità secondo la Costituzione fino a fargli (ri)trovare accenti insoliti per un uomo di sinistra di critica impietosa sugli scempi creati dalla partitocrazia in tutti questi anni, non solo gli ultimi. Galli della Loggia va ancora più in là e dice che siamo in presenza di una “crisi gravissima del sistema parlamentare” che ha reso possibile il governo Monti perché il Parlamento non è più al centro del processo politico reale dopo che negli ultimi anni è divenuto sede passiva di convalida o di verifica di decisioni prese altrove. Ma altrove dove?
Anche Galli della Loggia pensa a ragione, come Scalfari, che la supplenza del Capo dello Stato con il “governo del presidente” sia stata dovuta alla lunga stagione del dopoguerra dominata dalla partitocrazia ed al vuoto gigantesco che si è creato e si è trascinato tra prima e Seconda Repubblica. Una soluzione? Che al termine del settennato Giorgio Napolitano, proprio lui per la credibilità assunta sul campo, con un messaggio solenne indichi agli italiani la necessità di apportare alla Costituzione le improcrastinabili modifiche. Almeno così’ nessuno si sognerebbe di disquisire fino a che punto la Costituzione sia stata o meno violata e saremo finalmente capaci di crearci da soli un vincolo interno senza dover passare in soli quindici giorni dal populismo sguaiato di prima alla severità calibrata dell’attuale governo che deve chiamarsi tecnico e non politico per farsi accettare. Magari l’auspicio di Della Loggia divenisse realtà, anche se da sola non basterebbe! Altri precedenti messaggi di Capi dello Stato sono poi risultati parole al vento, compresi quelli apodittici di Francesco Cossiga che neppure lui si era accorto negli anni ’90 che il problema sovrastante e sottostante al declino della “prima Repubblica” era proprio l’impennata del debito pubblico mai più rientrato. Né altri messaggi solenni e allarmati, pur necessari, sono mai giunti da altri Capi di Stato quando fu approvata l’attuale legge elettorale che ha ulteriormente esautorato i poteri del Parlamento secondo una logica di scelta più personalistica che partitocratica che ha il suo emblema ultimo nel “ personaggio” di Scilipoti.
E’ evidente che prima o poi bisogna passare dalle parole ai fatti e concorrere ad una Costituzione modificata che può ancora rappresentare il vero e forse unico “vincolo interno” possibile che assicuri un equilibrio decente tra i poteri dello Stato. La presenza di istituzioni funzionanti e in grado di governare è sempre più il tema fondamentale della democrazia italiana che non si esaurisce nell’esercizio del voto. Lo hanno capito un pò tutti, lo reclamano personaggi di diversa provenienza e sentire politico, come Scalfari e Della Loggia. Ma ci voleva un governo Monti per accorgersi allarmati che non siamo né in una Repubblica parlamentare e neppure in una Repubblica Presidenziale e neppure possiamo godere dei pregi dell’una e dell’altra?
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.