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Urge una semplificazione istituzionale

Lettera aperta a Vittorio Feltri

Società Aperta sostiene l’iniziativa di Libero a favore dell’abolizione delle Province

di Enrico Cisnetto* - 03 dicembre 2008

Caro Direttore,

io personalmente e Società Aperta aderiamo con entusiasmo all’iniziativa di Libero, che s’inserisce perfettamente nel solco delle proposte che da anni il movimento d’opinione da me fondato ha assunto non solo sul tema del’abolizione delle Province, ma più in generale dell’ormai improrogabile semplificazione istituzionale. Anzi, mi permetto di suggerire a Libero di inquadrare la sacrosanta battaglia per la cancellazione di quell’istituto obsoleto e costoso che sono le Province non soltanto nel quadro di una pur necessaria moralizzazione della spesa pubblica, ma nell’ambito di un più ampio progetto di modernizzazione degli assetti, centrali e periferici, dello Stato che non solo compongono una macchina pubblica inefficiente e costosa ma rappresentano uno dei principali freni allo sviluppo economico del Paese. Società Aperta, infatti, ritiene che il localismo esasperato di questi anni sia uno dei sintomi più evidenti del declino economico, politico e istituzionale in cui versa l’Italia.

Non ci sono solo le 107 Province: ci sono anche gli 8100 Comuni, le 20 Regioni, le 330 Comunità montane. E una miriade di soggetti istituzionali di rango inferiore. Un’architettura ridondante che rischia, se andranno a buon fine i progetti di federalismo della Lega, di svilupparsi ancor di più in nome di un localismo – che non è solo prerogativa del centro-destra, ma è stato anzi cavalcato dal centro-sinistra con la sciagurata modifica del titolo V della Costituzione – che ci ha “regalato” la crescita esponenziale dei costi della macchina amministrativa e del contenzioso tra centro e periferia, nonché una moltiplicazione dei diritti di veto. Alla luce di una crisi finanziaria senza precedenti è poi indispensabile mettere mano alla spesa pubblica – riducendo drasticamente quella corrente improduttiva in investimenti funzionali alla ripresa di uno sviluppo che si era fermato ben prima della recessione internazionale – se si vuole dare quella risposta strutturale ai problemi di cui il Paese ha disperato bisogno.

E uno dei quattro capitoli di spesa su cui occorre intervenire se non vogliamo correre dietro a Di Pietro che ci racconta che il problema sono i costi della “casta” (di cui lui fa parte) – insieme con la previdenza, la sanità, e gli oneri sul debito pubblico – è appunto rappresentato dall’elefantiaca macchina pubblica. Ecco, allora, che occorre non solo tirare un tratto di penna sui 17 miliardi di euro l’anno di costi rappresentati dalle Province, ma anche ridurre a metà il numero dei Comuni, accorpare le Regioni più piccoli a quelle più grandi (avendo a mente la dimensione dei lander tedeschi), abolire gli enti di secondo e terzo grado, ridefinire le competenze (per esempio, siamo sicuri che la sanità gestita dalle Regioni sia migliore di quella che una volta gestiva lo Stato?). Pensateci, cari amici di Libero. Anche se, non c’è bisogno di dirlo, per l’intanto mi accontenterei di veder abolite le Province.

*Presidente Società Aperta

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