Dopo Noemi e “papi” arrivano le cose serie
Le riforme distratte del cavaliere
500 o 100 deputati in meno? Fa lo stesso, lo deciderà il popolodi Elio Di Caprio - 25 maggio 2009
Il gioco pre elettorale tra destra e sinistra è destinato a continuare. Prima la crisi economica e il terremoto d’Abruzzo, poi Noemi e le veline, poi il caso Mills resuscitato, ora nientedimeno che la riforma del Parlamento servita su un piatto d’argento dal Cavaliere populista. Tutti dietro a interpretare quali siano i fini apparenti o reconditi delle ultime mosse di Berlusconi, ma intanto è sempre il “papi” nazionale a tenere banco, è sempre lui il comunicatore d’eccellenza che tradurrà in pillole per i colti e gli incolti la (necessaria) riforma del Parlamento. Meglio del velleitario Beppe Grillo e senza ricorrere alle magie emotive dei radicali alla Pannella. Cosa vogliamo di più? Ma forse è un gioco delle parti in commedia.
Se non fosse un gioco ( elettorale) la maggioranza dei senatori e deputati del PDL, del Partito Del Leader, potrebbe arrabbiarsi e ribellarsi al suo capo che li vorrebbe improvvisamente dequintupicare invocando una Camera di soli 100 deputati (si fa per dire, sono arrivati già a 300-350…) e li tratta da capponi che faranno di tutto per sottrarsi al sacrificio.
Ma come? Hanno tutti lottato per essere nominati dall’alto, si sono dati da fare per racimolare consensi, forti dell’immagine vincente del Cavaliere e ora di nuovo buttati a mare dal padrone perché inservibili in un Parlamento che non funziona? Perché rivoltare il tavolo, si diranno i tanti nominati, dopo aver vinto? Se non fosse un gioco (di potere) la maggioranza della componente di AN obbligatoriamente confluita nel PDL potrebbe arrabbiarsi e ribellarsi al suo ex capo Gianfranco Fini che da Presidente delle Camere se ne inventa una ogni giorno per distanziarsi dal suo passato ventennale.
Ma come? Fini li ha condotti per la terza volta ( non consecutiva) al governo con il Cavaliere e, sul più bello, ora che il PDL dispone di una maggioranza con cui può fare tutto, vuole mettersi in disparte e fare un gioco tutto suo con il pericolo che vada tutto all’aria, compresi le carriere e i destini personali e politici degli ex camerati?
Se non fosse un gioco (di rimessa) la maggioranza degli eletti a sinistra si dovrebbe arrabbiare e domandare – e infatti lo fanno- come sia stato possibile che in nemmeno due anni, da Veltroni a Franceschini, il loro seguito si sia così eroso da rendere ancora più problematico mandare in un eventuale Parlamento ridotto una quota significativa dei 100 o più deputati auspicati dal Cavaliere riformatore. La Lega e Di Pietro possono pure continuare a fare le sentinelle della protesta di destra e di sinistra, ma che fine farebbero se al Cavaliere riuscisse in un sol colpo a ridurre insieme il numero dei parlamentari e disporre di una maggioranza di fedelissimi con o senza il prossimo referendum? Troppo bello per essere vero.
Ma niente paura, tra il dire e il fare non ci sono solo Berlusconi e i suoi obbedienti peones. Tutto passerà, dopo le elezioni nessuno andrà a vedere se l’attuale Parlamento è insieme dannoso e pletorico, come dice il Cavaliere, o se è dannoso perché pletorico. Passerà anche l’applauso “qualunquista” di Confindustria alla tirata alla Beppe Grillo del Cavaliere contro deputati e senatori inutili. La differenza è che il comico genovese se la prende con la casta politica e fa qualche nome di condannati ma senza numeri, mentre Berlusconi le cifre le da, colpisce l’immaginazione popolare con la volontà di ridurre drasticamente i deputati della Camera dagli attuali 630 a poco più di 100 o 300… Se vi sembra poco…
Quando però si saranno spenti i fuochi fatui si tornerà a fare i conti con una realtà diversa. Se veramente si vuole resuscitare una decente democrazia dell’alternanza bisogna porre mano ad una riforma molto più complessa che vada oltre i deputati e i senatori obbligati al suicidio. Il filo rosso (e grigio) che lega tutta l’esperienza parlamentare dal dopo guerra fino a oggi è quello della continuità partitocratrica, un filo così devastante che ha portato come suo ultimo risultato al Partito e al governo del Presidente. In nessun altro Paese europeo è successo. Se è così, vuol dire che in gioco c’è sempre stata, e ora più che mai, l’incerta divisione dei poteri derivante da una Costituzione di alti principii ma carente e contraddittoria nelle disposizioni che regolano il funzionamento dello Stato.
Non a caso la polemica contro il potere dei partiti piglia-tutto è venuta negli anni prima dall’estrema destra e poi dagli stessi Radicali di Pannella che pur di romperne la logica si erano inventati l’adesione bifocale, al loro partito e a un altro qualunque del Parlamento. Poi sono venute le grida anti casta di Beppe Grillo ed ora paradossalmente è l’ultimo (?) Berlusconi osannato da Confindustria a far balenare una supersoluzione antipartiti in nome del potere supremo del popolo che impone al Parlamento le riforme che esso stesso non è riuscito a fare in 50 anni.
Partitocrazia, inefficienza del Parlamento ed ora persino scarsa rappresentatività delle Camere zeppe di nominati continuano ad essere un vero e proprio problema di democrazia. Nell’indifferenza generale, con i mass media sempre proni ai potenti di turno, nessuno ha mai rilevato le tante incongruenze di un Parlamento quasi sempre in ritardo e incapace talora di produrre normative chiare per tutti, ma poi sorprendentemente veloce ed efficiente nell’approvare le leggi a difesa del Premier.
In un Parlamento già lento di suo chi ha mai calcolato le ore spese e le energie sprecate dai parlamentari, prima per varare la riforma federalista del centro sinistra del titolo V della Costituzione e poi per quella più ampia del centrodestra di Berlusconi bocciata dal referendum? Tempo inutile e talvolta dannoso, come direbbe oggi il Cavaliere, che poteva essere più proficuamente impiegato per discutere disegni di legge ben più importanti.
La sinistra è già pronta a dire che le proposte antiparlamento e “anti- suoi” del Cavaliere servono solo ad accentuare l’incontenibile potere del nuovo Cesare per avere tutti al proprio servizio. Non se ne farà nulla probabilmente neanche questa volta e il gioco continuerà tra spot elettorali che non si interrompono mai. Resta il problema di fondo, con o senza Berlusconi, di una democrazia che non funziona o funziona male.
Si possono e si debbono ridurre i parlamentari e riformare le funzioni di Camera e Senato, ma il vero punto critico è e sarà il bilanciamento dei poteri dello Stato che dà sostanza ad ogni democrazia. Il dubbio è che sia l’onnipotente Cavaliere in questo momento storico il personaggio più adatto a fare sintesi e a trasformarsi da capo popolo carismatico a statista e (ri) fondatore di una stagione costituente.
Se non fosse un gioco ( elettorale) la maggioranza dei senatori e deputati del PDL, del Partito Del Leader, potrebbe arrabbiarsi e ribellarsi al suo capo che li vorrebbe improvvisamente dequintupicare invocando una Camera di soli 100 deputati (si fa per dire, sono arrivati già a 300-350…) e li tratta da capponi che faranno di tutto per sottrarsi al sacrificio.
Ma come? Hanno tutti lottato per essere nominati dall’alto, si sono dati da fare per racimolare consensi, forti dell’immagine vincente del Cavaliere e ora di nuovo buttati a mare dal padrone perché inservibili in un Parlamento che non funziona? Perché rivoltare il tavolo, si diranno i tanti nominati, dopo aver vinto? Se non fosse un gioco (di potere) la maggioranza della componente di AN obbligatoriamente confluita nel PDL potrebbe arrabbiarsi e ribellarsi al suo ex capo Gianfranco Fini che da Presidente delle Camere se ne inventa una ogni giorno per distanziarsi dal suo passato ventennale.
Ma come? Fini li ha condotti per la terza volta ( non consecutiva) al governo con il Cavaliere e, sul più bello, ora che il PDL dispone di una maggioranza con cui può fare tutto, vuole mettersi in disparte e fare un gioco tutto suo con il pericolo che vada tutto all’aria, compresi le carriere e i destini personali e politici degli ex camerati?
Se non fosse un gioco (di rimessa) la maggioranza degli eletti a sinistra si dovrebbe arrabbiare e domandare – e infatti lo fanno- come sia stato possibile che in nemmeno due anni, da Veltroni a Franceschini, il loro seguito si sia così eroso da rendere ancora più problematico mandare in un eventuale Parlamento ridotto una quota significativa dei 100 o più deputati auspicati dal Cavaliere riformatore. La Lega e Di Pietro possono pure continuare a fare le sentinelle della protesta di destra e di sinistra, ma che fine farebbero se al Cavaliere riuscisse in un sol colpo a ridurre insieme il numero dei parlamentari e disporre di una maggioranza di fedelissimi con o senza il prossimo referendum? Troppo bello per essere vero.
Ma niente paura, tra il dire e il fare non ci sono solo Berlusconi e i suoi obbedienti peones. Tutto passerà, dopo le elezioni nessuno andrà a vedere se l’attuale Parlamento è insieme dannoso e pletorico, come dice il Cavaliere, o se è dannoso perché pletorico. Passerà anche l’applauso “qualunquista” di Confindustria alla tirata alla Beppe Grillo del Cavaliere contro deputati e senatori inutili. La differenza è che il comico genovese se la prende con la casta politica e fa qualche nome di condannati ma senza numeri, mentre Berlusconi le cifre le da, colpisce l’immaginazione popolare con la volontà di ridurre drasticamente i deputati della Camera dagli attuali 630 a poco più di 100 o 300… Se vi sembra poco…
Quando però si saranno spenti i fuochi fatui si tornerà a fare i conti con una realtà diversa. Se veramente si vuole resuscitare una decente democrazia dell’alternanza bisogna porre mano ad una riforma molto più complessa che vada oltre i deputati e i senatori obbligati al suicidio. Il filo rosso (e grigio) che lega tutta l’esperienza parlamentare dal dopo guerra fino a oggi è quello della continuità partitocratrica, un filo così devastante che ha portato come suo ultimo risultato al Partito e al governo del Presidente. In nessun altro Paese europeo è successo. Se è così, vuol dire che in gioco c’è sempre stata, e ora più che mai, l’incerta divisione dei poteri derivante da una Costituzione di alti principii ma carente e contraddittoria nelle disposizioni che regolano il funzionamento dello Stato.
Non a caso la polemica contro il potere dei partiti piglia-tutto è venuta negli anni prima dall’estrema destra e poi dagli stessi Radicali di Pannella che pur di romperne la logica si erano inventati l’adesione bifocale, al loro partito e a un altro qualunque del Parlamento. Poi sono venute le grida anti casta di Beppe Grillo ed ora paradossalmente è l’ultimo (?) Berlusconi osannato da Confindustria a far balenare una supersoluzione antipartiti in nome del potere supremo del popolo che impone al Parlamento le riforme che esso stesso non è riuscito a fare in 50 anni.
Partitocrazia, inefficienza del Parlamento ed ora persino scarsa rappresentatività delle Camere zeppe di nominati continuano ad essere un vero e proprio problema di democrazia. Nell’indifferenza generale, con i mass media sempre proni ai potenti di turno, nessuno ha mai rilevato le tante incongruenze di un Parlamento quasi sempre in ritardo e incapace talora di produrre normative chiare per tutti, ma poi sorprendentemente veloce ed efficiente nell’approvare le leggi a difesa del Premier.
In un Parlamento già lento di suo chi ha mai calcolato le ore spese e le energie sprecate dai parlamentari, prima per varare la riforma federalista del centro sinistra del titolo V della Costituzione e poi per quella più ampia del centrodestra di Berlusconi bocciata dal referendum? Tempo inutile e talvolta dannoso, come direbbe oggi il Cavaliere, che poteva essere più proficuamente impiegato per discutere disegni di legge ben più importanti.
La sinistra è già pronta a dire che le proposte antiparlamento e “anti- suoi” del Cavaliere servono solo ad accentuare l’incontenibile potere del nuovo Cesare per avere tutti al proprio servizio. Non se ne farà nulla probabilmente neanche questa volta e il gioco continuerà tra spot elettorali che non si interrompono mai. Resta il problema di fondo, con o senza Berlusconi, di una democrazia che non funziona o funziona male.
Si possono e si debbono ridurre i parlamentari e riformare le funzioni di Camera e Senato, ma il vero punto critico è e sarà il bilanciamento dei poteri dello Stato che dà sostanza ad ogni democrazia. Il dubbio è che sia l’onnipotente Cavaliere in questo momento storico il personaggio più adatto a fare sintesi e a trasformarsi da capo popolo carismatico a statista e (ri) fondatore di una stagione costituente.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.