Il Psi non si potrà comunque ricostituire
Le ragioni di Bobo
E’ giusto proporsi di curare la menomata sinistra italiana. Purché non sia solo una scusadi Davide Giacalone - 06 settembre 2005
Non mi piace un dibattito politico in cui si liquida il dissenso vestendolo da tradimento. Bobo Craxi ha apertamente riconosciuto che il Nuovo Psi semplicemente non esisterebbe, e lui non sarebbe parlamentare, se non fosse stato il centro-destra, e segnatamente Berlusconi, ad aprir loro gli spazi che oggi occupano. Non tradisce, dunque, il debito di riconoscenza, ma sviluppa un ragionamento politico, che va rispettato e discusso per quello che è.
Intanto le ragioni dell’insoddisfazione, rispetto alle aspettative, sono più che fondate. In questa legislatura si sarebbero potute fare più cose e meglio. Alcuni terreni, e penso a quello della giustizia, sono stati sconvolti da polemiche furiose e scontri terribili, restando sul terreno, alla fine, poche, asfittiche e talora inutili cose. L’insoddisfazione dunque, non solo è comprensibile, è anche condivisibile. Poi vi è un ulteriore aspetto, ancor più politico, che suona così: l’Italia sarà sempre una democrazia menomata se continuerà ad avere una sinistra menomata. Un serio lavoro democratico deve essere fatto a sinistra.
Fino ad appena ieri mattina la sinistra italiana era menomata dall’esistenza stessa dei comunisti. A taluni fanno male le orecchie, non vogliono neanche sentirlo, si difendono sorridendo di tanto pervicace anticomunismo, ma la storia è lì, di dura e non scalfibile pietra: un partito finanziato e sorretto da un regime dittatoriale, sterminatore ed aggressivo aveva l’egemonia politica e culturale nella sinistra. Ciò rendeva quella sinistra democraticamente inservibile. Non solo, chi aveva il coraggio di dirlo, e, fra questi, Bettino Craxi, pagava il prezzo di una guerra personale, sleale, bugiarda, linciarola e, alla fine, assassina. Poi venne giù il muro di Berlino, ed anche se i comunisti italiani furono gli ultimi al mondo ad accorgersene, quella mutata condizione riguardò anche loro.
Reagendo con scarsa forza intellettuale e scarsa preparazione politica, i comunisti italiani cominciarono ad incamminarsi sulla via della socialdemocrazia. Una via che aveva un senso ed un gusto nel 1950, quando loro (sono sempre gli stessi uomini, i medesimi) li chiamavano con disprezzo socialfascisti o socialtraditori, ma che, già alla fine del secolo scorso, non significava più molto. Ma, comunque, era l’avvio di una revisione politica. Abortì. Fu violentemente interrotta dalla decisione di prestarsi al colpo allo Stato, che va dal giorno in cui si accodarono alle piazzate fasciste e leghiste nell’inneggiare alla forca giudiziaria, fino a quello in cui varò gli ultimi affari la merchand bank di Palazzo Chigi.
Bobo Craxi, secondo me, ha perfettamente ragione a dire che non si vive di rancori e, di certo, non si cambia la storia. Con la sinistra è necessario un dialogo ed un confronto nella situazione data e con il passato che, oramai, abbiamo alle spalle. Ma, di grazia, cosa mai è successo, cosa mi è sfuggito, per cui sarebbero oggi diverse le condizioni per valutare quelle stesse cose? Fa bene, Bobo, a pesare per quel che vale la presenza e la persona di Antonio Di Pietro, ma ha mai sentito parlare di Violante? Gli risulta che abbia smesso quell’attività che, in tutti questi anni, lo ha collocato, con ferrea coerenza, dalla parte del torto?
Fa bene Bobo ad andare a parlare nella sinistra, ma solo se questo serve a vibrare un cazzotto allo stomaco che la metta nella necessità di non accantonare il passato recentissimo, l’oggi della politica, ma a fare, finalmente, i conti con se stessi. Se la sinistra non farà quei conti sarà sempre menomata, con quel che ne segue.
Faccia attenzione, però, mentire porta male, e dire che si va a sinistra per riunificare i socialisti è una menzogna. I socialisti, intesi come eredi del Psi, non si riunificheranno mai più. Né da una parte né dall’altra. E per due ragioni: la prima è che non esistono più, così come non esistono più le altre vecchie famiglie; la seconda è che l’avere accettato il giuoco bipolare (come Bobo stesso ha accettato) ha rotto i cocci dei vecchi partiti, e non c’è colla al mondo che restituisca il passato.
Intanto le ragioni dell’insoddisfazione, rispetto alle aspettative, sono più che fondate. In questa legislatura si sarebbero potute fare più cose e meglio. Alcuni terreni, e penso a quello della giustizia, sono stati sconvolti da polemiche furiose e scontri terribili, restando sul terreno, alla fine, poche, asfittiche e talora inutili cose. L’insoddisfazione dunque, non solo è comprensibile, è anche condivisibile. Poi vi è un ulteriore aspetto, ancor più politico, che suona così: l’Italia sarà sempre una democrazia menomata se continuerà ad avere una sinistra menomata. Un serio lavoro democratico deve essere fatto a sinistra.
Fino ad appena ieri mattina la sinistra italiana era menomata dall’esistenza stessa dei comunisti. A taluni fanno male le orecchie, non vogliono neanche sentirlo, si difendono sorridendo di tanto pervicace anticomunismo, ma la storia è lì, di dura e non scalfibile pietra: un partito finanziato e sorretto da un regime dittatoriale, sterminatore ed aggressivo aveva l’egemonia politica e culturale nella sinistra. Ciò rendeva quella sinistra democraticamente inservibile. Non solo, chi aveva il coraggio di dirlo, e, fra questi, Bettino Craxi, pagava il prezzo di una guerra personale, sleale, bugiarda, linciarola e, alla fine, assassina. Poi venne giù il muro di Berlino, ed anche se i comunisti italiani furono gli ultimi al mondo ad accorgersene, quella mutata condizione riguardò anche loro.
Reagendo con scarsa forza intellettuale e scarsa preparazione politica, i comunisti italiani cominciarono ad incamminarsi sulla via della socialdemocrazia. Una via che aveva un senso ed un gusto nel 1950, quando loro (sono sempre gli stessi uomini, i medesimi) li chiamavano con disprezzo socialfascisti o socialtraditori, ma che, già alla fine del secolo scorso, non significava più molto. Ma, comunque, era l’avvio di una revisione politica. Abortì. Fu violentemente interrotta dalla decisione di prestarsi al colpo allo Stato, che va dal giorno in cui si accodarono alle piazzate fasciste e leghiste nell’inneggiare alla forca giudiziaria, fino a quello in cui varò gli ultimi affari la merchand bank di Palazzo Chigi.
Bobo Craxi, secondo me, ha perfettamente ragione a dire che non si vive di rancori e, di certo, non si cambia la storia. Con la sinistra è necessario un dialogo ed un confronto nella situazione data e con il passato che, oramai, abbiamo alle spalle. Ma, di grazia, cosa mai è successo, cosa mi è sfuggito, per cui sarebbero oggi diverse le condizioni per valutare quelle stesse cose? Fa bene, Bobo, a pesare per quel che vale la presenza e la persona di Antonio Di Pietro, ma ha mai sentito parlare di Violante? Gli risulta che abbia smesso quell’attività che, in tutti questi anni, lo ha collocato, con ferrea coerenza, dalla parte del torto?
Fa bene Bobo ad andare a parlare nella sinistra, ma solo se questo serve a vibrare un cazzotto allo stomaco che la metta nella necessità di non accantonare il passato recentissimo, l’oggi della politica, ma a fare, finalmente, i conti con se stessi. Se la sinistra non farà quei conti sarà sempre menomata, con quel che ne segue.
Faccia attenzione, però, mentire porta male, e dire che si va a sinistra per riunificare i socialisti è una menzogna. I socialisti, intesi come eredi del Psi, non si riunificheranno mai più. Né da una parte né dall’altra. E per due ragioni: la prima è che non esistono più, così come non esistono più le altre vecchie famiglie; la seconda è che l’avere accettato il giuoco bipolare (come Bobo stesso ha accettato) ha rotto i cocci dei vecchi partiti, e non c’è colla al mondo che restituisca il passato.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.