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Dopo le banlieu, Parigi torna in piazza

Le illusioni dei giovani francesi

Le necessità della Francia vincolata all’Europa. I cambiamenti devono partire da Bruxelles

di Davide Giacalone - 20 marzo 2006

S’agita la piazza conservatrice, a Parigi. E non è certo un difetto, una menomazione, l’essere conservatori, anzi. Tutto sta a capire cosa si vuol conservare e se è possibile. Ecco, a Parigi non sono solo conservatori, sono anche degli illusi.
La Francia ha una disoccupazione giovanile giunta al 22% fra i giovani sotto i ventisei anni, ma che tocca il 50% fra i ragazzi delle periferie (teatro di violenze pre-politiche, appena quattro mesi fa). Una situazione marcatamente peggiore della nostra, e non solo per i numeri (che, comunque, segnano un record negativo in Europa), ma anche per la mancanza di politiche indirizzate al riassorbimento del fenomeno. Non c’è, in Francia, una legge Biagi.
Il governo de Villepin ha adottato un decreto, il Cpe, che disciplina i contratti di prima occupazione, e stabilisce, per grandi linee, che i giovani sotto i ventisei anni possono essere assunti ed eventualmente licenziati, entro due anni, anche senza giusta causa. L’intento della norma è evidente: convincere gli imprenditori che si possono assumere giovani senza per questo contrarre obblighi ed oneri per i successivi quaranta anni. E’ scoppiata la rivolta. E’ scoppiata non fra gli esclusi delle periferie, bensì fra i protetti delle università, i quali sono cresciuti nella convinzione che privilegio sociale e blasone scolastico avrebbero evitato loro di fare i conti con il mercato. Oggi chiedono a de Villepin di ritirare il decreto, come se questa marcia indietro legislativa sia di per sé sufficiente a restituire ai giovani non solo il lavoro, ma rendendolo anche stabile e duraturo. Illusione, allo stato puro.
La Francia può coltivare illusioni isolazioniste quanto le pare, ma rimane dentro l’Europa e l’Europa naviga anch’essa nel mondo. Può uscire dall’Europa, se crede (non lo faranno mai, perché l’Ue, a causa anche delle spinte francesi, è divenuta un’area protezionista), ma difficilmente potrà uscire dal mondo. E nel mondo globalizzato (giustamente) non si possono far pagare ad altri i costi del proprio welfare. I ragazzi francesi vogliono, oggi, disperatamente essere come i loro padri ed i loro nonni, ed invece dovranno imparare a farsi valere senza mettere nel conto, a venti anni, che qualcuno li manterrà quando ne avranno sessanta. E’ inutile far manifestazioni contro il “precariato”, anzi, il continuare a chiamarlo così dimostra una assai precaria comprensione della realtà.
Noi siamo messi un po’ meglio, da questo punto di vista, ma abbiamo in comune, con i cugini francesi, un mondo politico, nel suo complesso, che ha paura di dire come stanno le cose, di dirlo in modo chiaro e fermo. Convinta, anche la politica, che quel che si è perso, o si va perdendo, è meglio di quel che ci aspetta. E’ evidente che questi Paesi non avranno mai una scossa positiva fino a quando non troveranno politiche e politici che sappiano far vedere quanto migliore può essere il mondo che non tenti solo di conservare se stesso.

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