Iniziativa di Azione giovani per un confronto
Le identità di Bertinotti e di Fini
Ma il terrorismo obbliga a scoprire altre identità e a prepararsi per le sfide del domanidi Elio Di Caprio - 20 settembre 2006
Fa notizia che Fausto Bertinotti sia stato ospite nei giorni scorsi dell"organizzazione giovanile di An per un dibattito con Gianfranco Fini sul problema delle radici identitarie.
Non è stato un annusarsi incuriosito tra “cuori neri” e “cuori rossi”, quanto piuttosto un confronto tra due leaders alla cui abilità politica è demandato il compito quasi esclusivo di rappresentare e interpretare le rispettive comunità umane. Il personalismo esasperato, incoraggiato dai mass media, costringe entrambi i leaders, Fini e Bertinotti, a continue acrobazie dialettiche per tenere compatta una base ancora fideistica ed allargare nel contempo il consenso elettorale.
An è stata costretta, per emergere e governare, ad entrare nella gabbia bipolare accanto a Forza Italia, ai secessionisti della Lega, ai centristi dell"ex Dc.
Rifondazione, ora al governo, deve dal suo canto fare i conti con la fin troppo variegata compagine dell"Unione, dai Ds, alla Margherita, ai comunisti italiani, a Mastella, a Di Pietro.
Sono state e sono scelte di schieramento che costano e possono essere fatte digerire ai vecchi e nuovi militanti di An e Rifondazione solo sul presupposto che i leaders vedano più lontano degli altri e riescano a mantenere un nucleo irrinunciabile di valori propri.
Come non potrebbe sorgere per entrambi i partiti un problema di logoramento delle identità? E" successo e succede anche agli accorti Ds...
Il dibattito identitario sul passato più che sul futuro ha sì una sua importanza peculiare per i numerosi intrecci tra destra e sinistra che hanno contrassegnato il vissuto storico degli italiani. Ma è inutile nascondersi che il vero problema è quale posto dare alle vecchie identità in un mondo in rapido cambiamento.
Paolo Buchignani ha pubblicato recentemente una “Storia della Rivoluzione in camicia nera” da cui apprendiamo con sorpresa la vivacità e la passione che contraddistinse il dibattito tra l"ala sinistra e l"ala conservatrice del fascismo, con puntigliose speculazioni teoriche e divaricazioni dirompenti tra giovani che allora pensavano totalitariamente di rappresentare il senso della storia presente e futura.
La stessa meticolosa passione e presunzione di essere più degli altri al passo con la Storia si rinviene – non per nulla buona parte dell"intellighenzia fascista si trasferì nel partito comunista del dopoguerra- nei lunghi dibattiti dell"ex Pci tra le varie fazioni dei miglioristi, dei trotzskisti, dei rivoluzionari. E" da lì che sono germinati i tanti movimenti della sinistra estrema, tuttora rappresentati in Parlamento e fuori. E Rifondazione è uno di questi.
Fausto Bertinotti si è maliziosamente compiaciuto di alcune comuni inquietudini che agitano il mondo giovanile più critico di destra e di sinistra di fronte ai cambiamenti epocali in corso.
Anche a destra possono suscitare una certa suggestione le tesi di Toni Negri sullo strapotere dell"impero americano o quelle di Serge Latouche sull"americanizzazione del mondo che segnerebbe la fine del sogno occidentale di marca europea.
Ma proprio queste inquietudini rendono in qualche modo riduttivo e insufficiente il dibattito sulle identità politiche vissute secondo le vecchie coordinate di schieramento. Problemi nuovi richiedono risposte nuove.
Lo stesso movimento no global, ora rappresentato da Rifondazione in Parlamento con i vari Caruso, ha perso appeal e interesse dopo l"11 settembre quando ci si è accorti che la minaccia del terrorismo islamico all"intero Occidente pone in secondo ordine le contestazioni e le proteste di chi fino al raduno di Genova del 2001 riteneva fosse più importante schierarsi (anche per conto della Cina?..) contro le conseguenze della globalizzazione a guida americana. Così come è diventato comune a tutti i Paesi occidentali l"interrogativo, non certo ideologico, sui limiti in cui alcune libertà, a patire dalla privacy, possano e debbano essere sacrificate alle esigenze di sicurezza. Qualcuno forse all"estrema sinistra si è accorto nel 2006 che le ondate immigratorie non controllate colpiscono, più degli altri, gli interessi e la sicurezza dei ceti disagiati?
Persino nella battaglia propagandistica su come e perchè combattere il terrorismo islamico e sulle ragioni ultime dell"intervento americano i Iraq i vecchi schemi su cui si è svolta per anni la contesa destra- sinistra (almeno con riguardo all"esperienza del nostro Pese) mostrano la corda , non valgono più.
E" giusto, ad esempio, considerare gli insorti iracheni o i palestinesi di Hamas come nazionalisti (o partigiani) che legittimamente si oppongono all"invasore anche con atti terroristici e perciò vanno totalmente distinti dal terrorismo preventivo e indiscriminato di al Queda? Concorda Gianfranco Fini con con la propaganda di George Bush sul malefico nuovo fascismo di matrice islamica da combattere? Come considerare le prefiche di Oriana Fallaci sul nostro prossimo destino di “Eurabia” e come evitarlo se poi una visione di tolleranza internazionalista ci spinge ad accogliere e a confrontarci con tutti in nome della pace e dei diritti umani?
Con tutto quello che bolle attorno a noi le identità politiche e partitiche interne conservano ancora un certo valore. Ma al di là di ogni confronto identitario la vera sfida è su chi tra destra e sinistra, o tra Fini e Bertinotti, sia il più politicamente attrezzato a reggere le sfide di domani.
Non è stato un annusarsi incuriosito tra “cuori neri” e “cuori rossi”, quanto piuttosto un confronto tra due leaders alla cui abilità politica è demandato il compito quasi esclusivo di rappresentare e interpretare le rispettive comunità umane. Il personalismo esasperato, incoraggiato dai mass media, costringe entrambi i leaders, Fini e Bertinotti, a continue acrobazie dialettiche per tenere compatta una base ancora fideistica ed allargare nel contempo il consenso elettorale.
An è stata costretta, per emergere e governare, ad entrare nella gabbia bipolare accanto a Forza Italia, ai secessionisti della Lega, ai centristi dell"ex Dc.
Rifondazione, ora al governo, deve dal suo canto fare i conti con la fin troppo variegata compagine dell"Unione, dai Ds, alla Margherita, ai comunisti italiani, a Mastella, a Di Pietro.
Sono state e sono scelte di schieramento che costano e possono essere fatte digerire ai vecchi e nuovi militanti di An e Rifondazione solo sul presupposto che i leaders vedano più lontano degli altri e riescano a mantenere un nucleo irrinunciabile di valori propri.
Come non potrebbe sorgere per entrambi i partiti un problema di logoramento delle identità? E" successo e succede anche agli accorti Ds...
Il dibattito identitario sul passato più che sul futuro ha sì una sua importanza peculiare per i numerosi intrecci tra destra e sinistra che hanno contrassegnato il vissuto storico degli italiani. Ma è inutile nascondersi che il vero problema è quale posto dare alle vecchie identità in un mondo in rapido cambiamento.
Paolo Buchignani ha pubblicato recentemente una “Storia della Rivoluzione in camicia nera” da cui apprendiamo con sorpresa la vivacità e la passione che contraddistinse il dibattito tra l"ala sinistra e l"ala conservatrice del fascismo, con puntigliose speculazioni teoriche e divaricazioni dirompenti tra giovani che allora pensavano totalitariamente di rappresentare il senso della storia presente e futura.
La stessa meticolosa passione e presunzione di essere più degli altri al passo con la Storia si rinviene – non per nulla buona parte dell"intellighenzia fascista si trasferì nel partito comunista del dopoguerra- nei lunghi dibattiti dell"ex Pci tra le varie fazioni dei miglioristi, dei trotzskisti, dei rivoluzionari. E" da lì che sono germinati i tanti movimenti della sinistra estrema, tuttora rappresentati in Parlamento e fuori. E Rifondazione è uno di questi.
Fausto Bertinotti si è maliziosamente compiaciuto di alcune comuni inquietudini che agitano il mondo giovanile più critico di destra e di sinistra di fronte ai cambiamenti epocali in corso.
Anche a destra possono suscitare una certa suggestione le tesi di Toni Negri sullo strapotere dell"impero americano o quelle di Serge Latouche sull"americanizzazione del mondo che segnerebbe la fine del sogno occidentale di marca europea.
Ma proprio queste inquietudini rendono in qualche modo riduttivo e insufficiente il dibattito sulle identità politiche vissute secondo le vecchie coordinate di schieramento. Problemi nuovi richiedono risposte nuove.
Lo stesso movimento no global, ora rappresentato da Rifondazione in Parlamento con i vari Caruso, ha perso appeal e interesse dopo l"11 settembre quando ci si è accorti che la minaccia del terrorismo islamico all"intero Occidente pone in secondo ordine le contestazioni e le proteste di chi fino al raduno di Genova del 2001 riteneva fosse più importante schierarsi (anche per conto della Cina?..) contro le conseguenze della globalizzazione a guida americana. Così come è diventato comune a tutti i Paesi occidentali l"interrogativo, non certo ideologico, sui limiti in cui alcune libertà, a patire dalla privacy, possano e debbano essere sacrificate alle esigenze di sicurezza. Qualcuno forse all"estrema sinistra si è accorto nel 2006 che le ondate immigratorie non controllate colpiscono, più degli altri, gli interessi e la sicurezza dei ceti disagiati?
Persino nella battaglia propagandistica su come e perchè combattere il terrorismo islamico e sulle ragioni ultime dell"intervento americano i Iraq i vecchi schemi su cui si è svolta per anni la contesa destra- sinistra (almeno con riguardo all"esperienza del nostro Pese) mostrano la corda , non valgono più.
E" giusto, ad esempio, considerare gli insorti iracheni o i palestinesi di Hamas come nazionalisti (o partigiani) che legittimamente si oppongono all"invasore anche con atti terroristici e perciò vanno totalmente distinti dal terrorismo preventivo e indiscriminato di al Queda? Concorda Gianfranco Fini con con la propaganda di George Bush sul malefico nuovo fascismo di matrice islamica da combattere? Come considerare le prefiche di Oriana Fallaci sul nostro prossimo destino di “Eurabia” e come evitarlo se poi una visione di tolleranza internazionalista ci spinge ad accogliere e a confrontarci con tutti in nome della pace e dei diritti umani?
Con tutto quello che bolle attorno a noi le identità politiche e partitiche interne conservano ancora un certo valore. Ma al di là di ogni confronto identitario la vera sfida è su chi tra destra e sinistra, o tra Fini e Bertinotti, sia il più politicamente attrezzato a reggere le sfide di domani.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.