Oltre la farsa della presentazione delle liste
L'affanno e il vuoto
Il vicolo cieco del bipolarismo imperfettodi Elio Di Caprio - 05 marzo 2010
Passerà anche questa farsa delle liste contestate o ammesse alle prossime consultazioni regionali e qualche soluzione verrà trovata per il libero svolgimento di elezioni che- tanto per cambiare- assumeranno ancora una volta un significato politico nazionale di test sul governo e la sua maggioranza. Comunque vada a finire stiamo assistendo ad un vero e proprio dramma dell’improvvisazione e dell’impotenza che sconfina nella farsa e nel grottesco, scoprendo ed evidenziando tutte le forzature che hanno portato alla camicia di forza di un bipolarismo affrettato ed imposto che si regge ancora, dopo 15 anni, sulla persona di Silvio Berlusconi e sul vuoto dei suoi oppositori. Il tutto sullo sfondo di regole non rispettate, di cavilli giuridici dovuti a leggi poco chiare, di guerra per bande all’interno degli stessi partiti che dovrebbero presentarsi uniti agli elettori.
Evidentemente non basta la strombazzata opera di delegificazione voluta dal Ministro Calderoli per semplificare e ridurre le troppe leggi se un intero Paese si blocca su un problema procedurale, se manca sempre qualche legge che invece dovrebbe essere rispettata, se scopriamo che persino le leggi elettorali con le modifiche (costituzionali) più recenti di solo qualche anno fa –esemplare è l‘introduzione “rivoluzionaria” del voto degli italiani all’estero- andrebbero fortemente riformate e riviste.
E’ grottesco che dopo tante battaglie mediatiche e giudiziarie senza fine sulla vera o presunta persecuzione dell’invitto Cavaliere ad opera di poteri forti e meno forti, questa volta la maggioranza del governo del “fare” sia inciampata, senza alcun concorso esterno, in un inaspettato autogoal di insipienza e disorganizzazione nella presentazione delle liste elettorali che mette a nudo la fragilità e l’affanno di un partito come il PDL che già si autopiccona di suo da quando è nato nonostante voglia dimostrare all’esterno di essere una forza tranquilla e quasi invincibile per il consenso che continua a riscuotere nonostante le tante scosse e i tanti episodi di corruzione diffusa che, come sempre, toccano maggiormente i gestori del potere.
E’ grottesco che al confronto del PDL appaiano ben più serie le formazioni considerate più estreme e “di pancia” come la Lega Nord che persegue imperterrita il suo progetto e i suoi obiettivi regionalistici e l’IDV di Antonio Di Pietro che può permettersi il lusso di sfidare in campo aperto gli avversari ( e gli amici di coalizione) senza voler profittare della debacle di immagine del partito del Cavaliere ed anzi augurandosi che una soluzione si trovi per superare l’handicap degli imbrogli (più che dei brogli) successi alla presentazione delle liste. D’altronde senza Berlusconi quale unico avversario dove mai piglierebbe i voti la lista arrabbiata di Di Pietro?
Sono grottesche le tentazioni muscolari mai sopite di una certa destra che ora si erge a difesa del voto democratico impedito dalla solita congiura tra magistrati e sinistra estrema che ne fanno di tutti i colori, si inventano gli scandali – ma il contenuto delle intercettazioni telefoniche non è un’invenzione- ed ora mirano al colpo più grosso dell’esclusione dalle liste elettorali del PDL pur di sconfiggere con metodi spicci Silvio Berlusconi. Come se bastasse una difesa ad oltranza del leader per fronteggiare una situazione di sfaldamento complessivo testimoniato non tanto e non solo dai contraccolpi della questione delle liste elettorali a Milano e a Roma, ma dai tanti scandali a ripetizione che minano la credibilità dell’intera classe politica, proprio quella che si è formata negli ultimi 15 anni di presunto cambiamento.
Come nel ’92 la sensazione è che si accumulino via via scandali ( o notizie di scandali) imbarazzanti in un crescendo che non salva nessuno e fa intravedere chissà quali altre storture non ancora scoperte e chissà quali altri giochi di potere nell’ombra che sfuggono alla percezione comune. Il fallimento dell’attuale bipolarismo sta proprio nel non aver reso possibile una normale dialettica tra maggioranza ed opposizione tanto da rimettere in gioco una posta che sembra ben più alta, quella dell’alternativa secca tra “regime” e vuoto.
Al di là dell’esito delle prossime elezioni nessuno sa che indirizzo prenderà il malumore della pubblica opinione indirizzato dalle propagande contrapposte. Come è stato scritto in uno slogan, per nulla bizzarro dati i tempi che corrono, a questo punto “abbiamo più bisogno di promesse che di fatti”, più di impegni che di fatti addomesticati dalla propaganda. Promesse e impegni che il bene pubblico venga garantito con una profonda ristrutturazione del sistema costituzionale e legislativo che prescinda dai demiurghi di occasione sempre pronti a riempire i vuoti, promesse che la giustizia funzioni per tutti e non per alcuni, che la corruzione non venga arginata con decreti legge dell’ultimo minuto, che il bilanciamento dei poteri non porti all’inazione e all’immobilismo.
Impegni e promesse che diventano però parole vuote quando scopriamo che a fronte di una situazione politica ed economica che va sempre più deteriorandosi il governo del fare non trova di meglio che nominare tre nuovi sottosegretari di cui nessuno sentiva il bisogno e la necessità, solo per ricompensare il ritorno all’ovile berlusconiano dell’improbabile pasionaria Daniela Santanchè. Solite alchimie di sopravvivenza e solita ridistribuzione dei posti di potere che non scandalizzano più di tanto o scandalizzano di meno visto l’andazzo generale? Può essere. Ma non è che tra qualche tempo provvedimenti come questi saranno annoverati nelle solite ( e inefficaci) misure tampone da fine regime che testimoniano il distacco e l’indifferenza crescente da ciò che invece è richiesto dall’opinione pubblica?
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
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