Cataclismi e aziende municipalizzate
L'acqua? Un problema politico
Gli enti comunali sono carrozzoni irresponsabili. Che gestiscono beni essenzialidi Davide Giacalone - 03 maggio 2007
Non mi occupo della fine del mondo, e neanche ci credo, non mi farei governare da Nostradamus e so che la colpa per la penuria d’acqua non è del cielo, da dove non piove, ma della politica incosciente e delle municipalizzate usate come strumenti di potere ed arricchimento. I problemi ambientali sono seri ed è inutile parlarne con falsi ecologisti in macchine ministeriali o con feticisti della mutanda vissuta, ma qui si tenta di dare a bere un frullato di corbellerie.
Più del 40 per cento dell’acqua distribuita si perde per strada, con punte del 73. Quasi la metà non è pagata. Negli ultimi venti anni gli investimenti nella rete sono crollati, allargando i buchi del colabrodo. Nel mentre questo accadeva le municipalizzate si sono trasformate in società indipendenti e, pur restando pubbliche, sono andate a quotarsi in Borsa portando bilanci allettanti dal punto di vista contabile, facendo pagare ai cittadini la sicurezza delle proprie rendite, ma tradendo la loro missione originaria.
Le municipalizzate diventavano sempre più ricche, la rete sempre più bucata, i profitti sempre più alti e gli amministratori sempre più amici dei gruppi politici che hanno in mano il potere municipale. Se avrete sete la colpa è di questa degenerazione. Chi sconosce l’etica del mercato dice che questa è stata una politica di apertura al privato. E’ stato un arrembaggio ai danni dei cittadini. Le società o le aziende pubbliche hanno un senso, nel mercato, quando investono in settori di generale utilità che, altrimenti, i privati trascurerebbero per scarsezza o troppo dilazionata redditività. L’elettrificazione è un esempio.
Quando poi il mercato cresce e quel settore diventa appetibile ci può stare che si privatizzi (fissando un prezzo equo e condizioni non derogabili, mica la farsa di Telecom Italia), oppure che si lasci tutto in mani pubbliche per ragioni di sicurezza. Dipende, ed è sbagliato affrontare il problema dopo avere inforcato occhiali ideologici. Ma quello che non si dovrebbe mai fare è quel che si è fatto: creare animali misti, società quotate dove comanda il sindaco, che non rispondono più né a scopi sociali né alle regole del mercato. Questo è il cataclisma che scontiamo. Prima di regredire alla danza della pioggia, si smontino questi centri di potere irresponsabile.
Pubblicato su Libero di giovedì 3 marzo
Più del 40 per cento dell’acqua distribuita si perde per strada, con punte del 73. Quasi la metà non è pagata. Negli ultimi venti anni gli investimenti nella rete sono crollati, allargando i buchi del colabrodo. Nel mentre questo accadeva le municipalizzate si sono trasformate in società indipendenti e, pur restando pubbliche, sono andate a quotarsi in Borsa portando bilanci allettanti dal punto di vista contabile, facendo pagare ai cittadini la sicurezza delle proprie rendite, ma tradendo la loro missione originaria.
Le municipalizzate diventavano sempre più ricche, la rete sempre più bucata, i profitti sempre più alti e gli amministratori sempre più amici dei gruppi politici che hanno in mano il potere municipale. Se avrete sete la colpa è di questa degenerazione. Chi sconosce l’etica del mercato dice che questa è stata una politica di apertura al privato. E’ stato un arrembaggio ai danni dei cittadini. Le società o le aziende pubbliche hanno un senso, nel mercato, quando investono in settori di generale utilità che, altrimenti, i privati trascurerebbero per scarsezza o troppo dilazionata redditività. L’elettrificazione è un esempio.
Quando poi il mercato cresce e quel settore diventa appetibile ci può stare che si privatizzi (fissando un prezzo equo e condizioni non derogabili, mica la farsa di Telecom Italia), oppure che si lasci tutto in mani pubbliche per ragioni di sicurezza. Dipende, ed è sbagliato affrontare il problema dopo avere inforcato occhiali ideologici. Ma quello che non si dovrebbe mai fare è quel che si è fatto: creare animali misti, società quotate dove comanda il sindaco, che non rispondono più né a scopi sociali né alle regole del mercato. Questo è il cataclisma che scontiamo. Prima di regredire alla danza della pioggia, si smontino questi centri di potere irresponsabile.
Pubblicato su Libero di giovedì 3 marzo
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.