Una giustizia oltre il collasso e la bancarotta
La trappola dei facili entusiasmi
Non serve temporeggiare. Urge una riforma seriadi Davide Giacalone - 13 gennaio 2009
Come erano surreali i titoloni che annunciavano l’imminente e condivisa riforma della giustizia. Siccome sono sospettoso e faccio fatica a credere che tutti i protagonisti, per giunta in poche ore, abbiano cambiato pelle, ho sentito puzza di bruciato. Di perdita di tempo. Il presidente della Camera ha elencato sei punti, riscuotendo consensi, ma a leggerli non sembrano così significativi. Dire, ad esempio, che le intercettazioni si devono fare, ma non abusando e rispettando la legge, sembra un programma alla Crozza. Difatti Veltroni ci si riconosce.
Accenna alla separazione delle carriere, poi la definisce “scissione dei ruoli”, ma senza intaccare l’autonomia dei pm. Parole, mentre si deve avere il coraggio della chiarezza: non possono essere tutti autonomi, devono dipendere dal superiore gerarchico.
L’obbligatorietà dell’azione penale non tutela i cittadini, neanche come principio, è sconosciuta nel sistema accusatorio, quindi che senso ha sospenderla solo per un poco? Insomma, sono cose discutibili, ma non particolarmente significative. Perché tanti entusiasmi? Per capirlo si devono ricordare le parole di Mancino, vice presidente del Csm che, con scarsissimo senso del proprio ruolo, dice che l’attuale Consiglio Superiore non funziona e si deve depoliticizzare la presenza dei magistrati.
Giusto, ma arriva dalla bocca sbagliata, che non può essersi svegliata una mattina ed avere scoperto quel che scriviamo da lustri. E allora? Allora dietro c’è il Quirinale, che fa pressioni per cambiare le norme, ma vede il pericolo di una maggioranza autosufficiente, che approfitti del conservatorismo della sinistra e del corporativismo cieco dei magistrati.
Non servirà a fare le riforme. Perché la sinistra sarà condizionata dall’azione delle procure, dai ricatti interni e dalla cultura giustizialista nella quale ha sguazzato. Mentre a destra la gnagnera del “dialogo” serve solo a fermare chi intende procedere. Il Quirinale lo teme, e si muove. Violante lo ha capito, e si agita. Lo ha capito anche chi vuole far pesare i propri seggi, all’interno della maggioranza. C’è una sola cosa che sembra non entrare nella zucca di tanti: la giustizia italiana è già oltre il collasso e la bancarotta. I temporeggiatori sono solo degli incoscienti, ed i punti “condivisi”, talora, i peggiori.
www.davidegiacalone.it
Accenna alla separazione delle carriere, poi la definisce “scissione dei ruoli”, ma senza intaccare l’autonomia dei pm. Parole, mentre si deve avere il coraggio della chiarezza: non possono essere tutti autonomi, devono dipendere dal superiore gerarchico.
L’obbligatorietà dell’azione penale non tutela i cittadini, neanche come principio, è sconosciuta nel sistema accusatorio, quindi che senso ha sospenderla solo per un poco? Insomma, sono cose discutibili, ma non particolarmente significative. Perché tanti entusiasmi? Per capirlo si devono ricordare le parole di Mancino, vice presidente del Csm che, con scarsissimo senso del proprio ruolo, dice che l’attuale Consiglio Superiore non funziona e si deve depoliticizzare la presenza dei magistrati.
Giusto, ma arriva dalla bocca sbagliata, che non può essersi svegliata una mattina ed avere scoperto quel che scriviamo da lustri. E allora? Allora dietro c’è il Quirinale, che fa pressioni per cambiare le norme, ma vede il pericolo di una maggioranza autosufficiente, che approfitti del conservatorismo della sinistra e del corporativismo cieco dei magistrati.
Non servirà a fare le riforme. Perché la sinistra sarà condizionata dall’azione delle procure, dai ricatti interni e dalla cultura giustizialista nella quale ha sguazzato. Mentre a destra la gnagnera del “dialogo” serve solo a fermare chi intende procedere. Il Quirinale lo teme, e si muove. Violante lo ha capito, e si agita. Lo ha capito anche chi vuole far pesare i propri seggi, all’interno della maggioranza. C’è una sola cosa che sembra non entrare nella zucca di tanti: la giustizia italiana è già oltre il collasso e la bancarotta. I temporeggiatori sono solo degli incoscienti, ed i punti “condivisi”, talora, i peggiori.
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L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.