La De Palacio ha già chiesto ragione al governo
La Tav spezza le gambe all’Italia
Solo che oggi a mettersi contro è un drappello di sottosegretari e non gli enti moralidi Davide Giacalone - 23 giugno 2006
Rieccolo, il Treno ad Alta Velocità, che con promettente puntualità ci ricorda come il guasto del sistema istituzionale spezza le gambe all’Italia. Settimane fa avevo invitato a non perdere di vista il tema, giacché sarebbe divenuto rivelatore. Infatti. Questa volta il commissario europeo Loyola De Palacio chiede conto e ragione al governo italiano: volete farla o no, ed in quanto tempo, la linea ferroviaria? Se ne torna a Bruxelles con un bel sacco di fandonie ed ipocrisie.
Riassunto: durante la campagna elettorale Prodi disse che il programma dell’Unione non escludeva la Tav, da completarsi certamente; fatto il governo il sottosegretario Cento affermò che non si sarebbe finita mai. Nel frattempo i presidenti delle regioni Piemonte e Lombardia, espressione di schieramenti opposti, hanno insistito per l’immediata ripresa dei lavori, in questo sostenuti anche dal sindaco di Torino, che è di sinistra ed è anche il più votato d’Italia. Non avevano finito di chiederlo che il cantiere è stato chiuso, nel senso che non muovendosi foglia la ditta appaltatrice ha ritirato le macchine e le ha messe a lavorare altrove. Siccome il tratto piemontese e lombardo è gravemente in ritardo (in realtà è fermo), interrompendo una linea europea, la De Palacio insiste con il governo italiano, che con Prodi e Di Pietro ripete: per noi resta un’opera prioritaria. Avevano ancora la frase a metà che il ministro Ferrero, rifondarolo ufficialmente assiso alla “solidarietà sociale” (tanto non si capisce cosa sia, questo ministero, che il reggente s’occupa d’altro), li brucia dicendo: ma quando mai! La Tav non c’è nel programma dell’Unione, quindi non se ne fa niente. Mentre il verde Pecoraio Scanio, ministro al più pertinente ambiente, si limita a ribadire che non si faranno gallerie, talché la Tav, lungi dall’essere dritta e veloce, debba somigliare ai trenini dei cartoni animati, scalanti le vette. Entro il 4 luglio, dice Prodi, sarà aperto un tavolo. Immagino per fare un picnic dove dovrebbero passare i binari.
Morale: questa volta il problema non sono gli enti locali, ma se il governo fa quel che promette all’Europa si ritrova qualche ministro, un drappello di sottosegretari ed un paio di partiti pronti apertamente a rompere. Non sia mai, piuttosto di tirerà avanti con il traccheggio.
www.davidegiacalone.it
Pubblicato su Libero del 23 giugno 2006
Riassunto: durante la campagna elettorale Prodi disse che il programma dell’Unione non escludeva la Tav, da completarsi certamente; fatto il governo il sottosegretario Cento affermò che non si sarebbe finita mai. Nel frattempo i presidenti delle regioni Piemonte e Lombardia, espressione di schieramenti opposti, hanno insistito per l’immediata ripresa dei lavori, in questo sostenuti anche dal sindaco di Torino, che è di sinistra ed è anche il più votato d’Italia. Non avevano finito di chiederlo che il cantiere è stato chiuso, nel senso che non muovendosi foglia la ditta appaltatrice ha ritirato le macchine e le ha messe a lavorare altrove. Siccome il tratto piemontese e lombardo è gravemente in ritardo (in realtà è fermo), interrompendo una linea europea, la De Palacio insiste con il governo italiano, che con Prodi e Di Pietro ripete: per noi resta un’opera prioritaria. Avevano ancora la frase a metà che il ministro Ferrero, rifondarolo ufficialmente assiso alla “solidarietà sociale” (tanto non si capisce cosa sia, questo ministero, che il reggente s’occupa d’altro), li brucia dicendo: ma quando mai! La Tav non c’è nel programma dell’Unione, quindi non se ne fa niente. Mentre il verde Pecoraio Scanio, ministro al più pertinente ambiente, si limita a ribadire che non si faranno gallerie, talché la Tav, lungi dall’essere dritta e veloce, debba somigliare ai trenini dei cartoni animati, scalanti le vette. Entro il 4 luglio, dice Prodi, sarà aperto un tavolo. Immagino per fare un picnic dove dovrebbero passare i binari.
Morale: questa volta il problema non sono gli enti locali, ma se il governo fa quel che promette all’Europa si ritrova qualche ministro, un drappello di sottosegretari ed un paio di partiti pronti apertamente a rompere. Non sia mai, piuttosto di tirerà avanti con il traccheggio.
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Pubblicato su Libero del 23 giugno 2006
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
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