Quando il fanatismo religioso diventa accecante
La strage pia non esiste
Perché non possono essere ammirati i fedeli pronti a moriredi Davide Giacalone - 30 settembre 2009
Qualche volta sembra che s’invidino i fondamentalisti, follemente scambiati per coerenti religiosi. Ho ricevuto molte reazioni, dopo avere sostenuto che la superiorità del nostro mondo (sì, la superiore civiltà, confermo, non certo un parametro razziale) consiste nello Stato laico, nel far valere la legge di tutti, senza escludere sette e famiglie, senza consentire regole estranee e contrastanti.
Fra chi dissente, non m’interessano le opinioni di chi mi accusa di volere respingere tutti gli stranieri. Chi obietta ciò, semplicemente, non sa leggere, ha un problema d’alfabetizzazione. Mi colpiscono, invece, quanti osservano che gli integralisti, i fondamentalisti religiosi, in fondo sono persone d’assoluta coerenza. Ed è significativo che tale tesi sia sostenuta, in modo curiosamente coincidente, sia da quanti sperano ci sia anche da noi maggiore aderenza fra la fede e la vita, sia da quanti denunciano che anche da noi la fede è (o è stata) barbara. Che strano modo di ragionare.
Per chi non lo sapesse, le tre religioni monoteiste hanno in comune un testo sacro: la Bibbia. Non sempre composta nello stesso modo, ma, insomma, è quella. Per gli ebrei è l’unico libro, chiamato Torah, per i cristiani s’aggiungono i Vangeli, e per gli islamici, ultimi arrivati, il Corano. A seguire una vasta letteratura sacra, o che tratta di cose sacre. Il ceppo originario, insomma, è il medesimo.
Sia nella storia che nell’odierna realtà di ciascuna religione monoteista (tutte e tre misogine) si accompagnano fasi e componenti integraliste con letture e pratiche più secolarizzate.
Vale per l’inesauribile discussione fra rabbini. Vale per l’islam, in passato assai più tollerante della cristianità, sconvolta da guerre religiose. Vale per il mondo cristiano, come per l’italiana cattolicità, nella quale si distinguono pensatori diversi e puntuti. La differenza non è qui, ma nell’avere o meno accettato l’idea di uno Stato che sia cosa diversa, anche nella sua legge, dalla religione.
E’ così in Israele, dove pure esistono partiti religiosi ed integralisti. E’ così in tutto il mondo cristiano (con l’eccezione dello Stato Vaticano, ovviamente). E’ così solo in una parte dell’islam, travagliato da scontri interni che vertono proprio su questo: c’è chi ritiene il Corano sia testo sacro e la legge terrena, e chi, invece, distingue le due cose.
Non le distingue la teocrazia iraniana, e neanche il terrorismo fondamentalista. Quelli, però, non sono fedeli coerenti, ma pazzi sanguinari. E’ lecito, e dal loro punto di vista meritorio, che i fedeli cerchino di convertire gli infedeli. Con la parola e con l’esempio, però. Se passano alle armi a me non interessa la loro motivazione, perché cerco di farli fuori prima che premano il grilletto.
Si deve essere ammirati dal fatto che dei fedeli sono pronti a morire, pur di restare coerenti alla fede? Ma quelli, prima di morire, sono pronti a fare morire me, che non ne ho nessuna voglia. Si può essere coerenti e devoti testimoniando con la propria vita l’adesione alla fede, mentre si è delle bestie se si pensa di farlo grazie alla mia morte. La strage pia non esiste e nulla può giustificarla.
Chi, in Italia, da cattolico, crede nel valore sacro della famiglia e, poi, provvede a farsene due o tre, preso dall’entusiasmo, ha qualche buona ragione per pentirsi. Ma se crede d’essere più coerentemente fedele sparando su quelli, e su quelle, che la pensano diversamente, si sbaglia e va fermato.
Vale la stessa cosa nei confronti dei figli: un genitore educa, trasmette idee e valori, poi il figlio diventa grande e, se è stato fatto un buon lavoro, li conserva ed elabora, se, invece, fa il contrario, vuol dire che qualche cosa non ha funzionato, non potendosi rimediare sgozzandolo.
Abbiamo molti motivi per essere orgogliosi del mondo che abbiamo realizzato, naturalmente pieno di problemi, contraddizioni ed errori, ma capace di non far più scorrere sangue in nome della fede. E non abbiamo nessuno, ma proprio nessun motivo per guardare con ammirazione ed invidia chi milita nelle sanguinarie falangi del fanatismo.
Pubblicato da Libero
Fra chi dissente, non m’interessano le opinioni di chi mi accusa di volere respingere tutti gli stranieri. Chi obietta ciò, semplicemente, non sa leggere, ha un problema d’alfabetizzazione. Mi colpiscono, invece, quanti osservano che gli integralisti, i fondamentalisti religiosi, in fondo sono persone d’assoluta coerenza. Ed è significativo che tale tesi sia sostenuta, in modo curiosamente coincidente, sia da quanti sperano ci sia anche da noi maggiore aderenza fra la fede e la vita, sia da quanti denunciano che anche da noi la fede è (o è stata) barbara. Che strano modo di ragionare.
Per chi non lo sapesse, le tre religioni monoteiste hanno in comune un testo sacro: la Bibbia. Non sempre composta nello stesso modo, ma, insomma, è quella. Per gli ebrei è l’unico libro, chiamato Torah, per i cristiani s’aggiungono i Vangeli, e per gli islamici, ultimi arrivati, il Corano. A seguire una vasta letteratura sacra, o che tratta di cose sacre. Il ceppo originario, insomma, è il medesimo.
Sia nella storia che nell’odierna realtà di ciascuna religione monoteista (tutte e tre misogine) si accompagnano fasi e componenti integraliste con letture e pratiche più secolarizzate.
Vale per l’inesauribile discussione fra rabbini. Vale per l’islam, in passato assai più tollerante della cristianità, sconvolta da guerre religiose. Vale per il mondo cristiano, come per l’italiana cattolicità, nella quale si distinguono pensatori diversi e puntuti. La differenza non è qui, ma nell’avere o meno accettato l’idea di uno Stato che sia cosa diversa, anche nella sua legge, dalla religione.
E’ così in Israele, dove pure esistono partiti religiosi ed integralisti. E’ così in tutto il mondo cristiano (con l’eccezione dello Stato Vaticano, ovviamente). E’ così solo in una parte dell’islam, travagliato da scontri interni che vertono proprio su questo: c’è chi ritiene il Corano sia testo sacro e la legge terrena, e chi, invece, distingue le due cose.
Non le distingue la teocrazia iraniana, e neanche il terrorismo fondamentalista. Quelli, però, non sono fedeli coerenti, ma pazzi sanguinari. E’ lecito, e dal loro punto di vista meritorio, che i fedeli cerchino di convertire gli infedeli. Con la parola e con l’esempio, però. Se passano alle armi a me non interessa la loro motivazione, perché cerco di farli fuori prima che premano il grilletto.
Si deve essere ammirati dal fatto che dei fedeli sono pronti a morire, pur di restare coerenti alla fede? Ma quelli, prima di morire, sono pronti a fare morire me, che non ne ho nessuna voglia. Si può essere coerenti e devoti testimoniando con la propria vita l’adesione alla fede, mentre si è delle bestie se si pensa di farlo grazie alla mia morte. La strage pia non esiste e nulla può giustificarla.
Chi, in Italia, da cattolico, crede nel valore sacro della famiglia e, poi, provvede a farsene due o tre, preso dall’entusiasmo, ha qualche buona ragione per pentirsi. Ma se crede d’essere più coerentemente fedele sparando su quelli, e su quelle, che la pensano diversamente, si sbaglia e va fermato.
Vale la stessa cosa nei confronti dei figli: un genitore educa, trasmette idee e valori, poi il figlio diventa grande e, se è stato fatto un buon lavoro, li conserva ed elabora, se, invece, fa il contrario, vuol dire che qualche cosa non ha funzionato, non potendosi rimediare sgozzandolo.
Abbiamo molti motivi per essere orgogliosi del mondo che abbiamo realizzato, naturalmente pieno di problemi, contraddizioni ed errori, ma capace di non far più scorrere sangue in nome della fede. E non abbiamo nessuno, ma proprio nessun motivo per guardare con ammirazione ed invidia chi milita nelle sanguinarie falangi del fanatismo.
Pubblicato da Libero
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.