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Italia in bilico con l'euro o senza l'euro

La storia che ci passa addosso (prima puntata)

Paghiamo il conto di 10 anni di illusioni

di Elio Di Caprio - 03 gennaio 2012

Se tutti sapessimo come andrà a finire o come potrà finire la storia che stiamo attraversando saremmo tutti più tranquilli ma almeno nel frattempo possiamo pure accontentarci di non dover prestare più attenzione a quello che dicono i tanti personaggi -fantasma che hanno imperversato e infestato lo spazio pubblico per troppo tempo, pronti ad allinearsi ad ogni slogan propagandistico pur di aver l’ultima parola di imbonimento su un’opinione pubblica a cui si è cercato affannosamente di nascondere la verità negli ultimi anni.

Chi si ricorda più delle risse da pollaio in cui sguazzavano fino a ieri politici e giornalisti comandati o, tanto per fare un esempio, delle polemiche sui tagli alla cultura operati da un ministro coltissimo (uno dei pochi) come Giulio Tremonti arrivato a dire che “con la cultura non si mangia”? Ed ora che si taglia molto di più nessuno si sogna di polemizzare sui tagli lineari o discrezionali imputati al governo Berlusconi. E’ questo un passato, neppure tanto remoto, che non può e non deve tornare al di là della durata dell’attuale governo. E’ un disco rotto che parla ormai a vuoto quello dei tanti guitti e comparse, da Capezzone alla Santanchè, ai Matteo Renzi, ai Grillo, ai Vendola, ai Di Pietro, ai simil-secessionisti della Lega in cerca di visibilità, ai tanti transfughi in libertà che si sono ricreduti e persino non ha più eco la retorica di personaggi finora considerati più “seri” come Bersani, Rosy Bindi, lo stesso Casini o Fini o Rutelli, tutti reduci involontari del circo mediatico precedente. Hanno troppo da dire e niente più da dire, sono diventati tanti personaggi in cerca d’autore. Troppo da dire e nulla da dire ha anche il sindacato a cui non resta che parare i colpi, aizzare la protesta secondo il solito copione e poi contenerla perché non gli sfugga di mano.

Solo che in questa ennesima commedia all’italiana il gioco delle parti non serve più, il dominus è altrove ma non sia sa neppure come scovarlo o identificarlo (oltre lo spread) oppure stentiamo a riconoscere che solo noi come italiani siamo tutti responsabili della situazione presente. E’ molto più facile dare tutta la colpa ai mercati (quali?) o alla signora Angela Merkel – definita in prima pagina dal giornale berlusconiano come “la culona”- o all’altezzoso Nicolas Sarkozy secondo la più vieta abitudine di scaricare su altri le nostre responsabilità piuttosto che misurarci con le conseguenze del disordine passato. Ma poi non siamo proprio noi alla ricerca della credibilità perduta tanto da compiacerci che la signora Merhel e Sarkozy verranno a Roma per incontrare Mario Monti con la speranza di poter dare da casa nostra un minimo valore aggiunto al direttorio franco-tedesco che tira la volata al continente europeo nonostante la presunta parità tra i 27 Paesi dell’UE?

Del resto è un fatto curioso che da un Paese come l’Italia che da decenni non bada più alla sua autonomia se non indipendenza e ancora confida nel suo “stellone” per sopravvivere si facciano dipendere le sorti del mondo intero appeso alla nostra stabilità . Siamo diventati il più importante birillo che, se crolla, può provocare una catastrofe a catena. Verità o propaganda? Persino a Domenico Scilipoti viene consentito di fare la parte dell’indignato contro i mercati che avrebbero imposto il governo Monti e magari verrebbe accolto a braccia aperte da un “occupy Wall street” nostrano e nessuno invece si indigna per come tale personaggio sia riuscito ad avere e mantenere il suo seggio parlamentare. Ma questo riguarda l’indicibile teatrino all’italiana che all’estero diventa difficilmente comprensibile.

Non è facile districarci tra quello che ci sta succedendo attorno tra considerazioni geopolitiche o “geo economiche” più grandi di noi e i pericoli di tenuta sociale e nazionale a cui siamo sottoposti al di là della nostra volontà. Resta ancora irrisolto- e chissà per quanto tempo ancora- l’interrogativo su chi perché e come ha innescato la crisi finanziaria globale e su chi è destinato a pagarne il conto più salato. Il nostro pollaio interno si è addormentato ma è già pronto a riprender vita su temi sui quali purtroppo non abbiamo la minima influenza. Al capezzale dell’euro discutiamo invano se all’Italia converrebbe uscirne e tornare alla lira trascurando lo scenario più probabile che sia la “grande” Germania a volersene distaccare per giocare la sua partita senza pesi, zavorre ed impedimenti.

Ma se si dovesse arrivare, perché obbligati, alla rottura della moneta unica e noi fossimo ricacciati assieme ad altri Paesi del sud Europa nel girone secondario di una valuta più debole, dopo dieci anni persi dovremmo come minimo interrogarci su cosa ci è rimasto in mano dopo tanti sforzi per agganciare l’avventura dell’euro e non essere esclusi e se proprio ne valeva la pena per tornare al punto di partenza più indeboliti e più dipendenti di prima. Forse c’è rimasta un’arma di pseudo ricatto facendo balenare le conseguenze negative per tutti i Paesi, anche Germania e Francia, se mai l’Italia dovesse essere abbandonata e precipitare nel default. Ma basta da sola?

Mario Monti, al di là di ogni giudizio prematuro sugli effetti della sua azione politica, sta dando una svolta di serietà che parte dall’immagine per arrivare a presentare dietro di sé un Paese unito (?) pronto a tutti i sacrifici. Compito difficilissimo ma ineludibile. Ci ha trattenuto, come ha detto più volte, dal cadere nel precipizio, ma se la Storia continuerà a passarci addosso chi ci può assicurare che non diventi anch’egli l’ennesimo personaggio in cerca d’autore della commedia italiana?

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