Il dibattito sulla Finanziaria
La rivoluzione silenziosa di Daniele
Capezzone rilancia il dialogo facendo assist ai riformisti della Cdl. Il tavolo dei volenterosidi Alessandro Marchetti - 12 ottobre 2006
Scherzi del destino. Quando Daniele Capezzone è stato nominato Presidente della Commissione Attività Produttive, i più non ci fecero caso; eppure ad oggi i conti tornano. Perché, esattamente come nella scorsa legislatura, anche oggi quella poltrona parlamentare sembra assolvere ad un ruolo ben preciso: rompere le uova nel paniere alla maggioranza di governo. E proprio da lì dove Bruno Tabacci, per cinque anni, è sembrato remare contro il Governo Berlusconi rinfacciandogli quotidianamente le sue contraddizioni, che in questi giorni Capezzone fa l’ennesimo assist ai riformisti del Polo: il tavolo dei volenterosi per cambiare la Finanziaria.
Non è il primo "ponte" che il radicale lancia in favore del dialogo. I più attenti lo ricordano in estate impegnato a pubblicizzare, in chiave bipartisan, il suo disegno di legge “sette giorni per un azienda”: quasi una summa del metodo Capezzone. La naturalezza nel coniare slogan ficcanti è una qualità che il segreatrio radicale condivide con i guru del marketing: in realtà è tutta farina del suo sacco. Almeno quanto gli appartiene la cultura e la formazione liberista imparata sui banchi della Luiss di Roma prima, dove Capezzone ha studiato, e sui banchi radicali poi. Se però la deregulation amministrativa per i giovani imprenditori non ha dimostrato sufficiente appeal, da qualche settimane le grida riformiste del segretario sembrano avere un certo eco. Ad oggi si contano, oltre ad una dozzina di parlamentari ( da An all’Italia dei Valori passando per i diccì) guidati dal capotruppa Tabacci anche esponenti della società civile; perché se tutti sanno che dietro al co-ideatore del Tavolo dei Volenterosi Paolo Messa e la sua rivista Formiche c’è la regia di Marco Follini, non tutti si sono accorti del grande interesse che il dinamismo capezzoniano raccoglie fra think thank e associazioni. Intanto ha incassato il plauso di Confindustria, felice che qualcuno si preoccupi di fargli restituire i fondi del Tfr. Nel complesso è un segnale chiaro all’Esecutivo e alle sue frange più estreme, che in questi giorni hanno avuto modo di mostrare i muscoli, non gradendo l’idea che un gruppo di “volenterosi” gli sfasci il giocattolo: la Finanziaria che “toglie ai ricchi per dare ai poveri”. Ma il segretario non sembra curarsene: la sua, anche stavolta, è una battaglia silenziosa.
Quasi una rivoluzione visti gli effetti per le logiche di schieramento. La realtà è forse più sottile. Come qualcuno ha gia fatto notare, sia Capezzone che il suo predecessore sembrano avere l’orologio più avanti degli altri: nel coraggio e nell’intraprendenza di questo terzismo che avanza, c’è l’occhio lungo di chi ha capito i reali difetti del sistema Paese e sa muoversi fra le rovine di un bipolarismo malconcio. Creare varchi, lanciare dei ponti con il centrodestra stavolta ha poco a che fare con la semplice realpolitik. Eppure qualcuno ha già intravisto un inciucio dietro l’angolo di questa strana alleanza bipartisan: le idee e le riforme strutturali chieste dai volenterosi sarebbero solo prove generali per le grandi manovre di una nuova alleanza. Capezzone però da quell’orecchio sembra non sentire: d’altronde ha già dimostrato altre volte che alla “politica reale” del suo collega Mastella preferisce quella dei fatti. Tuttavia per i fan del giovane segretario dei Radicali Italiani, non c’è poi molto da stupirsi. A differenza di quanti, fra i compagni viaggio in una Rosa nel Pugno palesemente appassita, da Maggio hanno decisamente cambiato marcia lui pare non cambiare neppure la cravatta. D’altra parte a Torre Argentina nulla è mutato da quando il segretario ha un incarico in Commissione; nonostante la fitta agenda parlamentare, quando può oggi come cinque o dieci anni fa torna a fare il segretario attivista. Un segretario “sgobbone”, tutta casa e partito, che è sempre il primo ad arrivare e l’ultimo ad uscire; meticoloso fino all’osso, ascolta tutti, simpatizzanti e non, con la pazienza propria più dei certosini che degli anticlericali. Addirittura, se non avesse chiuso il portiere, qualcuno giurerebbe che Daniele (come lo chiama chiunque frequenti il partito) rimanga in sede a passare la nottata. A lavorare si intende. Così come ha continuato a fare fino ad oggi per tentare di iniettare nella maggioranza un pò di sano riformismo liberale, peraltro in splendida solitudine. Sembra quasi la “rivincita dei non allineati”, la storia che Capezzone si accinge a scrivere in questa legislatura, con il Tavolo dei Volenterosi, in Parlamento e naturalmente in Commissione. Quasi fosse una poltrona con vista, quest"ultima sembra consolidarsi come un osservatorio privilegiato del sistema politico italiano che, confermata l’attitudine nel creare leggende su incarichi e posti di potere (v. Ministro della Giustizia), sembra concedergli la licenza ad andare controcorrente. In questi cinque mesi come spina nel fianco, Daniele Capezzone ha dimostrato di stare in media. Ne sentiremo ancora parlare.
Non è il primo "ponte" che il radicale lancia in favore del dialogo. I più attenti lo ricordano in estate impegnato a pubblicizzare, in chiave bipartisan, il suo disegno di legge “sette giorni per un azienda”: quasi una summa del metodo Capezzone. La naturalezza nel coniare slogan ficcanti è una qualità che il segreatrio radicale condivide con i guru del marketing: in realtà è tutta farina del suo sacco. Almeno quanto gli appartiene la cultura e la formazione liberista imparata sui banchi della Luiss di Roma prima, dove Capezzone ha studiato, e sui banchi radicali poi. Se però la deregulation amministrativa per i giovani imprenditori non ha dimostrato sufficiente appeal, da qualche settimane le grida riformiste del segretario sembrano avere un certo eco. Ad oggi si contano, oltre ad una dozzina di parlamentari ( da An all’Italia dei Valori passando per i diccì) guidati dal capotruppa Tabacci anche esponenti della società civile; perché se tutti sanno che dietro al co-ideatore del Tavolo dei Volenterosi Paolo Messa e la sua rivista Formiche c’è la regia di Marco Follini, non tutti si sono accorti del grande interesse che il dinamismo capezzoniano raccoglie fra think thank e associazioni. Intanto ha incassato il plauso di Confindustria, felice che qualcuno si preoccupi di fargli restituire i fondi del Tfr. Nel complesso è un segnale chiaro all’Esecutivo e alle sue frange più estreme, che in questi giorni hanno avuto modo di mostrare i muscoli, non gradendo l’idea che un gruppo di “volenterosi” gli sfasci il giocattolo: la Finanziaria che “toglie ai ricchi per dare ai poveri”. Ma il segretario non sembra curarsene: la sua, anche stavolta, è una battaglia silenziosa.
Quasi una rivoluzione visti gli effetti per le logiche di schieramento. La realtà è forse più sottile. Come qualcuno ha gia fatto notare, sia Capezzone che il suo predecessore sembrano avere l’orologio più avanti degli altri: nel coraggio e nell’intraprendenza di questo terzismo che avanza, c’è l’occhio lungo di chi ha capito i reali difetti del sistema Paese e sa muoversi fra le rovine di un bipolarismo malconcio. Creare varchi, lanciare dei ponti con il centrodestra stavolta ha poco a che fare con la semplice realpolitik. Eppure qualcuno ha già intravisto un inciucio dietro l’angolo di questa strana alleanza bipartisan: le idee e le riforme strutturali chieste dai volenterosi sarebbero solo prove generali per le grandi manovre di una nuova alleanza. Capezzone però da quell’orecchio sembra non sentire: d’altronde ha già dimostrato altre volte che alla “politica reale” del suo collega Mastella preferisce quella dei fatti. Tuttavia per i fan del giovane segretario dei Radicali Italiani, non c’è poi molto da stupirsi. A differenza di quanti, fra i compagni viaggio in una Rosa nel Pugno palesemente appassita, da Maggio hanno decisamente cambiato marcia lui pare non cambiare neppure la cravatta. D’altra parte a Torre Argentina nulla è mutato da quando il segretario ha un incarico in Commissione; nonostante la fitta agenda parlamentare, quando può oggi come cinque o dieci anni fa torna a fare il segretario attivista. Un segretario “sgobbone”, tutta casa e partito, che è sempre il primo ad arrivare e l’ultimo ad uscire; meticoloso fino all’osso, ascolta tutti, simpatizzanti e non, con la pazienza propria più dei certosini che degli anticlericali. Addirittura, se non avesse chiuso il portiere, qualcuno giurerebbe che Daniele (come lo chiama chiunque frequenti il partito) rimanga in sede a passare la nottata. A lavorare si intende. Così come ha continuato a fare fino ad oggi per tentare di iniettare nella maggioranza un pò di sano riformismo liberale, peraltro in splendida solitudine. Sembra quasi la “rivincita dei non allineati”, la storia che Capezzone si accinge a scrivere in questa legislatura, con il Tavolo dei Volenterosi, in Parlamento e naturalmente in Commissione. Quasi fosse una poltrona con vista, quest"ultima sembra consolidarsi come un osservatorio privilegiato del sistema politico italiano che, confermata l’attitudine nel creare leggende su incarichi e posti di potere (v. Ministro della Giustizia), sembra concedergli la licenza ad andare controcorrente. In questi cinque mesi come spina nel fianco, Daniele Capezzone ha dimostrato di stare in media. Ne sentiremo ancora parlare.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.