Aspettando che giustizia sia fatta...
La madre dei teoremi
Il vero volto dei nemici della giustiziadi Davide Giacalone - 10 settembre 2009
La madre dei teoremi è sempre incinta, ma ce n’è una che partorisce sempre lo stesso pargolo, quale che sia il padre, quale che sia l’epoca. Mi riferisco all’antimafia militante, sempre pronta ad inseguire l’ultimo pentito, anticipandone le dichiarazioni. Non si sa se perché informata di quel che ancora si sta
verbalizzando o desiderosa di suggerirne il contenuto.
Così, secondo la vulgata giornalistica, la mafia, non potendo più prendere ordini da Giulio Andreotti, avrebbe cominciato a prenderne dal nordico Silvio Berlusconi, per il tramite di Marcello Dell’Utri, anche nella funzione d’interprete. Tutto può essere, ma, da siculo, non solo trovo la tesi vagamente inverosimile, ma anche fastidiosamente deprimente. Visto che i rumori di procura si fanno sempre più intensi, è capitato che Berlusconi abbia reagito in anticipo.
Dopo di che, con monotonia degna di miglior causa, l’Associazione Nazionale Magistrati è insorta per denunciare la “delegittimazione”. Mi domando se, nel vocabolario, hanno anche qualche sinonimo.
Allora, i teoremi li lasciamo alla loro prolifica madre, noi preferiamo i fatti, che, messi in fila, fanno paura. Sull’ipotesi che le stragi e gli attentati mafiosi, in quei primi anni novanta, avessero mandanti meneghini s’insiste da tempo. Punti di appoggio: uno stalliere siciliano assunto ad Arcore ed alcune dichiarazioni di Paolo Borsellino, opportunamente manipolate. La suggestione ha trovato anche una sua verità processuale, sancita nella ricostruzione dello scenario che portò a Via D’Amelio, dove Borsellino e la scorta incontrarono la morte, inverata da una sentenza definitiva.
Verità processuale per voce solista, quella del pentito Vincenzo Scarantino. Solo che il delinquente ha raccontato un sacco di balle, come ha dimostrato un altro mafioso, Gaspare Spatuzza, divenuto collaborante. La giustizia antimafia ha, per anni, sbandierato un successo che, in realtà, era una bufala. E questa non è una mia opinione, ma un fatto.
Ora, però, si batte una pista originale: così come Scarantino, anche Spatuzza, che dice il contrario, porta a Dell’Utri e Berlusconi.
Può essere, tutto può essere, ma visto che la suggestione, immediatamente ripresa da La Repubblica, viene dagli stessi che affermarono essere Scarantino non solo mafioso (e credibile), ma addirittura partecipante ai vertici della cupola, quando era tossicodipendente e, per giunta, amante di un transessuale conosciuto come “la sdillabbrata”, c’è da ritenere che certuni la mafia l’abbiano vista solo al cinema, con pellicole di dubbia qualità. Ma continuiamo con i fatti, perché alcuni sono clamorosi. Repubblica c’informa che nella trattativa fra mafia e Stato s’è preparato il brodo di coltura da cui è nata Forza Italia. Può essere, tutto può essere.
Ma lo scorso luglio ragionammo, qui, su un fatto assai singolare, senza che nessuno ci abbia dato alcuna risposta: come è possibile che l’allora presidente della commissione bicamerale antimafia, Luciano Violante, sia corso in procura, a Palermo, essendosi ricordato, quindici anni dopo, e solo quando si annunciava l’uscita di certe carte, che, a dir suo, Vito Ciancimino, per il tramite del carabiniere Mori, gli aveva chiesto un incontro? Sono quindici anni che si discute sulla possibilità o meno che sia esistita una trattativa, o, almeno, un colloquio, fra mafia e Stato, ed il mafiologo numero uno si prende una così clamorosa botta d’amnesia?
Ora, posto che dai verbali di quella commissione sembrerebbe vero il contrario, ovvero che Violante chiese a Mori di contattare Ciancimino, il quale gli mandò in regalo l’anteprima del suo libro, questo antefatto, fino al luglio scorso sconosciuto a tutti, non getta una luce diversa sulle dichiarazioni di quel mafioso, Giovanni Brusca, che prese l’aereo assieme a Violante e disse di avergli ricordato gli impegni presi? Così, tanto per dire che, volendo, non manca di che indagare.
E stiamo ai fatti. Dopo la strage di Capaci, dove morì Giovanni Falcone, proprio per mano di Brusca, cosa successe? Per prima cosa fu eletto Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, poi finì di venire giù il mondo della prima Repubblica. Ora, vabbé che erano fessi, ma vi pare che i mandanti siano da cercarsi fra i decapitandi? E quando scoppiarono le altre bombe mafiose, cosa successe? Non ricordo che si consolidò il potere attorno alle forze moderate, e, se si vuole, per fantastica comodità, reazionarie, anzi, mi pare che si spianò la strada alla sinistra al governo.
Con il che non sostengo affatto che i mandanti delle stragi vanno cercati a sinistra. Mi vergognerei, nel suggerire una simile suggestione. Ma sono anni che campiamo con la suggestione opposta, non solo altrettanto vergognosa, ma anche priva di punti d’appoggio nella realtà dei fatti. Almeno quelli che conosciamo.
Dunque, noi cittadini italiani siamo qui ad attendere che la giustizia sia realmente tale, scopra la verità e punisca i colpevoli. Non abbiamo nessuna intenzione di tollerare che il suo corso sia bloccato e che le si impedisca di fare il proprio dovere.
Ma ne abbiamo le tasche piene di una giustizia amministrata nelle procure, utile solo a compitare veline che falsi giornalisti d’inchiesta prontamente rilanciano come se fossero verità rivelate. Se volete conoscere il volto dei nemici della giustizia, quella vera, guardate da quella parte.
Così, secondo la vulgata giornalistica, la mafia, non potendo più prendere ordini da Giulio Andreotti, avrebbe cominciato a prenderne dal nordico Silvio Berlusconi, per il tramite di Marcello Dell’Utri, anche nella funzione d’interprete. Tutto può essere, ma, da siculo, non solo trovo la tesi vagamente inverosimile, ma anche fastidiosamente deprimente. Visto che i rumori di procura si fanno sempre più intensi, è capitato che Berlusconi abbia reagito in anticipo.
Dopo di che, con monotonia degna di miglior causa, l’Associazione Nazionale Magistrati è insorta per denunciare la “delegittimazione”. Mi domando se, nel vocabolario, hanno anche qualche sinonimo.
Allora, i teoremi li lasciamo alla loro prolifica madre, noi preferiamo i fatti, che, messi in fila, fanno paura. Sull’ipotesi che le stragi e gli attentati mafiosi, in quei primi anni novanta, avessero mandanti meneghini s’insiste da tempo. Punti di appoggio: uno stalliere siciliano assunto ad Arcore ed alcune dichiarazioni di Paolo Borsellino, opportunamente manipolate. La suggestione ha trovato anche una sua verità processuale, sancita nella ricostruzione dello scenario che portò a Via D’Amelio, dove Borsellino e la scorta incontrarono la morte, inverata da una sentenza definitiva.
Verità processuale per voce solista, quella del pentito Vincenzo Scarantino. Solo che il delinquente ha raccontato un sacco di balle, come ha dimostrato un altro mafioso, Gaspare Spatuzza, divenuto collaborante. La giustizia antimafia ha, per anni, sbandierato un successo che, in realtà, era una bufala. E questa non è una mia opinione, ma un fatto.
Ora, però, si batte una pista originale: così come Scarantino, anche Spatuzza, che dice il contrario, porta a Dell’Utri e Berlusconi.
Può essere, tutto può essere, ma visto che la suggestione, immediatamente ripresa da La Repubblica, viene dagli stessi che affermarono essere Scarantino non solo mafioso (e credibile), ma addirittura partecipante ai vertici della cupola, quando era tossicodipendente e, per giunta, amante di un transessuale conosciuto come “la sdillabbrata”, c’è da ritenere che certuni la mafia l’abbiano vista solo al cinema, con pellicole di dubbia qualità. Ma continuiamo con i fatti, perché alcuni sono clamorosi. Repubblica c’informa che nella trattativa fra mafia e Stato s’è preparato il brodo di coltura da cui è nata Forza Italia. Può essere, tutto può essere.
Ma lo scorso luglio ragionammo, qui, su un fatto assai singolare, senza che nessuno ci abbia dato alcuna risposta: come è possibile che l’allora presidente della commissione bicamerale antimafia, Luciano Violante, sia corso in procura, a Palermo, essendosi ricordato, quindici anni dopo, e solo quando si annunciava l’uscita di certe carte, che, a dir suo, Vito Ciancimino, per il tramite del carabiniere Mori, gli aveva chiesto un incontro? Sono quindici anni che si discute sulla possibilità o meno che sia esistita una trattativa, o, almeno, un colloquio, fra mafia e Stato, ed il mafiologo numero uno si prende una così clamorosa botta d’amnesia?
Ora, posto che dai verbali di quella commissione sembrerebbe vero il contrario, ovvero che Violante chiese a Mori di contattare Ciancimino, il quale gli mandò in regalo l’anteprima del suo libro, questo antefatto, fino al luglio scorso sconosciuto a tutti, non getta una luce diversa sulle dichiarazioni di quel mafioso, Giovanni Brusca, che prese l’aereo assieme a Violante e disse di avergli ricordato gli impegni presi? Così, tanto per dire che, volendo, non manca di che indagare.
E stiamo ai fatti. Dopo la strage di Capaci, dove morì Giovanni Falcone, proprio per mano di Brusca, cosa successe? Per prima cosa fu eletto Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, poi finì di venire giù il mondo della prima Repubblica. Ora, vabbé che erano fessi, ma vi pare che i mandanti siano da cercarsi fra i decapitandi? E quando scoppiarono le altre bombe mafiose, cosa successe? Non ricordo che si consolidò il potere attorno alle forze moderate, e, se si vuole, per fantastica comodità, reazionarie, anzi, mi pare che si spianò la strada alla sinistra al governo.
Con il che non sostengo affatto che i mandanti delle stragi vanno cercati a sinistra. Mi vergognerei, nel suggerire una simile suggestione. Ma sono anni che campiamo con la suggestione opposta, non solo altrettanto vergognosa, ma anche priva di punti d’appoggio nella realtà dei fatti. Almeno quelli che conosciamo.
Dunque, noi cittadini italiani siamo qui ad attendere che la giustizia sia realmente tale, scopra la verità e punisca i colpevoli. Non abbiamo nessuna intenzione di tollerare che il suo corso sia bloccato e che le si impedisca di fare il proprio dovere.
Ma ne abbiamo le tasche piene di una giustizia amministrata nelle procure, utile solo a compitare veline che falsi giornalisti d’inchiesta prontamente rilanciano come se fossero verità rivelate. Se volete conoscere il volto dei nemici della giustizia, quella vera, guardate da quella parte.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.