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Aumentano le tasse e sale l’età pensionabile

La lezione tedesca

I primi provvedimenti economici della Grosse Koalition servirebbero anche all’Italia

di Enrico Cisnetto - 14 novembre 2005

Partiti con il piede giusto. In Germania l’accordo politico sul programma di governo della Grosse Koalition punta a risanare i conti e a mettere il turbo al motore dell’economia, con misure esplicitamente impopolari. A cominciare dall’aumento delle tasse – Iva dal 16% al 19%, aliquota massima dal 42% al 45% sui redditi superiori a 250mila euro per i single e a 500mila euro per le coppie – dopo che in campagna elettorale sia democristiani che socialdemocratici si erano espressi per ridurle, anche se in forme diverse. Evidentemente, hanno capito che è inutile mettere benzina (più reddito per i consumi) se il motore (il sistema economico) va cambiato. Messa da parte la ricerca del consenso per vincere le elezioni (mai a tutti i costi come in Italia), i due grandi partiti tedeschi stanno avendo – insieme – il coraggio di scelte difficili, convinti che la priorità sia quella di cambiare il trittico “modello di sviluppo-capitalismo-welfare” per affrontare con qualche chance la competizione del mercato globale.

Di conseguenza l’età pensionabile dal 2012 sarà alzata di un mese all’anno per arrivare a 67 anni nel 2035, il periodo di prova pre-assunzione verrà allungato da sei mesi a due anni, i sussidi di disoccupazione verranno tagliati per incentivare la ricerca di lavoro e la spesa pubblica sarà tagliata a favore degli investimenti infrastrutturali e produttivi statali. Non solo: si rompe il tabù “decentrato è bello”, mettendo mano ad una riforma del federalismo che va esattamente nella direzione opposta a quella voluta in Italia da centro-sinistra (riforma del titolo V) e centro-destra (devolution). Tutti provvedimenti, quelli del governo Merkel, che lasciano pensare ad un ritorno della Germania al ruolo di locomotiva politica ed economica d’Europa.

D’altra parte, nel recente passato, mentre l’Italia guardava a bocca aperta la crescita globale, i tedeschi gettavano le fondamenta per il loro rilancio, con una politica industriale che per ridare competitività all’export ha privilegiato con successo la delocalizzazione delle attività produttive più mature, valorizzato le grandi imprese in grado di competere a livello internazionale e trasformato il made in Germany in made by Germany (anche a costo di 5 milioni di disoccupati). Lungimiranza che le prime scelte della Grosse Koalition rafforzano, a conferma che un conto è vincere le elezioni e un altro è governare dinamiche complesse.

Da noi, invece, guai anche solo a parlare di Grande Coalizione: Tremonti e Follini ci hanno coraggiosamente provato e sono stati bombardati dai santificatori del bipolarismo (all’italiana, per di più). Le due coalizioni, infarcite di partiti e partitini totalmente disomogenei, sono impegnate a raccontar balle agli elettori anziché spiegare come pensano di evitare che il Paese s’impantani definitivamente nel declino: nessuno, o quasi, si preoccupa del fatto che chiunque vinca avrà vita dura a fare già la prima Finanziaria, una manovra da almeno 50 miliardi. Se, come finora è sempre successo, si tenterà di galleggiare, eludendo scelte strutturali, sarà la forza d’urto dei problemi irrisolti a imporre, per stato di necessità, una qualche forma di Grande Coalizione. E, d’altra parte, meglio il tandem Merkel-Schroeder o l’alternanza Prodi-Berlusconi, che ha già dimostrato di non funzionare?

Pubblicato sul Messaggero del 13 novembre 2005

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