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Cina: tra occasioni e incidenti diplomatici

La fiera del conformismo mediatico

Invece dei dazi, sarebbe meglio pretendere di far transitare la libertà e i diritti umani

di Davide Giacalone - 29 marzo 2006

Sarebbe allucinante, se non fosse ridicola, questa improvvisata sui cinesi bolliti. E’ incredibile il tasso di conformismo che uccide il giornalismo italiano, il ridere demente strizzando l’occhio a chi di dovere. Ah, ah, i bambini bolliti.
Quando le missioni italiane, e quelle europee, si sono recate in Cina per stringere accordi commerciali, ho criticato l’attitudine falsamente cinica di far affari con chi viola anche i più elementari diritti umani. Non che non si debba andare, non che non si debba commerciare, ma se vanno gli uomini di Stato dei paesi liberi essi hanno il dovere di chiedere d’incontrare anche gli oppositori, hanno il dovere di non tacere le turpitudini degli ospiti. Hanno il dovere, ma anche la convenienza, perché la Cina è diventata un mostro dove si coniugano ed accompagnano il più totale dispotismo ed il vecchio meccanismo dell’accumulazione capitalistica. Se non troviamo di che obiettare finiremo sotto al carro armato.
La Cina è una grande mercato, una grande opportunità per le imprese occidentali, al tempo stesso è un grande produttore con costi di produzione bassissimi, e rappresenta un’opportunità per i consumatori. Le due cose devono camminare assieme, ma per farlo c’è bisogno di un interlocutore politico che rispetti le regole dell’umanità, prima ancora di quelle relative al mercato. Se così non è si ottiene solo il risultato di far concorrere le nostre merci con quelle i cui costi per unità di prodotto sono pari a neanche il dieci per cento. Vale a dire che siamo fregati in partenza. Anziché chiedere dazi doganali, quindi, sarebbe bene chiedere di far transitare la libertà ed i diritti umani al di là della frontiera. Ecco, questo sarebbe parlar di politica.
E veniamo ai bimbi bolliti. Se sia vero o no, non lo so, ma non mi pare così rilevante. Le stragi di bambini, in Cina, non sono cose di “cinquanta anni fa” (come ha detto Berlusconi), ma di ieri e di oggi, perché si deve a Deng Xiao Ping la legge sul figlio unico, con relativa e connessa soppressione di milioni di nate femmine. Se anche non bollono i pargoli, in Cina non si fanno scrupoli di ammazzargli i genitori, con processi farsa e condanne a morte che servono ad alimentare il mercato degli organi. Se non li fanno lessi, comunque li portano nei Laogai, con i genitori, a vivere l’esperienza di campi di concentramento che nulla hanno da invidiare né a quelli nazisti né a quelli comunisti, i Gulag, che entrambi, a pari merito, sono la vergogna dell’umanità.
I giornali italiani su questo sorvolano, si giunge all’incredibile di pubblicare le richieste di scuse, da parte dei cinesi, senza aggiungere una parola sulla realtà quale essa è. Romano Prodi teme che, con le sue parole, Berlusconi ci sputtani presso i cinesi, che sarebbe come temere che se uno grida “viva la libertà” s’arrabbia Fidel Castro. E chi se ne frega. Berlusconi, dunque, ha fatto bene? Lo avrebbe fatto se di tutto ciò si fosse ricordato al momento e nel luogo giusto, quando si trovava a che fare con i cinesi. Invece ha aperto bocca in campagna elettorale, e lo ha fatto per puntare il dito contro i comunisti. Ora, io penso che contro i comunisti non si punta mai abbastanza il dito, e che i comunisti italiani hanno una lunga storia di cui vergognarsi, ma i nostri comunisti erano filosovietici, non filocinesi. I gruppi maoisti erano minoranze, in gran parte composte da imbecilli, fra i quali spiccavano anche gente che ha fatto una gran carriera. Ma i comunisti italiani, quelli del Pci e di buona parte dei gruppi extraparlamentari, erano al soldo dei sovietici, ed i cinesi, come da apposita direttiva di Mosca, li avrebbero bolliti volentieri.

www.davidegiacalone.it

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