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Public Policy

Un epilogo inglorioso ma prevedibile

La caduta del Governo Prodi

Solo un’Assemblea Costituente può fissare su solide basi il sistema politico italiano

di Cosimo Dimastrogiovanni - 25 gennaio 2008

Prendersela, come sta avvenendo, con i Senatori che non hanno votato la fiducia al Governo, sottoponendoli ai giudizi sommari di improvvisati tribunali del popolo mediatici mi sembra sostanzialmente una cretineria, oppure un’ulteriore furbata di chi non vuole assumersi le proprie responsabilità fino in fondo. La fine anticipata ed ingloriosa del Governo Prodi era praticamente iscritta nel suo DNA, dettato dal risultato elettorale dell’Aprile 2006. Un risultato elettorale determinato dal famigerato porcellum o porcata, se si vuole essere meno eleganti, e frutto del bipolarismo idiota di cui ci siamo dotati in questi anni, che ha ingessato la politica costringendola a coalizioni faraoniche, come appunto l’Unione, che andava da Turigliatto a Dini, costruite non per governare il Paese ma solo per vincere le elezioni, magari di mezzo punto, e prendersi poi tutto il “malloppo”. Alla luce di quel risultato una classe politica seria avrebbe dovuto prendere atto che non si poteva governare il Paese per 5 anni con quel tipo di coalizione, così disomogenea e così vulnerabile, avrebbe dovuto dar retta alla parole di Mario Monti il quale già allora invitava le forze politiche ad una tregua, ad accordarsi per un governo istituzionale con il compito di riparare in un ormeggio sicuro, sottraendole alla tempesta, poche barche, quelle ritenute indispensabili per portare l’Italia su una rotta di maggiore competitività, crescita ed occupazione, in altre parole darle un minimo di prospettiva. Nessuno ascoltò quell’appello, anzi ci fu qualcuno, come l’On. Marco Rizzo Pdci che con la solita arroganza tacciò Monti di inciucio, ed ora le conseguenze sono sotto gli di tutti.

Il centrosinistra muore e con esso restano sotto le macerie quelle 281 pagine del suo programma di governo, tanto faraonico quanto velleitario e l’intera impalcatura della cosiddetta seconda Repubblica che doveva moralizzare la politica, contenerne i costi, darle più rappresentatività, più trasparenza e partecipazione ed invece ha portato il Paese in una situazione di emergenza sociale ed economica senza precedenti, dove le vicende dei rifiuti in Campania, della malasanità in Calabria e non solo, dei soldi buttati da Nord a Sud in tanti enti, utili solo alla casta, delle nuove povertà che si sommano a quelle ormai ataviche, sono solo la punta di un iceberg, la versione macroscopica di un caso italiano senza redenzione. Adesso per questo Paese intontito e con le batterie scariche si apre una partita decisiva. Le elezioni subito, soprattutto se fatte con l’attuale legge elettorale, non servono a nulla. Chi pensa di poter lucrare, attraverso il ricorso immediato alle urne, piccoli vantaggi personali o di partito, infischiandosene della situazione del Paese sappia che arreca all’Italia ulteriori gravi danni che milioni di cittadini ormai stanchi ed arrabbiati, non sono più disponibili a perdonare a nessuno, né a sinistra, né al centro, né a destra. A partire dalla prossime settimane, ci sarà più che mai bisogno di un armistizio, di una tregua, di una prospettiva comune, di un gesto alto che segni una forte discontinuità con il passato.

Noi pensiamo, e non da ora, alla convocazione di un’Assemblea Costituente come ad un’iniziativa forte e coraggiosa che ci consenta di rifondare su basi nuove il sistema politico italiano, di modernizzare le istituzioni e riunificare il Paese, in maniera democratica, liberale e soprattutto condivisa, rinunciando ad agitare bandiere in cui sempre meno gente si riconosce ma facendosi promotori ed interpreti di un profondo processo di rifondazione dello Stato senza il quale per questo Paese non ci sarà più orizzonte.

Presidente Società Aperta - Lecce -

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