La situazione in Bnl
L’ombra dell’inciucio
Gli azionisti litigano e intanto i conti non tornanodi Lucio Fava del Piano - 27 maggio 2005
Incerta, incertissima, all’ultimo voto; praticamente un inciucio.
Parliamo dell’assemblea degli azionisti della Banca Nazionale del Lavoro, tenutasi a Roma, in seconda convocazione, sabato 21 maggio. Un evento che non può non lasciare scettico un occhio appena un po’ smaliziato, se solo si mettono a confronto le bellicose dichiarazioni della vigilia e l’esito della contesa. L’appuntamento era stato presentato come “la madre di tutte le assemblee”, la sfida finale che avrebbe visto contrapposti per il controllo della banca il patto di sindacato Bbva-Generali-Della Valle e il contropatto degli “immobiliaristi”, capitanati da Francesco Gaetano Caltagirone.
Fino alla mattina del 21 maggio, le premesse per una sfida serrata sembravano esserci tutte: “Bnl, gli schieramenti alla conta”, titolava Il Sole 24 Ore, mentre Repubblica preannunciava “Bbva e contropatto all’ultimo voto”.
Poi, iniziati i lavori dell’assemblea, ciascuno sulle sue posizioni: Abete e il dg Girotti a difendere l’attività del management uscente, Tasco, presidente del contropatto, a contestare le scelte strategiche degli ultimi anni e a sottolineare i conti in rosso. Interventi lunghissimi, scaramucce legali e qualche colpo di scena. Ma non nel risultato finale, con il bilancio che è stato approvato con l’astensione dei contropattisti e il nuovo cda che è andato a disegnarsi esattamente su quell’8-6-1 di cui si mormorava all’immediata vigilia. Cda che ha poi confermato, nella sua prima riunione di martedì 24, Luigi Abete alla presidenza.
Sorge allora qualche dubbio su quali siano le reali intenzioni degli immobiliaristi: cercavano davvero di prendere il controllo della Bnl? Cercavano di mettere i bastoni tra le ruote agli spagnoli e alla loro Ops, magari su “suggerimento” di qualche paladino dell’italianità delle banche? O sono semplicemente “imprenditori interessati – parole di Stefano Ricucci – a creare valore per la propri azienda”?
Se questa è la strada, resta da capire perché puntare proprio su Bnl. Quella guidata da Abete, infatti, al di là dei forti rialzi fatti segnare in borsa negli ultimi mesi, con un +25% nel corso del 2004 (anche grazie alle pressioni innescate dagli immobiliaristi), è una banca che non crea ricchezza. È una banca che da quattro anni non distribuisce un centesimo di dividendi, e che anche nell’esercizio 2004 ha chiuso il conto economico in perdita, con un rosso di oltre 34 milioni.
Certo, il risultato è in miglioramento rispetto alle perdite del 2003, e la situazione dei crediti è qualitativamente molto migliorata, con la copertura dei crediti dubbi che ora supera il 50% (rispetto al 34 del 1998), i crediti dubbi netti scesi al 4,9% degli impieghi alla clientela (la metà del ’98) e il totale dei crediti dubbi che è ora il 52,1% del patrimonio netto (alla privatizzazione era il 177,9).
Ma è altrettanto vero che il rosso di bilancio è quello che abbiamo detto. E a quel dato, vanno aggiunte alte cifre significative: gli impieghi sono diminuiti di quasi il 6% (da oltre 75 a meno di 71 miliardi di euro), la raccolta diretta è scesa del 2,6%, il margine di intermediazione ha subito una flessione del 5,4 (da 3 miliardi, a 2.900 milioni d euro).
Insomma, molte delle attività più tipiche e più caratterizzanti dell’attività di una banca presentano il segno meno e danno la chiara impressione di un istituto che non riesce a creare valore.
Motivi sufficienti per vedere qualche zona d’ombra intorno alle manovre che riguardano Bnl.
Parliamo dell’assemblea degli azionisti della Banca Nazionale del Lavoro, tenutasi a Roma, in seconda convocazione, sabato 21 maggio. Un evento che non può non lasciare scettico un occhio appena un po’ smaliziato, se solo si mettono a confronto le bellicose dichiarazioni della vigilia e l’esito della contesa. L’appuntamento era stato presentato come “la madre di tutte le assemblee”, la sfida finale che avrebbe visto contrapposti per il controllo della banca il patto di sindacato Bbva-Generali-Della Valle e il contropatto degli “immobiliaristi”, capitanati da Francesco Gaetano Caltagirone.
Fino alla mattina del 21 maggio, le premesse per una sfida serrata sembravano esserci tutte: “Bnl, gli schieramenti alla conta”, titolava Il Sole 24 Ore, mentre Repubblica preannunciava “Bbva e contropatto all’ultimo voto”.
Poi, iniziati i lavori dell’assemblea, ciascuno sulle sue posizioni: Abete e il dg Girotti a difendere l’attività del management uscente, Tasco, presidente del contropatto, a contestare le scelte strategiche degli ultimi anni e a sottolineare i conti in rosso. Interventi lunghissimi, scaramucce legali e qualche colpo di scena. Ma non nel risultato finale, con il bilancio che è stato approvato con l’astensione dei contropattisti e il nuovo cda che è andato a disegnarsi esattamente su quell’8-6-1 di cui si mormorava all’immediata vigilia. Cda che ha poi confermato, nella sua prima riunione di martedì 24, Luigi Abete alla presidenza.
Sorge allora qualche dubbio su quali siano le reali intenzioni degli immobiliaristi: cercavano davvero di prendere il controllo della Bnl? Cercavano di mettere i bastoni tra le ruote agli spagnoli e alla loro Ops, magari su “suggerimento” di qualche paladino dell’italianità delle banche? O sono semplicemente “imprenditori interessati – parole di Stefano Ricucci – a creare valore per la propri azienda”?
Se questa è la strada, resta da capire perché puntare proprio su Bnl. Quella guidata da Abete, infatti, al di là dei forti rialzi fatti segnare in borsa negli ultimi mesi, con un +25% nel corso del 2004 (anche grazie alle pressioni innescate dagli immobiliaristi), è una banca che non crea ricchezza. È una banca che da quattro anni non distribuisce un centesimo di dividendi, e che anche nell’esercizio 2004 ha chiuso il conto economico in perdita, con un rosso di oltre 34 milioni.
Certo, il risultato è in miglioramento rispetto alle perdite del 2003, e la situazione dei crediti è qualitativamente molto migliorata, con la copertura dei crediti dubbi che ora supera il 50% (rispetto al 34 del 1998), i crediti dubbi netti scesi al 4,9% degli impieghi alla clientela (la metà del ’98) e il totale dei crediti dubbi che è ora il 52,1% del patrimonio netto (alla privatizzazione era il 177,9).
Ma è altrettanto vero che il rosso di bilancio è quello che abbiamo detto. E a quel dato, vanno aggiunte alte cifre significative: gli impieghi sono diminuiti di quasi il 6% (da oltre 75 a meno di 71 miliardi di euro), la raccolta diretta è scesa del 2,6%, il margine di intermediazione ha subito una flessione del 5,4 (da 3 miliardi, a 2.900 milioni d euro).
Insomma, molte delle attività più tipiche e più caratterizzanti dell’attività di una banca presentano il segno meno e danno la chiara impressione di un istituto che non riesce a creare valore.
Motivi sufficienti per vedere qualche zona d’ombra intorno alle manovre che riguardano Bnl.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.