Troppe analisi non colgono le cose fatte
L’Iran visto dalla demografia
Struttura della popolazione invariata dalla rivoluzione. E donne sempre meno marginalidi Antonio Gesualdi - 01 luglio 2005
Più o meno dalla rivoluzione khomeinista a metà degli anni ottanta la popolazione dell'Iran è cresciuta al ritmo del 3,8% l'anno. Prima aveva un ritmo di crescita del 2,7%. Le stime per il 2025 parlano di una popolazione che si avvicinerà o supererà i 100 milioni di abitanti. L'Iran è un paese sorprendente di cui, purtroppo, i facili rimpalli dei commenti politici, e sempre economicistici, non colgono i nessi se non a cose fatte.
Si tratta di una popolazione soprattutto giovane e tutte le popolazioni particolarmente giovani, la storia lo dimostra, producono grandi turbolenze. In Iran fino al 1985 ogni donna fertile aveva in media 7 figli, ma dal 1992 i figli per donna sono scesi a 3,5 e negli ultimi anni siamo ad una media poco superiore a 2. L'ayatollah Khomeini in persona aveva stabilito la legalità dell'uso dei contraccettivi "purché utilizzati con il consenso necessario dello sposo". Mentre l'abbandono delle politiche di pianificazione familiare non sembra avere inciso sugli andamenti strutturali della popolazione.
Parlare di velo o di rossetto è una banalità. La donna iraniana, negli ultimi vent'anni, ha prodotto un'evoluzione culturale profonda e continua in quel paese. La donna iraniana è emancipata. L'età del matrimonio è passata dai 18,4 anni del 1966 ai 22 anni del 1996 e le donne nubili tra i 20 e 24 anni sono passate dal 17,9% del 1966 al 39% nel 1996. Dunque un progresso strutturale che non si può non prendere in considerazione quando si analizza un grande paese come l'Iran. Dal 1986 il declino rapido della fecondità delle iraniane è spiegabile soprattutto con la diffusione del contraccettivo e con l'evoluzione della mentalità. Un contributo al controllo delle nascite, però, potrebbe essere attributo anche all'allattamento. Circa il 50% delle mamme iraniane, infatti, allatta i propri figli anche oltre i 2 anni di età. Contemporaneamente si è registrato un forte abbassamento della mortalità e soprattutto della mortalità infantile.
L'anno cruciale dell'Iran è stato il 1979: è stato l'anno della rivoluzione, ma è stato, soprattutto, l'anno che ha fatto registrare, per la prima volta, il superamento del 50% di popolazione alfabetizzata abitante nelle città. E dal 1999 le giovani donne hanno sorpassato gli uomini nei concorsi nazionali per entrare nelle università. E dal 1986 la popolazione urbana ha sorpassato la popolazione rurale.
Questi dati, strutturali, sono comparabili con quelli di altri paesi arabi e dimostrerebbero, secondo alcune letture, come alcuni processi che noi definiamo di "modernizzazione" in quei contesti producono forti istanze tradizionaliste. E' come se l'alfabetizzazione, il contenimento delle nascite, la riduzione delle mortalità e la crescita economica che ne deriva portassero ad una maggiore consapevolezza delle proprie identità. Non dimentichiamo che l'Iran di oggi non ha debito estero e ha grandi accantonamenti di extra incassi petroliferi. L'Iran di oggi può fare ciò che vuole e non è l'Iraq distrutto di Saddam.
Un quarto della popolazione iraniana vive nelle nove grandi città del Paese, ma la popolazione rurale non ha mai cessato di crescere e dunque le dinamiche interne della popolazione vanno lette come processi complessi di "moderata modernizzazione". Teheran non ha mai avuto numerose bidonville.
Il tasso di alfabetizzazione è passato dal 14,9% del 1960 all'80% del 1996. Dopo la rivoluzione soprattutto le donne delle zone rurali hanno mostrato progressi sorprendenti. La donna iraniana, tradizionalmente, ha un tasso di attività al lavoro molto basso, ma negli anni della crisi petrolifera si era alzato fino al 17,9% (donne tra 20-24 anni) per tornare a livelli intorno al 7,5% negli anni ottanta e ricrescere fino al 13,2% negli anni novanta. La donna iraniana, dunque, viene mobilitata in caso di bisogno, è flessibile, ma se la situazione economica, soprattutto il mercato del petrolio, lo consente torna ai ruoli tradizionali di moglie e madre.
Insomma la religione non c'entra niente: l'alzata delle nascite così come il contenimento della fecondità non segue le periodizzazioni della rivoluzione khomeinista. L'evoluzione demografica dell'Iran, nel medio e lungo termine, è simile a quella di tutti i paesi dell'area con una crescita ancora sostenuta, uno sviluppo urbano molto rapido e una spiccata giovinezza della popolazione. Dunque né la rivoluzione, né la Repubblica islamica hanno interrotto i processi strutturali della società iraniana degli ultimi 40 anni.
Per quanto riguarda l'attualità appare evidente che è giunta l'ora di fare i conti con la vecchia teocrazia al potere e il voto (e il non-voto, il 43% degli iraniani non è andato alle urne) dei giorni scorsi lo dimostra. Una enorme popolazione di giovani è sempre turbolenta e sorprendente.
Si tratta di una popolazione soprattutto giovane e tutte le popolazioni particolarmente giovani, la storia lo dimostra, producono grandi turbolenze. In Iran fino al 1985 ogni donna fertile aveva in media 7 figli, ma dal 1992 i figli per donna sono scesi a 3,5 e negli ultimi anni siamo ad una media poco superiore a 2. L'ayatollah Khomeini in persona aveva stabilito la legalità dell'uso dei contraccettivi "purché utilizzati con il consenso necessario dello sposo". Mentre l'abbandono delle politiche di pianificazione familiare non sembra avere inciso sugli andamenti strutturali della popolazione.
Parlare di velo o di rossetto è una banalità. La donna iraniana, negli ultimi vent'anni, ha prodotto un'evoluzione culturale profonda e continua in quel paese. La donna iraniana è emancipata. L'età del matrimonio è passata dai 18,4 anni del 1966 ai 22 anni del 1996 e le donne nubili tra i 20 e 24 anni sono passate dal 17,9% del 1966 al 39% nel 1996. Dunque un progresso strutturale che non si può non prendere in considerazione quando si analizza un grande paese come l'Iran. Dal 1986 il declino rapido della fecondità delle iraniane è spiegabile soprattutto con la diffusione del contraccettivo e con l'evoluzione della mentalità. Un contributo al controllo delle nascite, però, potrebbe essere attributo anche all'allattamento. Circa il 50% delle mamme iraniane, infatti, allatta i propri figli anche oltre i 2 anni di età. Contemporaneamente si è registrato un forte abbassamento della mortalità e soprattutto della mortalità infantile.
L'anno cruciale dell'Iran è stato il 1979: è stato l'anno della rivoluzione, ma è stato, soprattutto, l'anno che ha fatto registrare, per la prima volta, il superamento del 50% di popolazione alfabetizzata abitante nelle città. E dal 1999 le giovani donne hanno sorpassato gli uomini nei concorsi nazionali per entrare nelle università. E dal 1986 la popolazione urbana ha sorpassato la popolazione rurale.
Questi dati, strutturali, sono comparabili con quelli di altri paesi arabi e dimostrerebbero, secondo alcune letture, come alcuni processi che noi definiamo di "modernizzazione" in quei contesti producono forti istanze tradizionaliste. E' come se l'alfabetizzazione, il contenimento delle nascite, la riduzione delle mortalità e la crescita economica che ne deriva portassero ad una maggiore consapevolezza delle proprie identità. Non dimentichiamo che l'Iran di oggi non ha debito estero e ha grandi accantonamenti di extra incassi petroliferi. L'Iran di oggi può fare ciò che vuole e non è l'Iraq distrutto di Saddam.
Un quarto della popolazione iraniana vive nelle nove grandi città del Paese, ma la popolazione rurale non ha mai cessato di crescere e dunque le dinamiche interne della popolazione vanno lette come processi complessi di "moderata modernizzazione". Teheran non ha mai avuto numerose bidonville.
Il tasso di alfabetizzazione è passato dal 14,9% del 1960 all'80% del 1996. Dopo la rivoluzione soprattutto le donne delle zone rurali hanno mostrato progressi sorprendenti. La donna iraniana, tradizionalmente, ha un tasso di attività al lavoro molto basso, ma negli anni della crisi petrolifera si era alzato fino al 17,9% (donne tra 20-24 anni) per tornare a livelli intorno al 7,5% negli anni ottanta e ricrescere fino al 13,2% negli anni novanta. La donna iraniana, dunque, viene mobilitata in caso di bisogno, è flessibile, ma se la situazione economica, soprattutto il mercato del petrolio, lo consente torna ai ruoli tradizionali di moglie e madre.
Insomma la religione non c'entra niente: l'alzata delle nascite così come il contenimento della fecondità non segue le periodizzazioni della rivoluzione khomeinista. L'evoluzione demografica dell'Iran, nel medio e lungo termine, è simile a quella di tutti i paesi dell'area con una crescita ancora sostenuta, uno sviluppo urbano molto rapido e una spiccata giovinezza della popolazione. Dunque né la rivoluzione, né la Repubblica islamica hanno interrotto i processi strutturali della società iraniana degli ultimi 40 anni.
Per quanto riguarda l'attualità appare evidente che è giunta l'ora di fare i conti con la vecchia teocrazia al potere e il voto (e il non-voto, il 43% degli iraniani non è andato alle urne) dei giorni scorsi lo dimostra. Una enorme popolazione di giovani è sempre turbolenta e sorprendente.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.