Il referendum è morto per abuso di democrazia
L’infausto referto clinico
Strumento nelle mani del popolo? No. È stato utilizzato come arma di propaganda in mano ai politicidi Davide Giacalone - 22 giugno 2009
L’istituto del referendum è moribondo. Sfiancato dall’uso improprio, debilitato dalla manipolazione e da quella che doveva essere una garanzia ed è divenuta una trappola: la quota minima dei votanti, il quorum. Lunedì pomeriggio, temo, il referto clinico sarà infausto. Già sappiamo, del resto, che i contenuti della consultazione sono stati cancellati non solo dalle forze politiche, ma anche dai giornali, troppo occupati a disputare di cose che definire politiche è un filino deprimente.
La stagione d’oro fu quella del divorzio e dell’aborto. Appuntamenti sui quali si sono raccontate tante di quelle corbellerie da confondere le idee a molti: non furono convocati da chi li voleva, ma di chi li avversava.
Il Parlamento si era spinto avanti, ma restava il dubbio che il Paese fosse, nel suo profondo, contrario. Si verificò, e fu fatto positivo, che le cose stavano diversamente. Il timer dell’agonia partì con consultazioni di grande successo, ma che consideravo e considero sostanzialmente illegittime: quelle sui sistemi elettorali. Il tema era costituzionalmente equivoco e la tecnica non era abrogativa, ma manipolativa. Non si chiedeva l’abrogazione di una legge, ma il suo sfregio, talché cambiasse significato. Anche questa volta, è così che stanno le cose.
Non paghi di ciò, anziché essere strumento nelle mani del popolo lo si è utilizzato come arma di propaganda in mano ai politici. Quando, all’inizio della raccolta delle firme, si fotografano l’onorevole Tizio ed il senatore Caio che autografano i moduli si trasmette lo spettacolo della devianza: quei signori sono titolati a chiedere la modifica delle leggi, spesso siedono sui banchi della maggioranza parlamentare, agiscano, insomma, anziché sfilare ed esibirsi.
Nel caso odierno, poi, siamo alla farsa, con politici che prima firmano e poi ci ripensano. La coerenza è una sconosciuta. L’unico pregio di questa tornata consisteva nel sollecitare il Parlamento alla riforma, ma hanno fatto spallucce. Dopo la convocazione delle urne gli avversari dell’abrogazione non puntano ad una vittoria leale, ma allo sgambetto dell’astensione. E’ già successo, è l’esito più probabile, ma è anche l’arma che uccide la democrazia diretta. Io, che ai referendum elettorali sono sempre stato contrario, sarò fra i pochi a portare il lutto.
Pubblicato da Libero
La stagione d’oro fu quella del divorzio e dell’aborto. Appuntamenti sui quali si sono raccontate tante di quelle corbellerie da confondere le idee a molti: non furono convocati da chi li voleva, ma di chi li avversava.
Il Parlamento si era spinto avanti, ma restava il dubbio che il Paese fosse, nel suo profondo, contrario. Si verificò, e fu fatto positivo, che le cose stavano diversamente. Il timer dell’agonia partì con consultazioni di grande successo, ma che consideravo e considero sostanzialmente illegittime: quelle sui sistemi elettorali. Il tema era costituzionalmente equivoco e la tecnica non era abrogativa, ma manipolativa. Non si chiedeva l’abrogazione di una legge, ma il suo sfregio, talché cambiasse significato. Anche questa volta, è così che stanno le cose.
Non paghi di ciò, anziché essere strumento nelle mani del popolo lo si è utilizzato come arma di propaganda in mano ai politici. Quando, all’inizio della raccolta delle firme, si fotografano l’onorevole Tizio ed il senatore Caio che autografano i moduli si trasmette lo spettacolo della devianza: quei signori sono titolati a chiedere la modifica delle leggi, spesso siedono sui banchi della maggioranza parlamentare, agiscano, insomma, anziché sfilare ed esibirsi.
Nel caso odierno, poi, siamo alla farsa, con politici che prima firmano e poi ci ripensano. La coerenza è una sconosciuta. L’unico pregio di questa tornata consisteva nel sollecitare il Parlamento alla riforma, ma hanno fatto spallucce. Dopo la convocazione delle urne gli avversari dell’abrogazione non puntano ad una vittoria leale, ma allo sgambetto dell’astensione. E’ già successo, è l’esito più probabile, ma è anche l’arma che uccide la democrazia diretta. Io, che ai referendum elettorali sono sempre stato contrario, sarò fra i pochi a portare il lutto.
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L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.