Sulle parole fluide del ministro degli Esteri
Iraq: cerchiamo di vederci chiaro
In attesa di un’azione, anche dalla minoranza, di suggerimento della nostra politica esteradi Davide Giacalone - 31 maggio 2006
Nel pasticcio iracheno mette le mani il ministro degli esteri, Massimo D’Alema, con buone intenzioni. Cerchiamo di vederci chiaro, perché questa non è materia di poco conto, non la si deve usare per far polemiche inutili, qui si trattano interessi vitali dell’Italia. Dunque, qualche giorno fa Prodi ha annunciato che al successivo consiglio dei ministri si sarebbe deciso il ritiro delle truppe dall’Iraq, del che era giusto allarmarsi, perché equivaleva ad una fuga ed avrebbe messo a rischio il nostro stesso territorio nazionale. In quell’occasione ho ricordato che il ritiro era già stato annunciato dal precedente governo, ma subordinandolo all’accordo con gli iracheni ed i nostri alleati.
D’Alema interviene e dice: “Intendiamo discutere il rientro del nostro contingente con il nuovo governo iracheno e quindi con gli Stati Uniti”. Bene, ha dimenticato gli inglesi (strano, per un uomo di sinistra), ma va bene. Dice anche che con la sinistra al governo non ci sarà alcuna fuga dall’uso delle armi, e che i militari italiani restano dove sono impegnati, a cominciare dall’Afghanistan e dai Balcani. Mi fa piacere sentirlo, bene. Ma in Iraq che facciamo? Qui le cose si fanno più confuse. Dire che si ritira la missione militare e se ne avvia una civile è privo di senso, intanto perché i militari italiani sono lì in missione di pace, su mandato dell’Onu, poi perché mandare dei civili senza protezione militare significa votarli al massacro. D’Alema parla di un “pacchetto” d’iniziative a favore della neonata democrazia irachena, di cosa si tratta?
Su questo dovrebbe esercitarsi l’azione politica, anche dell’opposizione, incalzando il governo per accertare se c’è una linea di politica estera condivisa dalla coalizione di maggioranza e per chiedere di guardare dentro il “pacchetto”, per saggiare se vi sono iniziative opportune e per vigilare che non si tratti di un trasferimento di denaro nelle tasche dei terroristi. Sfortunatamente la questione irachena è finita dentro la lunga campagna elettorale, e la faccenda viene oggi gestita con il vincolo delle promesse fatte, all’elettorato ed alle forze radicali della sinistra. Le parole di D’Alema offrono lo spunto per riportare il tema nella giusta sede, anche chiedendo un dibattito parlamentare che avrebbe il pregio di far emergere le contraddizioni e mostrare quali forze politiche, quali uomini e quali menti si concentrano nel ragionare degli interessi del Paese, e quali, invece, si occupano solo di propaganda.
www.davidegiacalone.it
Pubblicato su Libero del 31 maggio 2006
D’Alema interviene e dice: “Intendiamo discutere il rientro del nostro contingente con il nuovo governo iracheno e quindi con gli Stati Uniti”. Bene, ha dimenticato gli inglesi (strano, per un uomo di sinistra), ma va bene. Dice anche che con la sinistra al governo non ci sarà alcuna fuga dall’uso delle armi, e che i militari italiani restano dove sono impegnati, a cominciare dall’Afghanistan e dai Balcani. Mi fa piacere sentirlo, bene. Ma in Iraq che facciamo? Qui le cose si fanno più confuse. Dire che si ritira la missione militare e se ne avvia una civile è privo di senso, intanto perché i militari italiani sono lì in missione di pace, su mandato dell’Onu, poi perché mandare dei civili senza protezione militare significa votarli al massacro. D’Alema parla di un “pacchetto” d’iniziative a favore della neonata democrazia irachena, di cosa si tratta?
Su questo dovrebbe esercitarsi l’azione politica, anche dell’opposizione, incalzando il governo per accertare se c’è una linea di politica estera condivisa dalla coalizione di maggioranza e per chiedere di guardare dentro il “pacchetto”, per saggiare se vi sono iniziative opportune e per vigilare che non si tratti di un trasferimento di denaro nelle tasche dei terroristi. Sfortunatamente la questione irachena è finita dentro la lunga campagna elettorale, e la faccenda viene oggi gestita con il vincolo delle promesse fatte, all’elettorato ed alle forze radicali della sinistra. Le parole di D’Alema offrono lo spunto per riportare il tema nella giusta sede, anche chiedendo un dibattito parlamentare che avrebbe il pregio di far emergere le contraddizioni e mostrare quali forze politiche, quali uomini e quali menti si concentrano nel ragionare degli interessi del Paese, e quali, invece, si occupano solo di propaganda.
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Pubblicato su Libero del 31 maggio 2006
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.