Il vero problema è la contrattazione salariale
Inflazione programmata: scontro inutile
L’inflazione reale è superiore a quella programmata. I conti tornano solo in corso d’operadi Davide Giacalone - 23 giugno 2008
I giornali raccontano di uno scontro, fra cgil e governo, sull’inflazione programmata. E’ uno scontro sul nulla. Il governo la fissa all’1.7, mentre quella attesa è al 3.8, più del doppio. Ma l’inflazione programmata non è l’inflazione prevista, bensì quella che si prende in considerazione per fare i conti degli incrementi salariali. Tanto è vero che dal 2000 ad oggi, con la sola eccezione del 2007, succedendosi governi di diverso colore, l’inflazione reale è sempre stata superiore a quella programmata. Programmarne una inferiore a quella reale (e quest’anno anche sensibilmente inferiore) significa togliere qualche cosa a qualcuno? Mica tanto, perché gli accordi del 1993 prevedono che se l’inflazione reale è, nel biennio, superiore a quella programmata la differenza è riassorbita nel biennio successivo. Quindi, tutta questa roba serve solo a spostare leggermente in avanti il problema.
Ma, allora, perché i governi si ostinano a programmare meno del reale? Perché non possono fare diversamente, visto che agiscono sulla base di vincoli imposti dalla Banca Centrale Europea. Tutti sanno che quei dati sono sottostimati, anche la Bce, ma lo sono anche altri, come le entrate fiscali (ricordate il tesoretto?), quindi i conti si aggiusteranno, dal punto di vista formale, in corso d’opera. Non cambia nulla, invece, da quello sostanziale, perché il nostro problema non è quello di giocare al lotto i numeri dell’inflazione finta e supposta, ma di modificare nel profondo i meccanismi della contrattazione salariale, restituendo spazio alla produttività.
Non facendolo continuiamo a perdere terreno, ci impoveriamo in senso relativo, nel senso che la nostra economia cresce, ma pochino, comunque assai meno di quella dei Paesi direttamente concorrenti, allungando le distanze. Crescendo poco abbiamo poche risorse da distribuire, pochi quattrini da destinare ad investimenti e, quindi, alla ripartenza di consumi e produzioni. Pochi da usare per alleviare il peso insopportabile del debito. Litigare, però, si litiga sul tasso programmato che, appunto, è il nulla che cela il niente.
Ma, allora, perché i governi si ostinano a programmare meno del reale? Perché non possono fare diversamente, visto che agiscono sulla base di vincoli imposti dalla Banca Centrale Europea. Tutti sanno che quei dati sono sottostimati, anche la Bce, ma lo sono anche altri, come le entrate fiscali (ricordate il tesoretto?), quindi i conti si aggiusteranno, dal punto di vista formale, in corso d’opera. Non cambia nulla, invece, da quello sostanziale, perché il nostro problema non è quello di giocare al lotto i numeri dell’inflazione finta e supposta, ma di modificare nel profondo i meccanismi della contrattazione salariale, restituendo spazio alla produttività.
Non facendolo continuiamo a perdere terreno, ci impoveriamo in senso relativo, nel senso che la nostra economia cresce, ma pochino, comunque assai meno di quella dei Paesi direttamente concorrenti, allungando le distanze. Crescendo poco abbiamo poche risorse da distribuire, pochi quattrini da destinare ad investimenti e, quindi, alla ripartenza di consumi e produzioni. Pochi da usare per alleviare il peso insopportabile del debito. Litigare, però, si litiga sul tasso programmato che, appunto, è il nulla che cela il niente.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.