Un quadretto italiano riassunto in poche parole
Incongruità sociali e assurdità giuridiche
La decisione della Cassazione sull’obbligo di assistenza a una figlia di 26 annidi Davide Giacalone - 13 aprile 2006
E’ bene ripeterlo: la Corte di Cassazione si esprime su fatti concreti, su casi specifici, ed estrapolare una decisione dal suo contesto può trarre in errore, come contestai all’epoca della sentenza su jeans e violenza carnale. Ripetutolo, però, rimane significativo che ad un genitore separato sia stato imposto di continuare a mantenere la figlia di 26 anni, laureanda in biologia. La ragione, sostenuta dalla madre e condivisa dai giudici, è che trovare lavoro è difficile, quindi rimane l’obbligo dell’assistenza. Un bel quadretto italiano, riassunto in poche parole.
A 26 anni la fanciulla è laureanda, il che significa che, benché non fosse distratta dal dovere lavorare, comunque non ha chiuso per tempo gli studi. Siamo quasi tutti nati lo scorso secolo, ma non è passato un secolo da quando mio padre, più che giustamente sosteneva che se avessi continuato a studiare, dopo la maggiore età, considerava suo dovere mantenermi, ma in caso contrario sarebbe stato bene trovassi un lavoro. Non è una questione d’affetto, per i figli si farebbe tutto, ma, per il loro bene, ad un certo punto si deve anche far capire che non si può stare a balia tutta la vita.
Certo, dicono madre e figlia, trovare lavoro non è facile. Certo, ma forse occorre anche capirsi su cosa s’intende per lavoro. Se la signorina pensa di laurearsi con comodo e, una volta ottenuto il pezzo di carta, aspirare all’immediata chiamata a dirigere ricerche biologiche, a tempo pieno, indeterminato e ben pagato, con tanto di ferie e ponti, talché possa anche mettere al mondo tanti bei frugoletti cui non far mancare l’amore materno, beh è meglio si cerchi qualcuno che la mantenga quando babbo sarà morto. Si può anche lavorare in modo diverso, meno stabile, sempre disponibili ad imparare nuove cose, senza essere inchiodati all’orribile pregiudizio che debba esserci una corrispondenza, professionale, sociale ed economica, fra quel che si è studiato e quel che si farà. Si può lavorare anche mentre si studia, facendo lavori che non occupano troppo tempo e troppa testa, ma consentono di mettere in tasca qualche soldo.
Invece no, il lavoro è solo quello fisso ed eterno, e dato che non lo si trova (e non lo si troverà) si chiede di essere mantenuti. Magari il padre è in pensione, o si appresta ad andarci, così la collettività alleva un’intera famiglia di mantenuti, il cui costo ricade su quei pirla che lavorano comunque, anche senza troppe garanzie.
Non conosco il caso specifico, non conosco la ragazza ed i suoi genitori, la Cassazione avrà certamente giudicato per il meglio, non discuto. Ma quel tipo di atteggiamento riguarda tanti altri giovani, ed affligge tante altre famiglie, cui qualcuno deve anche dire, prima o dopo, che non possiamo tutti vivere sulle spalle degli avi, anche perché sono loro ad avere contratto l’enorme debito pubblico che ci tocca pagare.
www.davidegiacalone.it
A 26 anni la fanciulla è laureanda, il che significa che, benché non fosse distratta dal dovere lavorare, comunque non ha chiuso per tempo gli studi. Siamo quasi tutti nati lo scorso secolo, ma non è passato un secolo da quando mio padre, più che giustamente sosteneva che se avessi continuato a studiare, dopo la maggiore età, considerava suo dovere mantenermi, ma in caso contrario sarebbe stato bene trovassi un lavoro. Non è una questione d’affetto, per i figli si farebbe tutto, ma, per il loro bene, ad un certo punto si deve anche far capire che non si può stare a balia tutta la vita.
Certo, dicono madre e figlia, trovare lavoro non è facile. Certo, ma forse occorre anche capirsi su cosa s’intende per lavoro. Se la signorina pensa di laurearsi con comodo e, una volta ottenuto il pezzo di carta, aspirare all’immediata chiamata a dirigere ricerche biologiche, a tempo pieno, indeterminato e ben pagato, con tanto di ferie e ponti, talché possa anche mettere al mondo tanti bei frugoletti cui non far mancare l’amore materno, beh è meglio si cerchi qualcuno che la mantenga quando babbo sarà morto. Si può anche lavorare in modo diverso, meno stabile, sempre disponibili ad imparare nuove cose, senza essere inchiodati all’orribile pregiudizio che debba esserci una corrispondenza, professionale, sociale ed economica, fra quel che si è studiato e quel che si farà. Si può lavorare anche mentre si studia, facendo lavori che non occupano troppo tempo e troppa testa, ma consentono di mettere in tasca qualche soldo.
Invece no, il lavoro è solo quello fisso ed eterno, e dato che non lo si trova (e non lo si troverà) si chiede di essere mantenuti. Magari il padre è in pensione, o si appresta ad andarci, così la collettività alleva un’intera famiglia di mantenuti, il cui costo ricade su quei pirla che lavorano comunque, anche senza troppe garanzie.
Non conosco il caso specifico, non conosco la ragazza ed i suoi genitori, la Cassazione avrà certamente giudicato per il meglio, non discuto. Ma quel tipo di atteggiamento riguarda tanti altri giovani, ed affligge tante altre famiglie, cui qualcuno deve anche dire, prima o dopo, che non possiamo tutti vivere sulle spalle degli avi, anche perché sono loro ad avere contratto l’enorme debito pubblico che ci tocca pagare.
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L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.