La sindrome del trasformismo senza contenuti
Incoerenti allo sbaraglio
Fini/Berlusconi. Sarà la quiete prima dell'ultima tempesta?di Davide Giacalone - 03 maggio 2010
Fini e Berlusconi hanno rotto per sempre? La moderazione del primo è il segno che stanno ricucendo? Sono al lavoro i pontieri? Sono stati ritirati i guastatori? O è solo la quiete prima dell’ultima tempesta, a Italo Bocchino piacendo? Ecco tante belle domande di cui non frega quasi niente a quasi nessuno.
Più passano i giorni più sembra ridicolo il modo in cui è stato raccontato un battibecco in sede di partito, raffigurato come una rissa terrificante, con spreco d’ingiurie e sediate, ovvero quel che capita in tutti i partiti democratici del mondo, e che, invece, s’era incarnata in un ben più modesto: “che fai? mi cacci?”.
Con l’altro che non ha neanche pronunciato quel che aveva sulla punta della lingua: sì, volentieri. La scena è stata nei commenti dei bar, ma solo di sfuggita. Gli italiani, su questa roba, non è che non ci perdono il sonno, è che non ci perdono il tempo. Qualunquismo e menefreghismo? No, assenza di contenuti. Una persona normale può parteggiare per un’idea, ma non c’è motivo si scaldi troppo per chi non solo non si occupa, ma neanche conosce i problemi della vita quotidiana.
br> Non si tratta del solito distacco dalle cose della politica, cui, invece, molti cittadini parteciperebbero volentieri, ma di un male più profondo e pericoloso: il trasformismo senza contenuti, o, peggio ancora, i contenuti al servizio del trasformismo. Già, perché la tattica politica ha sempre avuto qualche cosa di contorto, che, con dosi massicce d’ipocrisia, si tende a condannare. C’è sempre stato il politico che, volendo ottenere una determinata cosa, si alleava con forze da lui distanti, ma utili a quello scopo. Cinismo? Ma no, è normale anche nella vita di ciascuno di noi, come “parlare a nuora perché suocera intenda”, o “dare un colpo al cerchio e uno alla botte”.
Il fatto è che, sulla scena attuale, c’è pochissima gente che ha una qualche idea di quel che vuole ottenere, nel concreto, ma, prediligendo restare dove si trova, è pronta a sostenere qualsiasi tesi. Ci sono quelli partiti anticlericali e radicali che fanno la fila per baciare pantofole, anelli, mani, ogni cosa, pur di non andare via. Ci sono quelli che partirono a braccio teso, chiedendo l’Europa nazione e l’Italia agli italiani, che mo’ vogliono aprire le frontiere e accogliere tanti fratelli dalla diversa pigmentazione (“negri”, li chiamavano nel film “Indovina chi viene a cena”, “negro” era l’angelo che Fausto Leali cantava, quando noi ci battevamo contro il razzismo di quelli che ora pretendono di darci del razzista). Ci sono quelli che volevano il socialismo e ora lamentano l’assenza di mercato.
Quelli che “le tasse sono belle”, ma ora che non governano devono diminuire, altrimenti si gode troppo. Quelli che “le tasse sono una rapina”, ma ora che governano può aumentare la pressione fiscale. E tutta questa brava gente che proclama bischerate a due a due finché non fanno dispari, che afferma, tonitruante, roba orecchiata, tutti questi professionisti del “qui sto e con il cavolo che mi mandate via”, pretendono che qualcuno s’appassioni alle loro faccende poco fattive.
In assenza di contenuti, idee, proposte, scarseggiando le persone che sentono la coerenza come una virtù, come l’incarnazione dell’onestà in politica, abbondando i chiacchieroni, che accettano suggestioni anche su come vestirsi, va a finire che la naturale tendenza alle divisioni politiche, che da noi s’accompagna all’individualismo collettivista (che ci fa vedere “compagni” fra gli omologhi e “massa” di venduti o rincoglioniti fra chi la pensa diversamente), diventa terreno buono per attivisti dell’odio e della decomposizione, ciascuno impegnato a rendere estremista lo schieramento nel quale si trova.
Guardatevi attorno, a destra come a sinistra, e ditemi se ne trovate tanti che, negli anni, hanno tenuto posizioni vagamente coerenti. Per capirci, seguite la seguente scenetta: nel 2001 la sinistra cambia la Costituzione (scassandola) con una maggioranza risicatissima; da quel momento in poi sostiene che le riforme devono essere “condivise”, “frutto del dialogo” e “non a colpi di maggioranza”; giorni addietro Silvio Berlusconi ha abbracciato questa tesi, non per questo spiegando cosa ha in mente; Pierluigi Bersani ha reagito affermando che “con Berlusconi le riforme sono impossibili”. Sembra uno scherzo, invece è lo stato confusionale in cui si trova l’opposizione, non compensato dalla lucida e determinata univocità che manca alla maggioranza.
A tutto questo si può anche fare l’abitudine, ci si può anche rassegnare, tanto, fra poco, arriva l’estate. Ma assieme alla bella stagione arrivano al pettine tanti nodi non risolti. Con l’autunno sarà acuito il dolore di una crisi dalla quale ci riprendiamo troppo poco, mentre il mercato del lavoro regredisce. Servirà a poco, quel giorno, dire che si è pronti al dialogo. Sarebbe meglio, assai prima, avere qualche cosa (di serio) da dirsi.
Con l’altro che non ha neanche pronunciato quel che aveva sulla punta della lingua: sì, volentieri. La scena è stata nei commenti dei bar, ma solo di sfuggita. Gli italiani, su questa roba, non è che non ci perdono il sonno, è che non ci perdono il tempo. Qualunquismo e menefreghismo? No, assenza di contenuti. Una persona normale può parteggiare per un’idea, ma non c’è motivo si scaldi troppo per chi non solo non si occupa, ma neanche conosce i problemi della vita quotidiana.
br> Non si tratta del solito distacco dalle cose della politica, cui, invece, molti cittadini parteciperebbero volentieri, ma di un male più profondo e pericoloso: il trasformismo senza contenuti, o, peggio ancora, i contenuti al servizio del trasformismo. Già, perché la tattica politica ha sempre avuto qualche cosa di contorto, che, con dosi massicce d’ipocrisia, si tende a condannare. C’è sempre stato il politico che, volendo ottenere una determinata cosa, si alleava con forze da lui distanti, ma utili a quello scopo. Cinismo? Ma no, è normale anche nella vita di ciascuno di noi, come “parlare a nuora perché suocera intenda”, o “dare un colpo al cerchio e uno alla botte”.
Il fatto è che, sulla scena attuale, c’è pochissima gente che ha una qualche idea di quel che vuole ottenere, nel concreto, ma, prediligendo restare dove si trova, è pronta a sostenere qualsiasi tesi. Ci sono quelli partiti anticlericali e radicali che fanno la fila per baciare pantofole, anelli, mani, ogni cosa, pur di non andare via. Ci sono quelli che partirono a braccio teso, chiedendo l’Europa nazione e l’Italia agli italiani, che mo’ vogliono aprire le frontiere e accogliere tanti fratelli dalla diversa pigmentazione (“negri”, li chiamavano nel film “Indovina chi viene a cena”, “negro” era l’angelo che Fausto Leali cantava, quando noi ci battevamo contro il razzismo di quelli che ora pretendono di darci del razzista). Ci sono quelli che volevano il socialismo e ora lamentano l’assenza di mercato.
Quelli che “le tasse sono belle”, ma ora che non governano devono diminuire, altrimenti si gode troppo. Quelli che “le tasse sono una rapina”, ma ora che governano può aumentare la pressione fiscale. E tutta questa brava gente che proclama bischerate a due a due finché non fanno dispari, che afferma, tonitruante, roba orecchiata, tutti questi professionisti del “qui sto e con il cavolo che mi mandate via”, pretendono che qualcuno s’appassioni alle loro faccende poco fattive.
In assenza di contenuti, idee, proposte, scarseggiando le persone che sentono la coerenza come una virtù, come l’incarnazione dell’onestà in politica, abbondando i chiacchieroni, che accettano suggestioni anche su come vestirsi, va a finire che la naturale tendenza alle divisioni politiche, che da noi s’accompagna all’individualismo collettivista (che ci fa vedere “compagni” fra gli omologhi e “massa” di venduti o rincoglioniti fra chi la pensa diversamente), diventa terreno buono per attivisti dell’odio e della decomposizione, ciascuno impegnato a rendere estremista lo schieramento nel quale si trova.
Guardatevi attorno, a destra come a sinistra, e ditemi se ne trovate tanti che, negli anni, hanno tenuto posizioni vagamente coerenti. Per capirci, seguite la seguente scenetta: nel 2001 la sinistra cambia la Costituzione (scassandola) con una maggioranza risicatissima; da quel momento in poi sostiene che le riforme devono essere “condivise”, “frutto del dialogo” e “non a colpi di maggioranza”; giorni addietro Silvio Berlusconi ha abbracciato questa tesi, non per questo spiegando cosa ha in mente; Pierluigi Bersani ha reagito affermando che “con Berlusconi le riforme sono impossibili”. Sembra uno scherzo, invece è lo stato confusionale in cui si trova l’opposizione, non compensato dalla lucida e determinata univocità che manca alla maggioranza.
A tutto questo si può anche fare l’abitudine, ci si può anche rassegnare, tanto, fra poco, arriva l’estate. Ma assieme alla bella stagione arrivano al pettine tanti nodi non risolti. Con l’autunno sarà acuito il dolore di una crisi dalla quale ci riprendiamo troppo poco, mentre il mercato del lavoro regredisce. Servirà a poco, quel giorno, dire che si è pronti al dialogo. Sarebbe meglio, assai prima, avere qualche cosa (di serio) da dirsi.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.