Dibattito profondo sul futuro di un partito
Il sogno di mezza estate della destra
I travagli all'interno di An per trovare un nuovo punto di partenza. E Anche un arrivodi Elio Di Caprio - 29 luglio 2006
Come in tutti i partiti che si rispettano anche in An ferve nella pausa estiva un approfondito dibattito sulle prospettive future di una formazione politica che rischia, senza un “colpo d"ala” (ma fa ancora in tempo?) di perdere la strada ed i consensi fin qui ottenuti dopo la travagliata esperienza nel governo di centrodestra della scorsa legislatura.
Lasciando perdere le diatribe interne di potere tra i “colonnelli” di AN – non sono né gerarchi, né ras locali – merita certo attenzione quello che si agita all"interno del partito nella scelta di quali interessi e valori rappresentare nell"Italia di oggi.
Un"Italia che sta subendo una profonda trasformazione antropologica che disorienta un po" tutti. I nostri partiti post ideologici , o post qualcosa, sono tutti alle prese con il problema di saper interpretare le spinte di lungo termine di una società irrequieta dove le mediazioni diventano sempre più difficili.
An non è il Psi autonomo degli anni "80 che ambiva ad interporsi come terza forza tra i grandi partiti di allora della Dc e del Pci, fidando sulla forte leadership di Craxi e sul suo progetto “modernizzatore “ .
A Gianfranco Fini, a differenza di Craxi, non è mai stata data – e forse non sarà mai data – l"occasione di giocare fin in fondo la sua partita in prima persona da Presidente del Consiglio, nonostante sia ancora percepito dall"opinione pubblica come uno dei leader più autorevoli e popolari.
An, come il vecchio Psi , non riesce ad andare oltre la soglia del 13% dei suffragi elettorali. Una volta al governo ha però mostrato subito le crepe – di carattere culturale soprattutto – di una sostanziale impreparazione a gestire e a far percepire dall"opinione pubblica un suo proprio profilo autonomo e un distinto spessore nell"ambito dell"ammucchiata di centrodestra. L"Udc di Follini e Casini, è riuscita molto meglio in tale intento rifiutando di farsi condizionare oltre misura dalle costrizioni del berlusconismo e del suo linguaggio politico (forse l"esperienza della vecchia Dc è valsa a qualcosa).
Alleanza Nazionale vive da tempo un suo dramma, che va rispettato, di non saper o potere scegliere tra la comoda posizione gregaria fin qui tenuta, che le ha comunque consentito di andare al governo del Paese, e una via autonoma nella coalizione di cui fa parte per potersi un domani giocare la leadership dell"intero centrodestra.
Ci sono le condizioni per quest"ultima prospettiva in tempi ragionevoli?
Certo la base elettorale è molto cambiata per un partito di ex militanti che si sforza di allargare il consenso per diventare un grande partito di opinione e di orientamenti diffusi.
Ma basta approdare nella casa comune del Partito Popolare Europeo, assieme a Forza Italia ed agli ex DC, per acquisire tutti i titoli a presentarsi “strategicamente” all"interno della realtà italiana come il vero partito conservatore di domani? Magari contando sulla sola personalità di Fini?
Nel documento programmatico approntato dal Presidente del partito per dare una scossa ed un “nuovo inizio” ad An non si trova di meglio che l"auspicio (ancora velleitario) a diventare partito-polo della coalizione di centrodestra per “coprire” da destra anche l"elettorato d"opinione di centro, considerato strategicamente “centrale” per ogni prospettiva di affermazione futura.
Siamo a questo risultato dopo un quinquennio di governo speso in sott"ordine rispetto ad una conduzione egemonica di Forza Italia e Lega sulle questioni più importanti per il Paese?
Ma se An non è più destra sociale (un ossimoro e una contraddizione per coloro i quali hanno sempre collocato il vecchio Msi nella destra reazionaria tout court) o destra nazionale, già costretta a convivere ( per tattica o strategia?) con un partito regionalista ed antistatale come la Lega, cosa è o vuole diventare senza perdere l"anima?
A differenza dei Ds Alleanza nazionale non ha un"ideologia da cui prendere le distanze e da sostituire in nome della modernità.
Ma è priva di idee forza, è ancora a metà del guado. Pesano i condizionamenti e i compromessi subiti nei cinque anni del governo Berlusconi. Nella confusione della transizione italiana An può essere superata “a destra” dall"intransigente moralismo giustizialista di un Di Pietro o dalle istanze liberali ed occidentaliste di una Emma Bonino.
L"approdo di An nell"ambito del partito popolare europeo è visto dai suoi dirigenti come una via d"uscita, una svolta salvifica di ampio respiro che consente al partito di continuare a contare ancora per il futuro. Ma tale “svolta” serve solo a nascondere gli errori passati, se non vengono prima chiarite a monte nuove linee guida di collocazione politica dopo la deludente esperienza nel governo Berlusconi.
Lasciando perdere le diatribe interne di potere tra i “colonnelli” di AN – non sono né gerarchi, né ras locali – merita certo attenzione quello che si agita all"interno del partito nella scelta di quali interessi e valori rappresentare nell"Italia di oggi.
Un"Italia che sta subendo una profonda trasformazione antropologica che disorienta un po" tutti. I nostri partiti post ideologici , o post qualcosa, sono tutti alle prese con il problema di saper interpretare le spinte di lungo termine di una società irrequieta dove le mediazioni diventano sempre più difficili.
An non è il Psi autonomo degli anni "80 che ambiva ad interporsi come terza forza tra i grandi partiti di allora della Dc e del Pci, fidando sulla forte leadership di Craxi e sul suo progetto “modernizzatore “ .
A Gianfranco Fini, a differenza di Craxi, non è mai stata data – e forse non sarà mai data – l"occasione di giocare fin in fondo la sua partita in prima persona da Presidente del Consiglio, nonostante sia ancora percepito dall"opinione pubblica come uno dei leader più autorevoli e popolari.
An, come il vecchio Psi , non riesce ad andare oltre la soglia del 13% dei suffragi elettorali. Una volta al governo ha però mostrato subito le crepe – di carattere culturale soprattutto – di una sostanziale impreparazione a gestire e a far percepire dall"opinione pubblica un suo proprio profilo autonomo e un distinto spessore nell"ambito dell"ammucchiata di centrodestra. L"Udc di Follini e Casini, è riuscita molto meglio in tale intento rifiutando di farsi condizionare oltre misura dalle costrizioni del berlusconismo e del suo linguaggio politico (forse l"esperienza della vecchia Dc è valsa a qualcosa).
Alleanza Nazionale vive da tempo un suo dramma, che va rispettato, di non saper o potere scegliere tra la comoda posizione gregaria fin qui tenuta, che le ha comunque consentito di andare al governo del Paese, e una via autonoma nella coalizione di cui fa parte per potersi un domani giocare la leadership dell"intero centrodestra.
Ci sono le condizioni per quest"ultima prospettiva in tempi ragionevoli?
Certo la base elettorale è molto cambiata per un partito di ex militanti che si sforza di allargare il consenso per diventare un grande partito di opinione e di orientamenti diffusi.
Ma basta approdare nella casa comune del Partito Popolare Europeo, assieme a Forza Italia ed agli ex DC, per acquisire tutti i titoli a presentarsi “strategicamente” all"interno della realtà italiana come il vero partito conservatore di domani? Magari contando sulla sola personalità di Fini?
Nel documento programmatico approntato dal Presidente del partito per dare una scossa ed un “nuovo inizio” ad An non si trova di meglio che l"auspicio (ancora velleitario) a diventare partito-polo della coalizione di centrodestra per “coprire” da destra anche l"elettorato d"opinione di centro, considerato strategicamente “centrale” per ogni prospettiva di affermazione futura.
Siamo a questo risultato dopo un quinquennio di governo speso in sott"ordine rispetto ad una conduzione egemonica di Forza Italia e Lega sulle questioni più importanti per il Paese?
Ma se An non è più destra sociale (un ossimoro e una contraddizione per coloro i quali hanno sempre collocato il vecchio Msi nella destra reazionaria tout court) o destra nazionale, già costretta a convivere ( per tattica o strategia?) con un partito regionalista ed antistatale come la Lega, cosa è o vuole diventare senza perdere l"anima?
A differenza dei Ds Alleanza nazionale non ha un"ideologia da cui prendere le distanze e da sostituire in nome della modernità.
Ma è priva di idee forza, è ancora a metà del guado. Pesano i condizionamenti e i compromessi subiti nei cinque anni del governo Berlusconi. Nella confusione della transizione italiana An può essere superata “a destra” dall"intransigente moralismo giustizialista di un Di Pietro o dalle istanze liberali ed occidentaliste di una Emma Bonino.
L"approdo di An nell"ambito del partito popolare europeo è visto dai suoi dirigenti come una via d"uscita, una svolta salvifica di ampio respiro che consente al partito di continuare a contare ancora per il futuro. Ma tale “svolta” serve solo a nascondere gli errori passati, se non vengono prima chiarite a monte nuove linee guida di collocazione politica dopo la deludente esperienza nel governo Berlusconi.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.