Il convegno di geopolitica promosso da “Limes”
Il mondo (e l'Italia?) dopo Wall Street
Siamo già all'inizio di una nuova fase storica?di Elio Di Caprio - 27 ottobre 2008
E" troppo presto per parlare di “dopo Wall Street” per il mondo (e per l"Italia) come invece fa il mensile Limes che martedì in un convegno ne discute, tra gli altri, con Gianni Alemanno, Enrico Letta e Fausto Bertinotti? La tentazione di ogni pubblicazione di geopolitica come Limes è quella di guardare oltre gli avvenimenti immediati e di accorciare il futuro allineandolo a delle previsioni il più possibile fondate.
L"altra rivista di geopolitica di destra, Imperium, aveva già parlato nei mesi scorsi di “global flop” alle prime avvisaglie degli scricchiolii di Wall Street. E" piuttosto complicato, ma non inutile, interrogarsi sugli scenari che potranno conseguire agli sconvolgimenti in atto. Cosa faranno gli USA e l"Europa e la Russia e la Cina e i Paesi produttori di petrolio, tutti in vario modo coinvolti per mille connessioni nella crisi finanziaria globale? Che fine farà la lotta al terrorismo internazionale e come saranno contenuti i vari conflitti endemici a partire da quelli del Medio Oriente? Nessuno si illude più che basti un cambio di presidenza negli USA per rimettere le cose a posto.
Tra storia passata e previsioni sul futuro le informazioni che abbiamo servono a poco, non servono neanche a valutare la gravità della crisi. Appaiono piuttosto temerari a tal proposito i messaggi di Silvio Berlusconi che continua a ripetere che siamo in una situazione diametralmente opposta a quella del "29. Nessuno ha ricordato al nostro Presidente del Consiglio che negli ultimi anni gli USA sono vissuti con un"esposizione debitoria del 300%, tre volte il PIL, e questo rapporto era del 240% nel periodo immediatamente precedente la crisi del "29. Cosa vuol dire ciò? Che tutto può continuare come prima come se si trattasse di una crisi passeggera? Sono sempre più pochi a pensarlo.
Ma al di là dell"allarmismo e del panico qualche riflessione sui possibili cambiamenti può essere già fatta.
Pensavamo ( a ragione) che le ideologie fossero tramontate a fronte del pensiero unico globale di fonte americana che negli ultimi anni ha contagiato persino la Cina e la Russia e ci accorgiamo che forse non è vero, forse le ideologie possono tornare sotto altre forme. L"intuizione fondamentale di Carl Marx che ogni assetto economico produce una sua propria sovrastruttura ideologica può avere ancora una sua validità per interrogarci su come le varie popolazioni riusciranno a digerire e ad adattarsi agli assetti futuri del mondo, sia che prevalga ancora un sistema centrale di riferimento, come è stato finora quello degli USA, sia che emergano più poli di potenza economica e finanziaria che si condizioneranno vicendevolmente.
Già si parla, ad esempio, di un capitalismo alla cinese, di tradizione confuciana-autoritaria, che potrebbe sopravanzare ( quando?) quello tradizionale di matrice anglo-sassone e americana. Se così fosse ciò comporterebbe anche profondi rivolgimenti sul piano geopolitico con conseguenze enormi nei rapporti di forza internazionali. Pensavamo che dopo la sconfitta ideologica e pratica del comunismo la lotta di classe fosse da mettere in soffitta per sempre – salvo che non venga accettata la predizione alla Toni Negri di una lotta di classe universale e no global degli emarginati di tutto il mondo contro i potenti-capitalisti di sempre- e forse anche qui ci siamo sbagliati.
Può riapparire la lotta di classe all"interno degli Stati quando lo sviluppo si interrompe e, come sta succedendo in gran parte del mondo sviluppato, le differenze di reddito tra ceti e classi aumentano invece di diminuire : la crisi del ceto-medio che ha retto l"equilibrio sociale complessivo rischia di minare la convivenza civile in più di un"area. Pensavamo che il nazionalismo non avesse più credito storico dopo due guerre mondiali devastanti con milioni di morti ed assistiamo invece all"inizio di un processo di difesa e di protezione se non delle frontiere fisiche di quelle della civiltà e del benessere finora acquisito. Le Borse cadono e ognuno va per conto proprio per assicurare liquidità al sistema economico interno. E domani? Se non altro da ora in poi tutti gli Stati saranno più attenti a tutelare le proprie comunità, a non farsi infettare da un virus di partenza conosciuto, come quello di Wall Street, che può determinare a cascata disastri sconosciuti.
Pensavamo che lo sviluppo economico globale, l"unica “ideologia” sopravvissuta, fosse destinato a fare giustizia delle credenze religiose in un mondo reso finalmente laico dalla comune corsa al benessere massimo possibile su questa terra e invece l"affiorare di vari fondamentalismi, religiosi e non, ci dicono che le crisi gravi non possono essere risolte dalla pura razionalità. Senza farsi intrappolare da una da una futurologia astratta di una cosa però possiamo essere sicuri: il giro di boa riguarda tutti noi, Italia compresa. Prima ne prendiamo atto e meglio è.
L"altra rivista di geopolitica di destra, Imperium, aveva già parlato nei mesi scorsi di “global flop” alle prime avvisaglie degli scricchiolii di Wall Street. E" piuttosto complicato, ma non inutile, interrogarsi sugli scenari che potranno conseguire agli sconvolgimenti in atto. Cosa faranno gli USA e l"Europa e la Russia e la Cina e i Paesi produttori di petrolio, tutti in vario modo coinvolti per mille connessioni nella crisi finanziaria globale? Che fine farà la lotta al terrorismo internazionale e come saranno contenuti i vari conflitti endemici a partire da quelli del Medio Oriente? Nessuno si illude più che basti un cambio di presidenza negli USA per rimettere le cose a posto.
Tra storia passata e previsioni sul futuro le informazioni che abbiamo servono a poco, non servono neanche a valutare la gravità della crisi. Appaiono piuttosto temerari a tal proposito i messaggi di Silvio Berlusconi che continua a ripetere che siamo in una situazione diametralmente opposta a quella del "29. Nessuno ha ricordato al nostro Presidente del Consiglio che negli ultimi anni gli USA sono vissuti con un"esposizione debitoria del 300%, tre volte il PIL, e questo rapporto era del 240% nel periodo immediatamente precedente la crisi del "29. Cosa vuol dire ciò? Che tutto può continuare come prima come se si trattasse di una crisi passeggera? Sono sempre più pochi a pensarlo.
Ma al di là dell"allarmismo e del panico qualche riflessione sui possibili cambiamenti può essere già fatta.
Pensavamo ( a ragione) che le ideologie fossero tramontate a fronte del pensiero unico globale di fonte americana che negli ultimi anni ha contagiato persino la Cina e la Russia e ci accorgiamo che forse non è vero, forse le ideologie possono tornare sotto altre forme. L"intuizione fondamentale di Carl Marx che ogni assetto economico produce una sua propria sovrastruttura ideologica può avere ancora una sua validità per interrogarci su come le varie popolazioni riusciranno a digerire e ad adattarsi agli assetti futuri del mondo, sia che prevalga ancora un sistema centrale di riferimento, come è stato finora quello degli USA, sia che emergano più poli di potenza economica e finanziaria che si condizioneranno vicendevolmente.
Già si parla, ad esempio, di un capitalismo alla cinese, di tradizione confuciana-autoritaria, che potrebbe sopravanzare ( quando?) quello tradizionale di matrice anglo-sassone e americana. Se così fosse ciò comporterebbe anche profondi rivolgimenti sul piano geopolitico con conseguenze enormi nei rapporti di forza internazionali. Pensavamo che dopo la sconfitta ideologica e pratica del comunismo la lotta di classe fosse da mettere in soffitta per sempre – salvo che non venga accettata la predizione alla Toni Negri di una lotta di classe universale e no global degli emarginati di tutto il mondo contro i potenti-capitalisti di sempre- e forse anche qui ci siamo sbagliati.
Può riapparire la lotta di classe all"interno degli Stati quando lo sviluppo si interrompe e, come sta succedendo in gran parte del mondo sviluppato, le differenze di reddito tra ceti e classi aumentano invece di diminuire : la crisi del ceto-medio che ha retto l"equilibrio sociale complessivo rischia di minare la convivenza civile in più di un"area. Pensavamo che il nazionalismo non avesse più credito storico dopo due guerre mondiali devastanti con milioni di morti ed assistiamo invece all"inizio di un processo di difesa e di protezione se non delle frontiere fisiche di quelle della civiltà e del benessere finora acquisito. Le Borse cadono e ognuno va per conto proprio per assicurare liquidità al sistema economico interno. E domani? Se non altro da ora in poi tutti gli Stati saranno più attenti a tutelare le proprie comunità, a non farsi infettare da un virus di partenza conosciuto, come quello di Wall Street, che può determinare a cascata disastri sconosciuti.
Pensavamo che lo sviluppo economico globale, l"unica “ideologia” sopravvissuta, fosse destinato a fare giustizia delle credenze religiose in un mondo reso finalmente laico dalla comune corsa al benessere massimo possibile su questa terra e invece l"affiorare di vari fondamentalismi, religiosi e non, ci dicono che le crisi gravi non possono essere risolte dalla pura razionalità. Senza farsi intrappolare da una da una futurologia astratta di una cosa però possiamo essere sicuri: il giro di boa riguarda tutti noi, Italia compresa. Prima ne prendiamo atto e meglio è.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.