La politca e il paese reale
Il lavoro nodo centrale del nuovo governo
La Ue stima che la disoccupazione crescerà dal 10,6% del 2012 all’11,6% quest’anno per assestarsi all’11,4% nel 2014.di Enrico Cisnetto - 24 febbraio 2013
Il lavoro. Sono pronto a scommettere che, dopo le elezioni, il tema più spinoso per la formazione del governo, e per la sua tenuta una volta varato, sarà quello del mercato del lavoro. Da un lato, infatti, c’è la pressione che, drammaticamente, viene dalla disoccupazione crescente: 186 mila posti perduti nell’industria nei soli ultimi due mesi del 2012, che hanno portato i senza lavoro alla cifra record di 2,9 milioni, cui si aggiungono mezzo milione di persone in cassa integrazione a zero ore e 1,6 milioni di scoraggiati (chi non cerca occupazione perché pensa di non trovarla). Peraltro, la Ue stima che la disoccupazione crescerà ancora, passando dal 10,6% del 2012 all’11,6% quest’anno per assestarsi all’11,4% nel 2014.
Stime che combaciano con quelle di Federmeccanica, secondo la quale il 28% delle aziende del settore prevede tagli del personale nei primi sei mesi del 2013 (diventano il 22% al netto del 6% che intende assumere, cifra doppia rispetto ai due anni precedenti). Dall’altro lato, ci sono le polemiche che si trascina dietro la riforma Fornero, rinfocolate dalla Cgil – che già stima che i tre milioni di persone con contratti a termine e collaborazioni siano tutti precari e che ci sia un milione e mezzo di lavoratori part time “obbligato” – di fronte ai dati del boom nel 2012 delle partite Iva. Ne sono state aperte 549 mila (+2,2% sul 2011), il 38,5% delle quali riguardano giovani under 35. Cosa che induce il sindacato guidato dalla Camusso a parlare di “precari costretti dalle aziende, pena la perdita del lavoro”. Ora, è certo che l’aumento del numero delle partite Iva in capo ai giovani sia attribuibile ad autonomi che lavorano per un solo committente, nonostante le misure restrittive introdotte dalla Fornero, ma è la causa indicata ad essere sbagliata: le aziende non lo fanno per cinismo, ma sono costrette a chiedere di usare questa modalità per evitare di fallire.
Ma è proprio in questa diversa ottica, che divarica la sinistra tra Pd e Sel e dentro il Pd separa gli ortodossi Cgil dai riformisti (per non parlare del Centro, che con Ichino marcherà le differenze con chi ha certi riflessi condizionati nei confronti del sindacato), a farmi credere che il tema del mercato del lavoro sarà uno degli scogli più difficili da superare, se non il più difficile, da parte del governo che verrà. Anche perché, l’ennesimo anno di recessione (le stime più recenti parlano di un altro -1%, che porterebbe a otto punti e mezzo in sei anni, cioè oltre 130 miliardi, il livello di ricchezza bruciata dalla crisi) e il conseguente incremento della disoccupazione, spingeranno l’Europa a chiederci, come ha già fatto il commissario all’occupazione Lazlo Andor, di agire sul fronte delle riforme per rendere il mercato del lavoro più inclusivo e aperto alle categorie sociali più colpite (donne con bambini, giovani, persone non qualificate). E questo peserà non poco sul dibattito politico, sia che si faccia un governo di centro-sinistra, sia, a maggior ragione, che si faccia un governo di “piccola coalizione” (Bersani-Monti) o di “grande coalizione” (incluso Pdl). Purtroppo, a conclusione della più brutta campagna elettorale della storia repubblicana, da lunedì saremo costretti a tornare alla dura realtà della crisi. E sarà un brusco risveglio.
Stime che combaciano con quelle di Federmeccanica, secondo la quale il 28% delle aziende del settore prevede tagli del personale nei primi sei mesi del 2013 (diventano il 22% al netto del 6% che intende assumere, cifra doppia rispetto ai due anni precedenti). Dall’altro lato, ci sono le polemiche che si trascina dietro la riforma Fornero, rinfocolate dalla Cgil – che già stima che i tre milioni di persone con contratti a termine e collaborazioni siano tutti precari e che ci sia un milione e mezzo di lavoratori part time “obbligato” – di fronte ai dati del boom nel 2012 delle partite Iva. Ne sono state aperte 549 mila (+2,2% sul 2011), il 38,5% delle quali riguardano giovani under 35. Cosa che induce il sindacato guidato dalla Camusso a parlare di “precari costretti dalle aziende, pena la perdita del lavoro”. Ora, è certo che l’aumento del numero delle partite Iva in capo ai giovani sia attribuibile ad autonomi che lavorano per un solo committente, nonostante le misure restrittive introdotte dalla Fornero, ma è la causa indicata ad essere sbagliata: le aziende non lo fanno per cinismo, ma sono costrette a chiedere di usare questa modalità per evitare di fallire.
Ma è proprio in questa diversa ottica, che divarica la sinistra tra Pd e Sel e dentro il Pd separa gli ortodossi Cgil dai riformisti (per non parlare del Centro, che con Ichino marcherà le differenze con chi ha certi riflessi condizionati nei confronti del sindacato), a farmi credere che il tema del mercato del lavoro sarà uno degli scogli più difficili da superare, se non il più difficile, da parte del governo che verrà. Anche perché, l’ennesimo anno di recessione (le stime più recenti parlano di un altro -1%, che porterebbe a otto punti e mezzo in sei anni, cioè oltre 130 miliardi, il livello di ricchezza bruciata dalla crisi) e il conseguente incremento della disoccupazione, spingeranno l’Europa a chiederci, come ha già fatto il commissario all’occupazione Lazlo Andor, di agire sul fronte delle riforme per rendere il mercato del lavoro più inclusivo e aperto alle categorie sociali più colpite (donne con bambini, giovani, persone non qualificate). E questo peserà non poco sul dibattito politico, sia che si faccia un governo di centro-sinistra, sia, a maggior ragione, che si faccia un governo di “piccola coalizione” (Bersani-Monti) o di “grande coalizione” (incluso Pdl). Purtroppo, a conclusione della più brutta campagna elettorale della storia repubblicana, da lunedì saremo costretti a tornare alla dura realtà della crisi. E sarà un brusco risveglio.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.