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I lasciti di una storia d’irresponsabilità collettiva

Il governo dei professori come ultima spiaggia

E’ una provocazione dire che Berlusconi è il figlio (spurio) del ’68?

di Elio Di Caprio - 25 novembre 2011

Tutto cominciò con il ’68 e finisce con Berlusconi? Chi è nato e cresciuto nel cosiddetto ventennio berlusconiano, i ragazzi dell’onda studentesca, i ventenni ed i trentenni di oggi non sanno nulla del passato, del’68 e neppure di Tangentopoli, si sono trovati a vivere in un mondo ad una dimensione già bell’e fatto e non hanno ragione e motivo di interrogarsi sul perché siamo arrivati a questo punto – non vorrebbero pagare i debiti dei loro padri- su quali sono i lasciti che hanno reso improvvisamente necessario il “governo dei professori” dopo la lunga stagione delle vuote dispute tra berlusconiani e antiberlusconiani. Ma può riuscire a loro ancor più inspiegabile il mutamento in atto con il passaggio da una società affluente e insieme immobile che si è retta finora su un debito pubblico difficilmente solvibile ad un’era nuova che si preannuncia molto più dura ed austera della precedente. Ma hanno anche imparato per esperienza personale sulla propria pelle e ben prima dello scoppio della bolla finanziaria che l’assenza di lavoro, il precariato diffuso, redditi e pensioni destinati ad un impoverimento progressivo segnalano già chiaramente un cambiamento d’epoca a cui non sono stati preparati a sufficienza. L’illusione del progresso continuo, il benessere dato per scontato, i diritti che superano i doveri, l’egoismo sociale che non fa male a nessuno e anzi aiuta la società a crescere, le scorciatoie spettacolari che bruciano i tempi e danno risultati maggiori rispetto ad una paziente e laboriosa ascesa sociale sono il prodotto naturale di un clima da società del benessere al crepuscolo e per quanto riguarda l’Italia in particolare del format tranquillizzante del berlusconismo che non a caso è durato tanto tempo con la condiscendente assuefazione di una larga parte degli italiani e nonostante le opposizioni virulente che ha incontrato sulla sua strada.

Ma nel caso italiano c’è stato e c’è qualcosa in più, qualche collegamento ereditario va fatto con le epoche precedenti che nelle loro tante contraddizioni danno qualche spiegazione in più sui come e sui perché dell’evoluzione della politica italiana negli ultimi venti anni. Ce lo ricorda tra le miriadi di pubblicazioni dedicate al Cavaliere ed alla sulla sua fortuna politica il recente saggio dello studioso-filosofo di sinistra Mario Perniola che sul filo lungo che collega gli avvenimenti a cavallo tra prima e seconda repubblica si domanda - massima eresia per la sinistra- se l’ex Presidente del Consiglio non sia egli stesso un figlio, forse non previsto o spurio, del ’68 e del clima da esso generato per tanto tempo nel nostro Paese. E’ una provocazione gratuita ed intellettualistica quella di Mario Perniola che ha intitolato il suo pamphlet “Berlusconi ovvero il ’68 realizzato”? Un’ardita bestemmia? Mica tanto se si va al di là delle apparenze e delle mistificazioni propagandistiche e si riflette che il ’68 in Italia fu (anche) una lotta dell’ultra sinistra contro la sinistra rappresentata dal partito comunista e che dopo poco più di 20 anni sia stato il Cavaliere e non la sinistra estrema a mettere a nudo e nell’angolo le vecchie burocrazie comuniste minandone pericolosamente l’ egemonia culturale, già peraltro scossa dalla caduta del muro di Berlino.

Ma non c’è evidentemente solo questo a collegare epoche profondamente diverse. Il vogliamo tutto e subito, la predicazione antiautoritaria e liberatrice contro tutti i condizionamenti provenienti dall’alto, la scuola facile, l’egualitarismo che fa a pugni con la meritocrazia, il tutto è lecito e consentito in nome del godimento, la contestazione della vecchia cultura considerata “borghese” per definizione, la famiglia svilita e comunque ritenuta una sovrastruttura superata dai tempi, sono tutte conseguenze del clima lassista instaurato dal ’68 in poi. Come dice Perniola in relazione ai lasciti del ‘68 che si sono trascinati fino all’ epoca del berlusconismo in cui siamo ancora immersi, se tutto diventa possibile perché tutto è desiderabile, l’immaginazione al potere del ’68 diventa (anzi è diventata) nell’epoca del Cavaliere l’intrattenimento al potere che è per definizione antiautoritario. Come dargli torto al di là della propaganda che il format berlusconiano sia (stato?) un format autoritario al pari del fascismo? Varrebbe forse la pena a questo punto riscoprire quel che sostenevano Augusto del Noce e l’ex comunista Francois Furet già negli anni ’80, ben prima di Perniola, quando entrambi temevano gli esiti consumistici a lungo termine del movimento del ’68 pur nato nella critica esasperata sia del modello capitalista e consumista dell’occidente che del falso socialismo : era facile prevedere che i vecchi contestatori avrebbero fatto pace con il mercato e il consumismo come se ne avessero denunciato le tare per potersi adattare meglio. E’ da noi più che in altre parti del mondo o dell’Europa che i vecchi ultrà della sinistra sono approdati nel campo opposto, sono diventati “liberali” a tal punto da riconoscere al Cavaliere il merito ( mal riposto) di capeggiare un movimento liberale di massa e invece ex socialisti alla Tremonti, anch’essi attaccati al carro berlusconiano, hanno infine trovato il mostro nel “mercatismo” degli speculatori internazionali che sfruttano il libero mercato dei capitali.

Lo spread ha ora rimesso tutti in riga e costringe a rifare i conti. Il “grande fratello” sta lasciando il posto ai “fratelli maggiori” di cui meglio fidarsi, dal Presidente Napolitano al governo di Mario Monti di cui per età e formazione tutto si può dire tranne che siano l’immaginazione al potere o il ricambio giovanile auspicato da tutti. Al di là delle polemiche sul governo del ribaltone voluto da forze esterne è un fatto che la competenza viene simbolicamente riconosciuta e riposta nelle “vecchie zie”, non nei quarantenni o nei cinquantenni, ma in una generazione ultrasessantenne ritenuta più solida perchè deve il suo successo allo studio ed all’impegno al di fuori delle scorciatoie egualitarie e lassiste del ‘68 o degli abbagli di un arrembante berlusconismo. Il ’68 è il nostro passato remoto, il berlusconismo quello prossimo. In mezzo c’è stato il debito pubblico degli anni ’80. Non dice nulla tutto ciò? E’ meglio allora pensare che siamo tutti figli di una stessa storia di irresponsabilità collettiva a cui cerchiamo di porre rimedio in extremis con l’accoppiata Napolitano-Tremonti. Sarà sufficiente per dare un segnale di serietà e di verità alle nuove generazioni, anche a quella degli “indignados”, e per renderle pronte a fare i conti con la nuova realtà?

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