Renzi e il Congresso del Pd
Il fu rottamatore, ora temporeggiatore
L’avversario che più teme il Sindaco di Firenze è proprio il Pddi Marco Dipaola - 12 luglio 2013
Le ultime vicende del Pd hanno un sapore più che mai brasiliano. Il riferimento, però, non è ai ritmi trascinanti della samba, all’indole vincente della nazionale di calcio, o allo spirito di partecipazione dimostrato dai milioni che hanno preso parte alla “rivolta dell’aceto”. Niente di tutto ciò, il Pd di brasiliano ha solo la trama da telenovelas.
La marcia di avvicinamento al Congresso – che si svolgerà entro l’anno è ancora senza data certa – ha infatti scatenato le grandi manovre, all’insegna di strategie e alleanze. E come ogni telenovela che si rispetti, tutto parte da una figura che spicca sulle altre, da cui non si può prescindere, che catalizza nel bene e nel male il dibattito su di se. Da rottamatore a catalizzatore, destino inevitabile quello di Matteo Renzi. Ormai ogni esponente del Pd non può esimersi dallo schierarsi: o con lui o contro di lui. Sono costretti a farlo anche i big del partito che pian piano si stanno collocando in vista della battaglia congressuale. L’ultimo a farlo è stato il “principe” della sinistra romana Goffredo Bettini, che ha presentato, sotto gli occhi attenti di molti esponenti di spicco del partito tra cui i ministri Delrio e Orlando, il suo documento “più idee meno correnti” rivolto agli aspiranti segretari.
E Renzi? Il sindaco di Firenze si mantiene cauto, non vuol compiere mosse azzardate e ha rinviato la scelta sulla candidatura a settembre. Il rischio, infatti, è quello che la forza della sua onda propagandistica possa essere smussata dalle onde delle vacanze, in cui di solito si chiudono i giornali e tv e si aprono ombrelloni e lettini. E poi c’è il governo, la sentenza della Cassazione del 30 luglio su Berlusconi. Meglio non esporsi, temporeggiare.
Ma il prender tempo siamo certi che possa giovare al buon Matteo? O la sua spinta propulsiva rischia di disperdersi nel lento alternarsi dell’agenda politica nostrana?
L’accusa più grande che viene mossa a Renzi è quella di far prevalere il lato comunicativo sui contenuti. In effetti mentre su alcuni punti – abolizione del finanziamento pubblico, sburocratizzazione dello Stato e riforma fiscale – il Sindaco si espresso con chiarezza sin dalle primarie, su altri invece – spese militari e F35, dove e come tagliare la spesa pubblica improduttiva – è rimasto sempre molto vago e incerto. E allora si può ragionevolmente pensare che questo tempo serva a Renzi per strutturare al meglio la sua proposta politica per il prossimo giro.
Ecco il punto, il prossimo giro, la prossima tornata elettorale. Lo sanno anche i muri che a Renzi l’idea di esporre le relazioni conclusive a Largo del Nazareno non solo non piace, ma lo inquieta nel profondo. E allora perché ambire alla segreteria? Perché contraddire l’immagine di outsider extra apparato che è sempre stata la sua carta vincente? Renzi teme che il partito senza la sua guida o quella di una candidatura “fidata”, di cui però allo stato attuale non si intravedono le sembianze, possa batterlo per la seconda volta. La sconfitta delle primarie brucia ancora – regole, limite alla partecipazione, giustificazione, no voto ai 16enni ecc. – e dovrebbe bruciare un po’ a tutto il Pd, visti i risultati che contano, quelli delle politiche di febbraio. E allora Renzi nel partito ha deciso di entrarci a piene mani, strutturando anche sul territorio una rete di amministratori pronti a sostenerlo.
La scelta che sarà, quella di candidarsi e automaticamente vincere la corsa alla segreteria – una sconfitta avrebbe del clamoroso – è l’ennesima dimostrazione che l’avversario che più teme il Sindaco di Firenze è proprio il Pd, inteso come un incancrenito contenitore di potentati. L’unica soluzione, allora, è mettersi a capo della baracca, provando a rinnovarla e alleggerirla. Poi però arriverà il momento delle elezioni e Renzi segretario – senza l’aurea di novità di un tempo – dovrà cimentarsi con nuove primarie per la premiership. Sarebbe assurdo, infatti, se proprio il sostenitore dell’idea di partito aperto e contendibile, barricasse la creatura una volta diventatone il capo. Superato quest’ultimo scoglio, Renzi potrà finalmente cimentarsi nella battaglia che sogna da anni, quella delle politiche, magari sfidando Berlusconi, Cassazione permettendo. Ci siamo spinti forse un po’ troppo oltre con le previsioni, ritorniamo ad oggi. Il Governo Letta rischia di saltare o – nella migliore delle ipotesi – di rimanere ostaggio delle sentenze sul Cavaliere; nel Pd è iniziato il valzer dei posizionamenti pre-Congresso e Renzi aspetta, scruta l’avvicendarsi degli eventi, temporeggia. Il fu rottamatore, assurto ormai al ruolo di catalizzatore, non può che reinventarsi temporeggiatore.
La marcia di avvicinamento al Congresso – che si svolgerà entro l’anno è ancora senza data certa – ha infatti scatenato le grandi manovre, all’insegna di strategie e alleanze. E come ogni telenovela che si rispetti, tutto parte da una figura che spicca sulle altre, da cui non si può prescindere, che catalizza nel bene e nel male il dibattito su di se. Da rottamatore a catalizzatore, destino inevitabile quello di Matteo Renzi. Ormai ogni esponente del Pd non può esimersi dallo schierarsi: o con lui o contro di lui. Sono costretti a farlo anche i big del partito che pian piano si stanno collocando in vista della battaglia congressuale. L’ultimo a farlo è stato il “principe” della sinistra romana Goffredo Bettini, che ha presentato, sotto gli occhi attenti di molti esponenti di spicco del partito tra cui i ministri Delrio e Orlando, il suo documento “più idee meno correnti” rivolto agli aspiranti segretari.
E Renzi? Il sindaco di Firenze si mantiene cauto, non vuol compiere mosse azzardate e ha rinviato la scelta sulla candidatura a settembre. Il rischio, infatti, è quello che la forza della sua onda propagandistica possa essere smussata dalle onde delle vacanze, in cui di solito si chiudono i giornali e tv e si aprono ombrelloni e lettini. E poi c’è il governo, la sentenza della Cassazione del 30 luglio su Berlusconi. Meglio non esporsi, temporeggiare.
Ma il prender tempo siamo certi che possa giovare al buon Matteo? O la sua spinta propulsiva rischia di disperdersi nel lento alternarsi dell’agenda politica nostrana?
L’accusa più grande che viene mossa a Renzi è quella di far prevalere il lato comunicativo sui contenuti. In effetti mentre su alcuni punti – abolizione del finanziamento pubblico, sburocratizzazione dello Stato e riforma fiscale – il Sindaco si espresso con chiarezza sin dalle primarie, su altri invece – spese militari e F35, dove e come tagliare la spesa pubblica improduttiva – è rimasto sempre molto vago e incerto. E allora si può ragionevolmente pensare che questo tempo serva a Renzi per strutturare al meglio la sua proposta politica per il prossimo giro.
Ecco il punto, il prossimo giro, la prossima tornata elettorale. Lo sanno anche i muri che a Renzi l’idea di esporre le relazioni conclusive a Largo del Nazareno non solo non piace, ma lo inquieta nel profondo. E allora perché ambire alla segreteria? Perché contraddire l’immagine di outsider extra apparato che è sempre stata la sua carta vincente? Renzi teme che il partito senza la sua guida o quella di una candidatura “fidata”, di cui però allo stato attuale non si intravedono le sembianze, possa batterlo per la seconda volta. La sconfitta delle primarie brucia ancora – regole, limite alla partecipazione, giustificazione, no voto ai 16enni ecc. – e dovrebbe bruciare un po’ a tutto il Pd, visti i risultati che contano, quelli delle politiche di febbraio. E allora Renzi nel partito ha deciso di entrarci a piene mani, strutturando anche sul territorio una rete di amministratori pronti a sostenerlo.
La scelta che sarà, quella di candidarsi e automaticamente vincere la corsa alla segreteria – una sconfitta avrebbe del clamoroso – è l’ennesima dimostrazione che l’avversario che più teme il Sindaco di Firenze è proprio il Pd, inteso come un incancrenito contenitore di potentati. L’unica soluzione, allora, è mettersi a capo della baracca, provando a rinnovarla e alleggerirla. Poi però arriverà il momento delle elezioni e Renzi segretario – senza l’aurea di novità di un tempo – dovrà cimentarsi con nuove primarie per la premiership. Sarebbe assurdo, infatti, se proprio il sostenitore dell’idea di partito aperto e contendibile, barricasse la creatura una volta diventatone il capo. Superato quest’ultimo scoglio, Renzi potrà finalmente cimentarsi nella battaglia che sogna da anni, quella delle politiche, magari sfidando Berlusconi, Cassazione permettendo. Ci siamo spinti forse un po’ troppo oltre con le previsioni, ritorniamo ad oggi. Il Governo Letta rischia di saltare o – nella migliore delle ipotesi – di rimanere ostaggio delle sentenze sul Cavaliere; nel Pd è iniziato il valzer dei posizionamenti pre-Congresso e Renzi aspetta, scruta l’avvicendarsi degli eventi, temporeggia. Il fu rottamatore, assurto ormai al ruolo di catalizzatore, non può che reinventarsi temporeggiatore.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.