Due “rimbalzi” successivi in pochi mesi
Il declino è strutturale
Dopo la ripresa di agosto, tornano i numeri negativi. Bisogna rimboccarsi le manichedi Enrico Cisnetto - 15 novembre 2005
C’era una volta la ripresina. Il mese scorso, quando l’Istat aveva comunicato i dati della produzione industriale di agosto (+5,9% su 2004, +1,3% rispetto a luglio), le grida di esultanza si erano sprecate: “siamo fuori dalla crisi”, “l’Italia è uscita dal tunnel”, ed altre amenità varie. Oggi è arrivato il brusco risveglio: la produzione industriale italiana ha rimesso la retromarcia, registrando a settembre un calo mensile dell’1% e annuo dell’1,6%. La cosiddetta ripresina è durata meno di un’estate, mentre anche il quarto trimestre si preannuncia negativo (-0,4%), secondo le stime dell’Isae. L’unico settore che va bene è l’energia: a settembre il petrolio ha cominciato a frenare, mentre i consumi, con il rientro dalle vacanze, sono tornati ad aumentare. Per il resto, va giù tutto: beni di consumo durevoli e non, commodities e strumentali. Chi va peggio è l’auto (-10,7%), male pure il tessile e il settore del mobile, mentre la nostra bilancia commerciale, anche con l’euro più debole, segna ancora profondo rosso.
Intendiamoci, quando i numeri erano positivi ho fatto notare che si trattava di meri dati congiunturali, e che dal punto di vista strutturale l’Italia era e rimaneva in grave difficoltà. Allo stesso modo, ora, è inutile fasciarsi la testa davanti al ritorno del segno meno: sempre di puro andamento congiunturale si tratta. Se la cosiddetta ripresa si poteva definire un “rimbalzo” tecnico dopo i tanti segni meno, ora lo scivolone di settembre è un (prevedibile) rimbalzo di segno opposto.
La questione strutturale, invece, è un’altra, e affonda le radici sul cambio di situazioni competitive in Europa e nel mondo. E la sua risoluzione esige una politica industriale adeguata, magari anche studiata nei ritagli di tempo tra un Celentano e un’ipotesi di aumento dell’età pensionabile poi ritrattata. Con buona pace di chi aveva iniziato a stappare le bottiglie di champagne. Ora è meglio rimetterle in cantina, con il capo chino e l’umiltà dei frati, e cominciare a rimboccarsi le maniche. Se non è troppo disturbo.
Pubblicato sul Messaggero del 15 novembre 2005
Intendiamoci, quando i numeri erano positivi ho fatto notare che si trattava di meri dati congiunturali, e che dal punto di vista strutturale l’Italia era e rimaneva in grave difficoltà. Allo stesso modo, ora, è inutile fasciarsi la testa davanti al ritorno del segno meno: sempre di puro andamento congiunturale si tratta. Se la cosiddetta ripresa si poteva definire un “rimbalzo” tecnico dopo i tanti segni meno, ora lo scivolone di settembre è un (prevedibile) rimbalzo di segno opposto.
La questione strutturale, invece, è un’altra, e affonda le radici sul cambio di situazioni competitive in Europa e nel mondo. E la sua risoluzione esige una politica industriale adeguata, magari anche studiata nei ritagli di tempo tra un Celentano e un’ipotesi di aumento dell’età pensionabile poi ritrattata. Con buona pace di chi aveva iniziato a stappare le bottiglie di champagne. Ora è meglio rimetterle in cantina, con il capo chino e l’umiltà dei frati, e cominciare a rimboccarsi le maniche. Se non è troppo disturbo.
Pubblicato sul Messaggero del 15 novembre 2005
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.