E l'articolo 95 della Costituzione?
Il conclave di Romano Prodi
Nonostante i programmi comuni, la maggioranza già è in disaccordo su tuttodi Davide Giacalone - 25 maggio 2006
Prodi vuol riunire in “conclave” i ministri. I giornali ne danno soddisfatta notizia, poco curandosi non solo del fatto che non ci sono cardinali da convocare, ma di cosa sia scritto nell’articolo 95 della Costituzione (quella che “non si tocca” e, per sicurezza, nemmeno si legge). Attorno al “conclave” ruota non un ragionamento sul folklore, ma di sostanza politica.
Secondo la nostra Costituzione il presidente del Consiglio “dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico (…)”. I ministri rispondono a lui e la responsabilità governativa è collegiale. Il governo Prodi è nato da poche ore e già ci sono ministri che vogliono il ponte ed altri che neanche a parlarne, chi vuole i pacs e chi piuttosto se ne va, chi invita alla riservatezza e chi ha già fatto crollare due volte i titoli di Borsa, solo dando fiato alla bocca spalancata nella pubblica piazza. Con tanti saluti all’articolo 95, per la cui difesa si batteranno gli stessi che lo violano. Dovendosi porre rimedio, si convochi il “conclave”.
In termini un filino meno ecclesiastici si tratterebbe di un seminario, con la finalità di affiatare la squadra e rendere noto ai componenti qual è il programma comune (quello elettorale era scritto con l’inchiostro simpatico, e già documentammo che conteneva il niente o roba strampalata). La stampa fiancheggiatrice ci segnala che tale costume deriva a Prodi dalla sua esperienza a capo della Commissione Europea. Osserviamo che, prima di tutto, questo significa non essere superstizioni (strano, per uno che fa le sedute spiritiche), dato che la stampa internazionale giudicò pessima quell’esperienza, ma, quel che più conta, in Commissione era ragionevole procedere in quel modo, perché i componenti erano nominati dai governi nazionali, rispondevano a linee politiche ed interessi diversi, in molti casi nemmeno si conoscevano fra di loro. E’ questa la condizione del nostro governo?
Sono stati cinque anni all’opposizione, con tanto tempo da dedicare ai seminari (do you remember Gargonza?), hanno scritto un programma comune, hanno convocato le primarie, hanno chiesto i voti per propiziare una svolta, dicono che Prodi è l’unico capo, ed ora che hanno il volante in mano si chiedono: da che parte si va? Con l’abitacolo colmo di passeggeri che puntano l’indice a raggiera. Fosse solo un problema loro, ci rassegneremmo, eduardianamente, ad attendere la fine della nuttata. Ma non è così. Problemi analoghi li ebbe anche il centro destra, e dipendono dal fatto che il nostro bipolarismo è strutturato per la stagione elettorale, rendendo poi difficile governare: s’imbarca di tutto, per battere l’avversario, ma poi la bagnarola non sta a galla e ciascuno rema per i fatti propri. Facciano il “conclave”, non cambierà molto.
wwww.davidegiacalone.it
Pubblicato su Libero del 25 maggio 2006
Secondo la nostra Costituzione il presidente del Consiglio “dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico (…)”. I ministri rispondono a lui e la responsabilità governativa è collegiale. Il governo Prodi è nato da poche ore e già ci sono ministri che vogliono il ponte ed altri che neanche a parlarne, chi vuole i pacs e chi piuttosto se ne va, chi invita alla riservatezza e chi ha già fatto crollare due volte i titoli di Borsa, solo dando fiato alla bocca spalancata nella pubblica piazza. Con tanti saluti all’articolo 95, per la cui difesa si batteranno gli stessi che lo violano. Dovendosi porre rimedio, si convochi il “conclave”.
In termini un filino meno ecclesiastici si tratterebbe di un seminario, con la finalità di affiatare la squadra e rendere noto ai componenti qual è il programma comune (quello elettorale era scritto con l’inchiostro simpatico, e già documentammo che conteneva il niente o roba strampalata). La stampa fiancheggiatrice ci segnala che tale costume deriva a Prodi dalla sua esperienza a capo della Commissione Europea. Osserviamo che, prima di tutto, questo significa non essere superstizioni (strano, per uno che fa le sedute spiritiche), dato che la stampa internazionale giudicò pessima quell’esperienza, ma, quel che più conta, in Commissione era ragionevole procedere in quel modo, perché i componenti erano nominati dai governi nazionali, rispondevano a linee politiche ed interessi diversi, in molti casi nemmeno si conoscevano fra di loro. E’ questa la condizione del nostro governo?
Sono stati cinque anni all’opposizione, con tanto tempo da dedicare ai seminari (do you remember Gargonza?), hanno scritto un programma comune, hanno convocato le primarie, hanno chiesto i voti per propiziare una svolta, dicono che Prodi è l’unico capo, ed ora che hanno il volante in mano si chiedono: da che parte si va? Con l’abitacolo colmo di passeggeri che puntano l’indice a raggiera. Fosse solo un problema loro, ci rassegneremmo, eduardianamente, ad attendere la fine della nuttata. Ma non è così. Problemi analoghi li ebbe anche il centro destra, e dipendono dal fatto che il nostro bipolarismo è strutturato per la stagione elettorale, rendendo poi difficile governare: s’imbarca di tutto, per battere l’avversario, ma poi la bagnarola non sta a galla e ciascuno rema per i fatti propri. Facciano il “conclave”, non cambierà molto.
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Pubblicato su Libero del 25 maggio 2006
L'EDITORIALE
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