Governo Prodi: tentazioni di estremismo
I traumi del recente passato ideologico
Dove porteranno i condizionamenti-ricatti delle ali radicali della maggioranza?di Elio Di Caprio - 26 maggio 2006
Fausto Bertinotti, presidente della Camera, da Bruno Vespa si vanta dei suoi incontri in Messico, nel Chiapas, con il subcomandante Marcos ( il vero comandante sarebbe il popolo messicano...) ed alla domanda maliziosa del giornalista se condivide la tenuta in passamontagna del guerrigliero messicano, risponde tranquillamente che non sarebbe d"accordo solo se tale abbigliamento rivestisse un significato politico.
Sull"altra sponda Gianni Alemanno, ex ministro di An e ora candidato a sindaco di Roma, partecipa al programma televisivo “Le invasioni barbariche”di Daria Bignardi ed accetta la suadente perfida delle conduttrice che lo costringe a mostrare la croce celtica abitualmente indossata. Anch"egli premette che la cosa non ha alcuna rilevanza politico-simbolica, bensì religiosa e di testimonianza dei forti legami con i camerati uccisi dal terrorismo negli anni di piombo.
Militanze ideali, appartenenze consolidate, passioni identitarie sembrano retrocedere, restano in penombra, non sono traducibili nel quotidiano della politica che dibatte e si divarica sui problemi concreti, dal carico fiscale alla politica del lavoro.
Ma resta tuttavia la tentazione a far riaffiorare i fondali emotivi nascosti, quasi che in un mondo popolato di post e di ex, qualcuno avesse ancora il diritto di scagliare la prima pietra, processando il passato altrui. È come se l"Italia bipolare portasse in sé i segni delle fuoruscita traumatica da un"epoca in cui tutto doveva essere contrassegnato dal credo ideologico. Davvero si può fare a meno del vissuto emozionale? Sembra che sia l"estrema sinistra la forza più esposta a farsi risucchiare dagli schemi ideologici del passato.
Le classi dirigenti della Prima Repubblica hanno congelato il nostro sistema politico del dopoguerra per più di 40 anni, mentre la società civile si sviluppava autonomamente secondo parametri comuni a tutta l"Europa Occidentale. Si è usciti dall"immobilismo precedente attraverso un processo tumultuoso e contraddittorio, adottando nuovi schemi di rappresentanza politica - dal “mattarellum” al recente ibrido proporzionale-maggioritario - nel vano tentativo di rincorrere i processi di cambiamento, e non perdere la presa sulla società. Ma ciò non ha aiutato la chiarezza delle scelte e la loro condivisione da parte della pubblica opinione. Siamo o ci presentiamo ancora profondamente divisi.
Forse qualche similitudine con le vicende della nostra comunità nazionale può rinvenirsi nell"esperienza delle ex repubbliche popolari dell"est Europa.
Lì l"immobilismo del sistema derivava dalla ferrea dittatura del partito unico, non da discriminazioni o “conventio ad excludendum” di altri partiti, che in quei regimi non avevano diritto di esistere. Ma medesima è stata l"ansia di rinnovamento.
A Praga, come a Budapest, come a Varsavia, la via d"uscita dai regimi comunisti verso la stabilità è tuttora tortuosa e faticosa, punteggiata dall"alternarsi di coalizioni di centrodestra e di centrosinistra, meno eterogenee delle nostre, destinate a deludere immancabilmente l"elettorato. Anche lì gli ex comunisti si sono trasformati in socialisti o si sono riciclati in formazioni progressiste analoghe ai nostri DS, ma non c"è spazio per un"estrema sinistra che voglia richiamarsi fieramente ai simboli comunisti. Perchè tale grande differenza con noi?
La ragione forse sta nella misura in cui quei paesi sono riusciti a voltare pagina rispetto al passato. Una cosa è voltare pagina dopo averla letta pienamente e subita sulla propria pelle, altra è – come nel caso italiano- voltare pagina sulla base di un comunismo immaginario e immaginato che, in mancanza di prova contraria, in Italia sarebbe stato diverso da quello altrove realizzato.
Fatto sta che le scorie delle vecchie identità e delle culture di appartenenza pesano ancora nel clima politico italiano e faticano a trovare un alveo di collegamento con le forze riformiste. Condizionano e condizioneranno sempre più l"azione del Governo Prodi che ha dovuto far posto nel suo schieramento all"ala radicale (non solo comunista) in proporzione ai risultati elettorali conseguiti da tali formazioni.
Al di là della gara in cui già si sono impegnati i partiti della maggioranza a smontare ogni e qualsiasi provvedimento del governo precedente, sarà interessante vedere i risultati di questo bipolarismo gestito ora da sinistra ( e dall"estrema sinistra) e non più da destra. Prevarrà, come sembra, la propensione alla conservazione e non al cambiamento- il colmo per una coalizione “progressista”- a partire dalla riforma della Carta Costituzionale per finire ai prevedibili veti ideologici sulle infrastrutture e le grandi opere? I primi segnali in proposito non sono proprio incoraggianti.
Sull"altra sponda Gianni Alemanno, ex ministro di An e ora candidato a sindaco di Roma, partecipa al programma televisivo “Le invasioni barbariche”di Daria Bignardi ed accetta la suadente perfida delle conduttrice che lo costringe a mostrare la croce celtica abitualmente indossata. Anch"egli premette che la cosa non ha alcuna rilevanza politico-simbolica, bensì religiosa e di testimonianza dei forti legami con i camerati uccisi dal terrorismo negli anni di piombo.
Militanze ideali, appartenenze consolidate, passioni identitarie sembrano retrocedere, restano in penombra, non sono traducibili nel quotidiano della politica che dibatte e si divarica sui problemi concreti, dal carico fiscale alla politica del lavoro.
Ma resta tuttavia la tentazione a far riaffiorare i fondali emotivi nascosti, quasi che in un mondo popolato di post e di ex, qualcuno avesse ancora il diritto di scagliare la prima pietra, processando il passato altrui. È come se l"Italia bipolare portasse in sé i segni delle fuoruscita traumatica da un"epoca in cui tutto doveva essere contrassegnato dal credo ideologico. Davvero si può fare a meno del vissuto emozionale? Sembra che sia l"estrema sinistra la forza più esposta a farsi risucchiare dagli schemi ideologici del passato.
Le classi dirigenti della Prima Repubblica hanno congelato il nostro sistema politico del dopoguerra per più di 40 anni, mentre la società civile si sviluppava autonomamente secondo parametri comuni a tutta l"Europa Occidentale. Si è usciti dall"immobilismo precedente attraverso un processo tumultuoso e contraddittorio, adottando nuovi schemi di rappresentanza politica - dal “mattarellum” al recente ibrido proporzionale-maggioritario - nel vano tentativo di rincorrere i processi di cambiamento, e non perdere la presa sulla società. Ma ciò non ha aiutato la chiarezza delle scelte e la loro condivisione da parte della pubblica opinione. Siamo o ci presentiamo ancora profondamente divisi.
Forse qualche similitudine con le vicende della nostra comunità nazionale può rinvenirsi nell"esperienza delle ex repubbliche popolari dell"est Europa.
Lì l"immobilismo del sistema derivava dalla ferrea dittatura del partito unico, non da discriminazioni o “conventio ad excludendum” di altri partiti, che in quei regimi non avevano diritto di esistere. Ma medesima è stata l"ansia di rinnovamento.
A Praga, come a Budapest, come a Varsavia, la via d"uscita dai regimi comunisti verso la stabilità è tuttora tortuosa e faticosa, punteggiata dall"alternarsi di coalizioni di centrodestra e di centrosinistra, meno eterogenee delle nostre, destinate a deludere immancabilmente l"elettorato. Anche lì gli ex comunisti si sono trasformati in socialisti o si sono riciclati in formazioni progressiste analoghe ai nostri DS, ma non c"è spazio per un"estrema sinistra che voglia richiamarsi fieramente ai simboli comunisti. Perchè tale grande differenza con noi?
La ragione forse sta nella misura in cui quei paesi sono riusciti a voltare pagina rispetto al passato. Una cosa è voltare pagina dopo averla letta pienamente e subita sulla propria pelle, altra è – come nel caso italiano- voltare pagina sulla base di un comunismo immaginario e immaginato che, in mancanza di prova contraria, in Italia sarebbe stato diverso da quello altrove realizzato.
Fatto sta che le scorie delle vecchie identità e delle culture di appartenenza pesano ancora nel clima politico italiano e faticano a trovare un alveo di collegamento con le forze riformiste. Condizionano e condizioneranno sempre più l"azione del Governo Prodi che ha dovuto far posto nel suo schieramento all"ala radicale (non solo comunista) in proporzione ai risultati elettorali conseguiti da tali formazioni.
Al di là della gara in cui già si sono impegnati i partiti della maggioranza a smontare ogni e qualsiasi provvedimento del governo precedente, sarà interessante vedere i risultati di questo bipolarismo gestito ora da sinistra ( e dall"estrema sinistra) e non più da destra. Prevarrà, come sembra, la propensione alla conservazione e non al cambiamento- il colmo per una coalizione “progressista”- a partire dalla riforma della Carta Costituzionale per finire ai prevedibili veti ideologici sulle infrastrutture e le grandi opere? I primi segnali in proposito non sono proprio incoraggianti.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.