Brigate Rosse tra follia e politica
I terroristi vanno presi sul serio
Si vince la sfida del terrorismo creando solidarietà fra le forze politiche responsabilidi Davide Giacalone - 13 febbraio 2007
E’ forte la tentazione di definire matti i nuclei sopravvissuti, o rinati, delle Brigate Rosse. Solo dei dementi possono credere che vi sia una qualche possibilità al mondo di fare la rivoluzione comunista, e solo dei pericolosi cretini possono pensare che i primi passi si muovano incendiando qualche tanica di benzina. Ma è altrettanto forte la tentazione di prenderli maledettamente sul serio, di ricordare che è gente capace di ammazzare chi non può difendersi e che considera colpevole per le idee che esprime. Ci sono diversi segnali che mi spingono a cedere alla seconda e non alla prima tentazione, non ultima l’accoglienza che viene riservata a gente dello stampo di Oreste Scalzone, che solo l’irresponsabilità dei francesi e l’inefficienza della giustizia italiana hanno sottratto al giusto carcere. Uno come lui non lo si va ad intervistare per sentirsi dire che vuole ancora fare la rivoluzione, e se si mette a suonare la fisarmonica fuori da una carcere dov’è rinchiuso un brigatista rosso non lo si riprende elogiandone la perseveranza, ma lo si seppellisce nel silenzio, e se possibile nel ludibrio.
Tutti questi rivoluzionari saranno pure deficienti, ma lo scontro sulla legge Biagi lo ricordo bene ed ancora lo vedo. Sulle politiche del lavoro possono ben esistere posizioni ed opinioni diverse, ci mancherebbe, ma se si muove l’opposizione ad una legge dicendo che crea il “precariato sociale” e condanna alla povertà, quando tutti i dati indicano inconfutabilmente che i posti di lavoro sono aumentati ed i precari diminuiti, se si condisce questa palese bugia ammantandola di una rinovellata lotta di classe, trasformata in odio politico per uno schieramento che viene chiamato “destra” per indicar fascista, allora ecco che i minorati mentali possono pure credere d’essere dalla parte della ragione. Marco Biagi è morto, ammazzato da pallottole vere, sparate da una pistola vera, impugnata da veri coglioni comunisti, ed è morto sol perché non riteneva accettabile tacere quel che gli era evidente. Ecco, questo induce a prenderli sul serio, questi scarti d’umanità. Oggi non si tratta di dire: fra gli arrestati (nel mio mondo civile, che non è il loro, vale la presunzione d’innocenza) ci sono dei sindacalisti, ecco la complicità. No, è sbagliato. Ma si prendano le parole dei sindacati, si prendano quelle della Cgil, quelle di Epifani, quelle della sinistra che ha voluto inserire nel programma l’azzeramento della legge Biagi, e ci si domandi: quanto queste tesi sono state sostenute con le armi della dialettica ed i numeri della realtà e quanto, invece, si è fatto riferimento suggestivo ad una lotta fra interessi che si volevano contrapposti, quando contrapposti non erano? Quanto nel linguaggio della sinistra è tenuto a restare astratto ed evocatorio per non fare i conti con una realtà che ne ha abbattuto tutti i miti? So benissimo che tutta la sinistra parlamentare non ha nulla, ma proprio nulla a che spartire con queste bestie assassine, ci mancherebbe! Ma quante delle loro parole possono essere vestite double face?
E’ già successo in passato: non si vince la sfida del terrorismo, che è anche quella dell’antagonismo violento, se non creando una solidarietà fra le forze politiche responsabili. Ma, davvero, senza polemica, l’avere dedicato un’Aula della Camera dei Deputati a Carlo Giuliani è un errore catastrofico, che costerà caro a quanti non avranno abbastanza cervello per apprezzare la finezza ipocrita di chi lo volle.
www.davidegiacalone.it
Tutti questi rivoluzionari saranno pure deficienti, ma lo scontro sulla legge Biagi lo ricordo bene ed ancora lo vedo. Sulle politiche del lavoro possono ben esistere posizioni ed opinioni diverse, ci mancherebbe, ma se si muove l’opposizione ad una legge dicendo che crea il “precariato sociale” e condanna alla povertà, quando tutti i dati indicano inconfutabilmente che i posti di lavoro sono aumentati ed i precari diminuiti, se si condisce questa palese bugia ammantandola di una rinovellata lotta di classe, trasformata in odio politico per uno schieramento che viene chiamato “destra” per indicar fascista, allora ecco che i minorati mentali possono pure credere d’essere dalla parte della ragione. Marco Biagi è morto, ammazzato da pallottole vere, sparate da una pistola vera, impugnata da veri coglioni comunisti, ed è morto sol perché non riteneva accettabile tacere quel che gli era evidente. Ecco, questo induce a prenderli sul serio, questi scarti d’umanità. Oggi non si tratta di dire: fra gli arrestati (nel mio mondo civile, che non è il loro, vale la presunzione d’innocenza) ci sono dei sindacalisti, ecco la complicità. No, è sbagliato. Ma si prendano le parole dei sindacati, si prendano quelle della Cgil, quelle di Epifani, quelle della sinistra che ha voluto inserire nel programma l’azzeramento della legge Biagi, e ci si domandi: quanto queste tesi sono state sostenute con le armi della dialettica ed i numeri della realtà e quanto, invece, si è fatto riferimento suggestivo ad una lotta fra interessi che si volevano contrapposti, quando contrapposti non erano? Quanto nel linguaggio della sinistra è tenuto a restare astratto ed evocatorio per non fare i conti con una realtà che ne ha abbattuto tutti i miti? So benissimo che tutta la sinistra parlamentare non ha nulla, ma proprio nulla a che spartire con queste bestie assassine, ci mancherebbe! Ma quante delle loro parole possono essere vestite double face?
E’ già successo in passato: non si vince la sfida del terrorismo, che è anche quella dell’antagonismo violento, se non creando una solidarietà fra le forze politiche responsabili. Ma, davvero, senza polemica, l’avere dedicato un’Aula della Camera dei Deputati a Carlo Giuliani è un errore catastrofico, che costerà caro a quanti non avranno abbastanza cervello per apprezzare la finezza ipocrita di chi lo volle.
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L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.