Le relazioni conclusive dei saggi
I saggi scoprono l'acqua calda
Alla prova dei fatti aveva ragione il “saggio” Onida: “le commissioni sono solo una cosa fatta per prendere tempo”. Ci saremmo aspettati un’uscita di scena più saggia.di Massimo Pittarello - 12 aprile 2013
Saggio, da ‘sapidus’, sapere. Qualcuno, insomma, che ne sappia qualcosa. O anche facilitatore. Al di là della semantica, dalle due commissioni di “esperti” ci si sarebbe aspettati qualche proposta utile a far uscire il Paese dal pantano. E invece sono arrivati dei riassunti carenti nell’autorevolezza e deboli nell’originalità. Ovviamente non era pensabile che in un paio di settimane si giungesse a soluzioni risolutive. Ma un po’ di coraggio era l’obiettivo minimo.
Perché mentre a fine 2012 la pressione fiscale è arrivata al 52% e il potere d’acquisto delle famiglie è sceso del 5,4%, la risposta dei “saggi” è stata una non risposta: “sulla redistribuzione del carico delle tasse deve dire la politica. Noi non possiamo”. Possiamo però dirvi – insistono i Grandi Saggi – che “il fisco dovrebbe essere più amico, che le tasse andrebbero ridotte, e che sarebbe necessario andare avanti sul federalismo fiscale e la riforma del catasto”. Proposte di cui si parla da almeno 15 anni.
Magari allora ci si aspetta un suggerimento innovativo sulla disoccupazione, che ha raggiunto quota 3 milioni di persone, oltre ad altri 3 milioni, che “scoraggiati”, il lavoro hanno anche smesso di cercarlo (con la disoccupazione giovanile è al 37,8%). Ed ecco che arriva la grande idea: “la principale emergenza che ci troviamo oggi ad affrontare è quella del lavoro. La via maestra” per combatterlo è lo “sviluppo economico equo e sostenibile. Le priorità sono gli esodati e le eccessive restrizioni sui contratti a termine”. Più che saggi, dei geni, almeno ad originalità. Intanto nell’ultimo mese le richieste di cassa integrazione sono salite del 22,4%.
Il debito pubblico ha superato il 130% del pil, come poco prima dell’avvento del fascismo. Il pil dell"Italia, sceso del 3,7% nell"ultimo trimestre 2012, continuerà per quasi tutto il 2013 a calare, unico nel G7. Siamo sul podio dei Paesi al mondo che negli ultimi 10 anni è cresciuto di meno. Intanto le commissioni volute da Napolitano sottolineano che il bilancio annuale dell’Italia è in ottima forma (+1,7% nel 2012). Il bilancio dello Stato forse si, ma sempre al netto degli interessi da pagare sul debito. Comunque, quello delle famiglie e delle imprese, di bilancio, è un po’ meno ottimo.
L’Italia non ha bisogno di piccoli aggiustamenti, ma di riforme radicali. Dal 2007 abbiamo perso 6,7 miliardi di investimenti (4 milioni ogni giorno), un quarto della produzione industriale e oltre 52 mila imprese, di cui ben 15 mila a causa di pagamenti mancati o ritardati. Nonostante questo, la pubblica amministrazione continua a non pagare i propri debiti, mentre continua a riscuotere i propri crediti (Equitalia conteggia 2 milioni di rateazioni, per un valore di 22 miliardi di euro). La “saggia” considerazione al riguardo è illuminante: “procedere nei tempi più rapidi possibili”. Se (per caso) vi sembrassero solo parole già sentite, i “facilitatori” ci offrono una (davvero) magra consolazione: “anche la Francia è nella stessa nostra situazione”.
La relazione della Commissione sulle Riforme istituzionali poi, oltre a non essere originale (superamento del bicameralismo perfetto, Senato delle Regioni, rafforzamento dei poteri del Presidente del Consiglio, sfiducia costruttiva), non è né univoca, né abbastanza coraggiosa nella formulazione delle proposte. Come sulle legge elettorale: “va superata l’attuale”. Si ma come? O con il modello spagnolo, o quello tedesco, o con il ritorno al Mattarellum (che avevamo prima dell’attuale Porcellum). Sempre che non si faccia il presidenzialismo “perché allora si dovrebbe prendere in considerazione il doppio turno alla francese”. Dei consigli saggi, chiari e concisi.
Quello dell’Italia è un bollettino di guerra a cui i saggi forniscono consigli vaghi e confusionari, tipo oroscopo di Branko. Dalla guerra che si può fare, se non fuggire? E infatti dall’Italia in un anno gli espatri sono aumentati di un terzo. E se nel 1994, fra i laureati, ad andarsene era un fisiologico 1 su 10, oggi siamo a 4 su 10. Perché oltre a essere in crisi, siamo senza speranza. Come quando ci dicono che "i finanziamenti pubblici ai partiti sono indispensabili".
Al riguardo, c’è forse qui l’unica, anche se involontaria, frase illuminante di oggi: “La parola e le decisioni toccano alle forze politiche e starà al mio successore trarne le conclusioni”. In fondo, alla prova dei fatti, aveva ragione il “saggio” Onida: “le commissioni sono solo una cosa fatta per prendere tempo”. Sinceramente, da Napolitano, ci saremmo aspettati un’uscita di scena più saggia.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
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