Una manovrona necessariamente in arrivo
Gli accorgimenti tattici di Tps
Quella inaugurata ieri è una concertazione provvisoria, figlia dell’incertezza politicadi Enrico Cisnetto - 30 giugno 2006
Prima una manovrina, senza lacrime e sangue, poi una manovrona, con tagli pesanti ma ancora da definire. E’ con questo accorgimento tattico che il ministro Tommaso Padoa-Schioppa - chi ha detto che è un tecnico privo di sensibilità politica? - ha superato lo scoglio, niente affatto facile, del primo atto della nuova concertazione, versione governo Prodi. Riuscendo persino a dividere il fronte della sinistra comunista, se è vero che mentre la Fiom evoca addirittura lo spettro dello sciopero generale, il ministro Ferrero di Rifondazione parla di “partenza con il piede giusto”. In sostanza, il ministro dell’Economia - dopo aver spaventato il sindacato evocando una crisi finanziaria tipo 1992, non senza mettere in ambasce anche gli imprenditori (si pensi ai commercianti per l’eventuale aumento dell’Iva) - ha ridotto a solo mezzo punto di pil (poco più di 7 miliardi) l’entità della manovra correttiva dei conti pubblici da fare subito, cui si aggiungono 3 miliardi di rifinanziamento di Anas e Ferrovie che non possono che far piacere alle parti sociali. In più, non solo ha evitato di usare lo strumento dei tagli di spesa per questa prima manovra, riservandosi quest’arma per la Finanziaria vera e propria, ma ha anche fatto balenare l’idea che le maggiori entrate non comporteranno un aumento delle tasse per imprese e privati, ma deriveranno da una torchiatura di evasori e percettori di rendite. Musica, per le orecchie di chi ieri a palazzo Chigi stava dall’altra parte del tavolo.
Ma quanto potrà reggere il gioco? E siamo sicuri che sia questa la concertazione “buona” che deve sostituire sia quella “cattiva” del 1996-2001 (diritto di veto della Cgil) che quella “inesistente” della scorsa legislatura? E’ evidente che Padoa-Schioppa usa le (poche) armi di cui dispone, in un contesto politico segnato dall’esiguità parlamentare della maggioranza e soprattutto dalle sue contraddizioni interne, e con il sindacato più moderato (Cisl e Uil) che libero da problemi di schieramento politico rispetto alla Cgil, ha già detto con grande chiarezza che la stagione dei sacrifici è finita. In questo quadro il governo nel suo insieme e lo stesso Prodi lo hanno aiutato poco, almeno finora, perché non si vede né la forza né lo stile della mediazione autorevole tra posizioni diverse, di cui quella del successore di Tremonti è sicuramente la più estrema ma anche quella più fondata, che occorrerebbe. Né è pensabile che lo possa aiutare più di tanto la Confindustria, che ha bisogno di portare a casa il taglio del cuneo fiscale e non può permettersi più di tanto di veder messi in discussione i meccanismo di sostegno e incentivo alle imprese. Cui si aggiunge la necessità di dimostrare, dentro e fuori, che le accuse del centro-destra di voler flirtare a tutti i costi con il centro-sinistra erano solo veleni da campagna elettorale.
Dunque, quella inaugurata ieri è una concertazione che potremmo definire provvisoria, figlia di un livello di incertezza politica che non consente a nessun attore di assumersi impegni, neppure a breve. Con due rischi. Il primo è connesso alla manovrina: vedremo come sarà articolata, ma se le misure fossero troppo “politicamente corrette” per rivelarsi effettivamente applicabili, c’è il rischio che questi 10 miliardi siano da riportare a nuovo nella Finanziaria dell’autunno, o al massimo nella primavera 2007 con l’ennesima manovra-bis. Il secondo, ben più grave, riguarda la manovrona: 35 miliardi di solo aggiustamento, cui si devono aggiungere quelli che si dovranno destinare agli investimenti - e non solo per accontentare le parti sociali, ma perché vitali per sostenere un minimo la ripresina in atto - rappresentano una manovra non dissimile da quella che fece il governo Amato nel 1992. Ci saranno le condizioni politiche per portarla a termine? E in quel caso la concertazione servirà a far passare misure impopolari o a “bruciarle”? Anche perchè continua ad esserci un convitato di pietra al tavolo del confronto governo-parti sociali: la politica industriale. Si dice che la questione delle questioni sia lo sviluppo, ma finora si è parlato solo di finanza pubblica, mentre di grandi scelte per dare un progetto di crescita al Paese non c’è neppure l’ombra. Al massimo il rifinanziamento di Anas e Ferrovie, cose che dovrebbero essere scontate. Eppure la ridefinizione degli spazi e degli equilibri nel capitalismo mondiale, e di quello europeo in particolare, è un processo già in corso da tempo, e rischia di ultimarsi senza che l’Italia si sia neppure accorta di nulla. Ecco la grande contropartita che la “concertazione buona” dovrebbe dare al sindacato e agli imprenditori: un nuovo modello di sviluppo, grandi progetti, campioni nazionali e continentali da far crescere. Solo che ci vorrebbe un altro sistema politico…
Pubblicato sul Mattino del 29 giugno 2006
Ma quanto potrà reggere il gioco? E siamo sicuri che sia questa la concertazione “buona” che deve sostituire sia quella “cattiva” del 1996-2001 (diritto di veto della Cgil) che quella “inesistente” della scorsa legislatura? E’ evidente che Padoa-Schioppa usa le (poche) armi di cui dispone, in un contesto politico segnato dall’esiguità parlamentare della maggioranza e soprattutto dalle sue contraddizioni interne, e con il sindacato più moderato (Cisl e Uil) che libero da problemi di schieramento politico rispetto alla Cgil, ha già detto con grande chiarezza che la stagione dei sacrifici è finita. In questo quadro il governo nel suo insieme e lo stesso Prodi lo hanno aiutato poco, almeno finora, perché non si vede né la forza né lo stile della mediazione autorevole tra posizioni diverse, di cui quella del successore di Tremonti è sicuramente la più estrema ma anche quella più fondata, che occorrerebbe. Né è pensabile che lo possa aiutare più di tanto la Confindustria, che ha bisogno di portare a casa il taglio del cuneo fiscale e non può permettersi più di tanto di veder messi in discussione i meccanismo di sostegno e incentivo alle imprese. Cui si aggiunge la necessità di dimostrare, dentro e fuori, che le accuse del centro-destra di voler flirtare a tutti i costi con il centro-sinistra erano solo veleni da campagna elettorale.
Dunque, quella inaugurata ieri è una concertazione che potremmo definire provvisoria, figlia di un livello di incertezza politica che non consente a nessun attore di assumersi impegni, neppure a breve. Con due rischi. Il primo è connesso alla manovrina: vedremo come sarà articolata, ma se le misure fossero troppo “politicamente corrette” per rivelarsi effettivamente applicabili, c’è il rischio che questi 10 miliardi siano da riportare a nuovo nella Finanziaria dell’autunno, o al massimo nella primavera 2007 con l’ennesima manovra-bis. Il secondo, ben più grave, riguarda la manovrona: 35 miliardi di solo aggiustamento, cui si devono aggiungere quelli che si dovranno destinare agli investimenti - e non solo per accontentare le parti sociali, ma perché vitali per sostenere un minimo la ripresina in atto - rappresentano una manovra non dissimile da quella che fece il governo Amato nel 1992. Ci saranno le condizioni politiche per portarla a termine? E in quel caso la concertazione servirà a far passare misure impopolari o a “bruciarle”? Anche perchè continua ad esserci un convitato di pietra al tavolo del confronto governo-parti sociali: la politica industriale. Si dice che la questione delle questioni sia lo sviluppo, ma finora si è parlato solo di finanza pubblica, mentre di grandi scelte per dare un progetto di crescita al Paese non c’è neppure l’ombra. Al massimo il rifinanziamento di Anas e Ferrovie, cose che dovrebbero essere scontate. Eppure la ridefinizione degli spazi e degli equilibri nel capitalismo mondiale, e di quello europeo in particolare, è un processo già in corso da tempo, e rischia di ultimarsi senza che l’Italia si sia neppure accorta di nulla. Ecco la grande contropartita che la “concertazione buona” dovrebbe dare al sindacato e agli imprenditori: un nuovo modello di sviluppo, grandi progetti, campioni nazionali e continentali da far crescere. Solo che ci vorrebbe un altro sistema politico…
Pubblicato sul Mattino del 29 giugno 2006
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.