L'esordio del ministro dello sviluppo economico
Giovanilismo fiscale
Giovani, lavoro e negozi chiusi. Zanonato non ne indovina unadi Davide Giacalone - 06 giugno 2013
Tutto fa brodo, specie quando a bollire c’è quasi solo acqua, sicché gli sgravi fiscali per chi assume giovani si adottino pure. Ne parlano tutti, li annunciano a ondate successive, passino al concreto. Anche perché l’intollerabile pressione fiscale è resa ancor più pesante da un’ulteriore tassa, consistente nel sentire dire da quelli che governano che le tasse dovrebbero scendere, salvo aumentarle o, al più, lasciarle slittare. Basta litanie, passiamo ai fatti. Posto ciò, la misura non mi convince. Ha un’aria più propagandistica che strutturale. Come le parole del ministro Flavio Zanonato, purtroppo, confermano.
Richiesto, da La Stampa, di dettagliare il provvedimento, egli ha risposto: “Sarà un’esenzione fiscale di tasse e contributi per l’intero montesalari di nuovi assunti a tempo indeterminato. La durata? Dipenderà dalle risorse disponibili. L’importante è fare uno sforzo”. Noi ci sforziamo, ma una roba così non serve a niente. Anzi, accresce il già esorbitante caos fiscale.
In quel modo di pensare ci sono due errori: uno culturale e l’altro fattuale. Quello culturale consiste nel considerare vero e buono solo il posto di lavoro a tempo indeterminato, come se le altre forme contrattuali fossero delle mutilazioni o delle approssimazioni. Invece un lavoro è buono se crea valore, cattivo se lo brucia. Nel primo caso nessuno lo minaccerà, nel secondo tenerlo in vita artificialmente serve solo a divenire collettivamente più poveri. L’errore fattuale consiste nel credere che l’incertezza futura, data dall’insicurezza anche solo sulla durata dell’agevolazione, non pregiudichi le assunzioni. Come, invece, succederà: chi contrae un’obbligazione senza termine in virtù di agevolazioni non solo a termine, ma a termine ravvicinato e indeterminato? Se c’è una cosa per cui chi governa deve chiedere scusa è proprio l’avere adottato questo modo di pensare e parlare, privo di conoscenza, pensiero e preveggenza.
E allora? Allora si procede in modo diverso: primo, si tagliala spesa pubblica, ancora debordante di grassi insalubri e privi di nesso con i servizi effettivamente resi; secondo, si dismette patrimonio pubblico, in modo da abbattere il debito e accumulare risorse per investimenti infrastrutturali; terzo, si alleggerisce immediatamente (anche in considerazione delle previsioni legate alle prime due cose) il peso fiscale sia sulla produzione che sul consumo. Così sì che si ottengono risultati non solo stabili, ma destinati a crescere nel tempo. Altrimenti ci si limita a disperdere energie al solo scopo di rilasciare interviste. Anche perché parlano gli stessi che poi dicono di volere soccorrere gli esodati o impedire che i redditieri che reggono le famiglie si ritrovino a spasso, quindi, a giorni alterni, proponendosi paladini dei giovani o dei più attempati. Prolungare la cassa integrazione in deroga e proporsi di agevolare i giovani non sono cose diverse, ma opposte. Qualcuno lo spieghi a Palazzo Chigi.
Esiste una specificità giovanile? Certo che sì, ma la disoccupazione dei giovani è cresciuta in tutta Europa, a eccezione della Germania (che da tempo si finanzia a spese degli altri). Ciò segnala un problema nel modello sociale, che da noi assume dimensioni esagerate propri a causa dell’assenza di riforme. I rimedi strutturali attengono alla qualificazione dei giovani, quindi alla necessaria rivoluzione scolastica e, soprattutto, universitaria: concorrenza, eccellenza, cancellazione del valore legale del titolo di studio. Per il resto ci si deve dedicate a un ecosistema favorevole allo sviluppo, all’accumulazione e al consumo, senza la dilapidazione del satanismo fiscale. Limitarsi a proteggere i Panda farà fino, ma non risolve nulla.
Preso da fregola dichiaratoria, del resto, lo stesso ministro aveva proclamato l’opportunità di chiudere negozi e centri commerciali al sabato. Ora, a parte il fatto che solo il cielo sa perché il sabato e non la domenica, è evidente che gli sfugge quanto l’Italia abbia vitale bisogno di governi che non s’impegnino a ostacolare e proibire, ma a lasciare liberi di fare. Lasciamo libero il mercato e risparmiamo sulle castronerie. I negozi vogliono stare aperti anche la notte? Lo faranno finché sarà conveniente. Qualcuno ricordi a Zanonato che è stato nominato (forse non saggiamente) ministro dello “sviluppo” economico, non del rinculo sociale.
In quel modo di pensare ci sono due errori: uno culturale e l’altro fattuale. Quello culturale consiste nel considerare vero e buono solo il posto di lavoro a tempo indeterminato, come se le altre forme contrattuali fossero delle mutilazioni o delle approssimazioni. Invece un lavoro è buono se crea valore, cattivo se lo brucia. Nel primo caso nessuno lo minaccerà, nel secondo tenerlo in vita artificialmente serve solo a divenire collettivamente più poveri. L’errore fattuale consiste nel credere che l’incertezza futura, data dall’insicurezza anche solo sulla durata dell’agevolazione, non pregiudichi le assunzioni. Come, invece, succederà: chi contrae un’obbligazione senza termine in virtù di agevolazioni non solo a termine, ma a termine ravvicinato e indeterminato? Se c’è una cosa per cui chi governa deve chiedere scusa è proprio l’avere adottato questo modo di pensare e parlare, privo di conoscenza, pensiero e preveggenza.
E allora? Allora si procede in modo diverso: primo, si tagliala spesa pubblica, ancora debordante di grassi insalubri e privi di nesso con i servizi effettivamente resi; secondo, si dismette patrimonio pubblico, in modo da abbattere il debito e accumulare risorse per investimenti infrastrutturali; terzo, si alleggerisce immediatamente (anche in considerazione delle previsioni legate alle prime due cose) il peso fiscale sia sulla produzione che sul consumo. Così sì che si ottengono risultati non solo stabili, ma destinati a crescere nel tempo. Altrimenti ci si limita a disperdere energie al solo scopo di rilasciare interviste. Anche perché parlano gli stessi che poi dicono di volere soccorrere gli esodati o impedire che i redditieri che reggono le famiglie si ritrovino a spasso, quindi, a giorni alterni, proponendosi paladini dei giovani o dei più attempati. Prolungare la cassa integrazione in deroga e proporsi di agevolare i giovani non sono cose diverse, ma opposte. Qualcuno lo spieghi a Palazzo Chigi.
Esiste una specificità giovanile? Certo che sì, ma la disoccupazione dei giovani è cresciuta in tutta Europa, a eccezione della Germania (che da tempo si finanzia a spese degli altri). Ciò segnala un problema nel modello sociale, che da noi assume dimensioni esagerate propri a causa dell’assenza di riforme. I rimedi strutturali attengono alla qualificazione dei giovani, quindi alla necessaria rivoluzione scolastica e, soprattutto, universitaria: concorrenza, eccellenza, cancellazione del valore legale del titolo di studio. Per il resto ci si deve dedicate a un ecosistema favorevole allo sviluppo, all’accumulazione e al consumo, senza la dilapidazione del satanismo fiscale. Limitarsi a proteggere i Panda farà fino, ma non risolve nulla.
Preso da fregola dichiaratoria, del resto, lo stesso ministro aveva proclamato l’opportunità di chiudere negozi e centri commerciali al sabato. Ora, a parte il fatto che solo il cielo sa perché il sabato e non la domenica, è evidente che gli sfugge quanto l’Italia abbia vitale bisogno di governi che non s’impegnino a ostacolare e proibire, ma a lasciare liberi di fare. Lasciamo libero il mercato e risparmiamo sulle castronerie. I negozi vogliono stare aperti anche la notte? Lo faranno finché sarà conveniente. Qualcuno ricordi a Zanonato che è stato nominato (forse non saggiamente) ministro dello “sviluppo” economico, non del rinculo sociale.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.