La piazza di fronte ai casi di pedofilia
Garantismo, questo sconosciuto
Altro che toghe rosse, la giustizia è un pozzo senza fondo. Dove il diritto è sotterratodi Davide Giacalone - 08 maggio 2007
L’assurdo diventa realtà, nel collasso della giustizia italiana. Così capita di vedere un parroco e dei cittadini sfilare per reclamare la liberazione di alcune maestre d’asilo, manco fossero militanti terroriste, e da dentro il carcere si levano delle urla contro le pedofile, “ste zozze”.
Il processo di piazza ha già avviato il suo incivile rito, le carte giudiziarie svolazzano, le intercettazioni si pubblicano, video e disegni si offrono al giudizio degli incolti, innocentisti e colpevolisti prendono posto. Si accuseranno di garantismo i cultori del diritto, si sottolineerà la pericolosità dei reati contestati, si dirà di tutto, pur di non puntare il dito contro una giustizia che fa orrore.
Sì, certo, il problema non sono i pedofili, ma la giustizia. I pedofili, se ci sono, si spera di scoprirli e condannarli a lunghi, interminabili anni di galera e per farlo occorre che ci sia qualcosa di simile alla giustizia. Ma come si fa a definire indubitabili elementi che, per definizione, ad indagini aperte, devono essere sottoposti a vaglio critico? Quale arroganza e quale ignoranza giuridica spingono i magistrati a trarre in arresto persone che poi non si liberano perché “non è cambiata la loro posizione processuale”? Il processo non c’è e dell’indagine si parla da mesi, quindi la custodia cautelare assume il valore di tortura. Chi ha mai autorizzato la magistratura alla violazione del codice, che impone, nel corso delle indagini, di raccogliere anche le prove a favore degli indagati? (Quando il fenomenale Tonino Di Pietro fu messo in cattedra, spiegava che solo i beoti potevano credere a quella norma. Solo i beoti credono alla legge. E, del resto, se è lui che l’insegna …).
Non è un problema di toghe rosse o nere, dietro questa vicenda, dietro le migliaia di cui nessuno si cura, non c’è un complotto, ma solo la noncuranza con cui si trattano i cittadini quale carne da macello giudiziario, l’impunità di una casta togata dove nessuno paga mai per nulla, il potere esercitato senza controlli, la complicità di una stampa popolata da copisti che leccano la toga per avere la notizia accusatoria, la viltà di una politica che spera di tutelare se stessa e se ne frega di tutto il resto. Così si finisce in galera e si è condannati senza processo. Poi, se colpevoli, si esce.
Pubblicato su Libero di lunedì 7 maggio
Il processo di piazza ha già avviato il suo incivile rito, le carte giudiziarie svolazzano, le intercettazioni si pubblicano, video e disegni si offrono al giudizio degli incolti, innocentisti e colpevolisti prendono posto. Si accuseranno di garantismo i cultori del diritto, si sottolineerà la pericolosità dei reati contestati, si dirà di tutto, pur di non puntare il dito contro una giustizia che fa orrore.
Sì, certo, il problema non sono i pedofili, ma la giustizia. I pedofili, se ci sono, si spera di scoprirli e condannarli a lunghi, interminabili anni di galera e per farlo occorre che ci sia qualcosa di simile alla giustizia. Ma come si fa a definire indubitabili elementi che, per definizione, ad indagini aperte, devono essere sottoposti a vaglio critico? Quale arroganza e quale ignoranza giuridica spingono i magistrati a trarre in arresto persone che poi non si liberano perché “non è cambiata la loro posizione processuale”? Il processo non c’è e dell’indagine si parla da mesi, quindi la custodia cautelare assume il valore di tortura. Chi ha mai autorizzato la magistratura alla violazione del codice, che impone, nel corso delle indagini, di raccogliere anche le prove a favore degli indagati? (Quando il fenomenale Tonino Di Pietro fu messo in cattedra, spiegava che solo i beoti potevano credere a quella norma. Solo i beoti credono alla legge. E, del resto, se è lui che l’insegna …).
Non è un problema di toghe rosse o nere, dietro questa vicenda, dietro le migliaia di cui nessuno si cura, non c’è un complotto, ma solo la noncuranza con cui si trattano i cittadini quale carne da macello giudiziario, l’impunità di una casta togata dove nessuno paga mai per nulla, il potere esercitato senza controlli, la complicità di una stampa popolata da copisti che leccano la toga per avere la notizia accusatoria, la viltà di una politica che spera di tutelare se stessa e se ne frega di tutto il resto. Così si finisce in galera e si è condannati senza processo. Poi, se colpevoli, si esce.
Pubblicato su Libero di lunedì 7 maggio
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.