Grandi soddisfazioni. Per i “non risultati”
Euromed: ma il terrorismo che cos’è?
Dal summit di Barcellona pervenuti solo un Codice di condotta e un programma di lavoridi Antonio Picasso - 30 novembre 2005
Una bella faccia tosta, quella dell’Alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Javier Solana, che ha espresso la sua soddisfazione per i risultati ottenuti al vertice Euromed di ieri, 28 novembre, a Barcellona. Un summit organizzato congiuntamente da Spagna e Regno Unito, al quale hanno preso parte 35 paesi, i 25 dell’Ue e dieci della regione mediterranea. “Un significativo successo”. Ha detto Solana.
Ma per cosa? Non c"è stata una dichiarazione congiunta e i rappresentanti dei Paesi arabi hanno inviato delegazioni di profilo ridotto, oppure erano assenti. Fatta eccezione per la Palestina rappresentata da Abu Mazen e la Turchia – che araba non è. Anzi, che fa di tutto per avvicinarsi alle dinamiche europee – presente con il premier Erdogan. L’Elaph, quindi, il più seguito quotidiano arabo on line, ha titolato: “Tentativi di risvegliare una partnership in difficoltà: dopo l’evidente assenza dei paesi arabi, il vertice è sembrato solo europeo, scrive il quotidiano”.
Altro che successo, allora. Si è trattato dell’ennesimo flop di una Unione europea senza politica estera comune. Come al solito.
Nella sostanza, dall’incontro sono emersi l’impegno di tutto l’Euromed nella lotta al terrorismo, “che non può mai essere giustificato”, la necessità di definire un’azione coordinata contro “l’immigrazione illegale” e il perseguimento di pace, stabilità e prosperità per tutti i Paesi del bacino mediterraneo. Ma la carenza più grave è stato il mancato accordo sulla definizione del concetto di terrorismo. Se da distinguere o meno dal diritto alla resistenza da parte di un popolo, in caso di occupazione straniera del proprio territorio. Il testo finale del vertice, quindi, si è ridotto a un laconico “terrorismo che non può mai avere una giustificazione e chi incita all’odio sarà perseguito”. Nessun rimando, in questo, al reale stato delle cose. Alla guerra (o guerriglia che dir si voglia) in corso in Iraq. Agli attentati organizzati da al Qaeda e dalle sue cellule.
Due i documenti pubblicati, poi: un Codice di condotta euro-mediterraneo contro il terrorismo e un Programma di lavoro per i prossimi cinque anni. Il primo afferma che il terrorismo non può mai essere giustificato e che i 35 paesi sono uniti nel fermarlo. Tuttavia, bisogna fare attenzione a non mettere in pericolo i valori democratici. I Paesi partecipanti, inoltre, si impegnano a cooperare per ridurre il livello di emigrazione illegale. Come a sostenere il processo di pace in Medio Oriente, per un rafforzamento della sicurezza collettiva. Raggiungibile, quest’ultimo, anche con l’eliminazione delle armi di distruzione di massa nella regione e la limitazione degli armamenti in generale.
Al naufragio dei lavori, inoltre, hanno contribuito gli attriti intercorsi tra la delegazione israeliana e quella palestinese. “Ci sono le parole che vuole usare Israele e quelle dei palestinesi”, ha commentato Tony Blair, durante la conferenza stampa finale, a giustificazione del motivo per cui un documento della presidenza ha sostituito una dichiarazione comune. Israeliani e palestinesi non vogliono scendere a patti. E l’idea di “due popoli-due Stati” resta ancora sulla carta. Gli obiettivi raggiunti in questi mesi, grazie soprattutto a Sharon, non vengono meno, ma oltre non è facile andare. I due governi non vogliono e dall’esterno non ci sono le pressioni sufficienti per forzarli.
Un flop. Dovuto all’intransigenza araba e alla prudenza europea. Un nulla di fatto che dimostra l’inutilità e lo spreco di risorse per incontri come questo. L’Ue non ha una voce comune che sappia imporre la propria linea. Il Medio oriente vive alla giornata. Perché i governi locali una volta si adoperano per mettere uno stop serio e inamovibile alla lotta armata, poi, improvvisamente e in modo repentino, assumono un atteggiamento duro e quasi di appoggio al terrorismo. Da attori del genere non ci si poteva che aspettare nient’altro che una fiera delle banalità. Così è stato.
Ma per cosa? Non c"è stata una dichiarazione congiunta e i rappresentanti dei Paesi arabi hanno inviato delegazioni di profilo ridotto, oppure erano assenti. Fatta eccezione per la Palestina rappresentata da Abu Mazen e la Turchia – che araba non è. Anzi, che fa di tutto per avvicinarsi alle dinamiche europee – presente con il premier Erdogan. L’Elaph, quindi, il più seguito quotidiano arabo on line, ha titolato: “Tentativi di risvegliare una partnership in difficoltà: dopo l’evidente assenza dei paesi arabi, il vertice è sembrato solo europeo, scrive il quotidiano”.
Altro che successo, allora. Si è trattato dell’ennesimo flop di una Unione europea senza politica estera comune. Come al solito.
Nella sostanza, dall’incontro sono emersi l’impegno di tutto l’Euromed nella lotta al terrorismo, “che non può mai essere giustificato”, la necessità di definire un’azione coordinata contro “l’immigrazione illegale” e il perseguimento di pace, stabilità e prosperità per tutti i Paesi del bacino mediterraneo. Ma la carenza più grave è stato il mancato accordo sulla definizione del concetto di terrorismo. Se da distinguere o meno dal diritto alla resistenza da parte di un popolo, in caso di occupazione straniera del proprio territorio. Il testo finale del vertice, quindi, si è ridotto a un laconico “terrorismo che non può mai avere una giustificazione e chi incita all’odio sarà perseguito”. Nessun rimando, in questo, al reale stato delle cose. Alla guerra (o guerriglia che dir si voglia) in corso in Iraq. Agli attentati organizzati da al Qaeda e dalle sue cellule.
Due i documenti pubblicati, poi: un Codice di condotta euro-mediterraneo contro il terrorismo e un Programma di lavoro per i prossimi cinque anni. Il primo afferma che il terrorismo non può mai essere giustificato e che i 35 paesi sono uniti nel fermarlo. Tuttavia, bisogna fare attenzione a non mettere in pericolo i valori democratici. I Paesi partecipanti, inoltre, si impegnano a cooperare per ridurre il livello di emigrazione illegale. Come a sostenere il processo di pace in Medio Oriente, per un rafforzamento della sicurezza collettiva. Raggiungibile, quest’ultimo, anche con l’eliminazione delle armi di distruzione di massa nella regione e la limitazione degli armamenti in generale.
Al naufragio dei lavori, inoltre, hanno contribuito gli attriti intercorsi tra la delegazione israeliana e quella palestinese. “Ci sono le parole che vuole usare Israele e quelle dei palestinesi”, ha commentato Tony Blair, durante la conferenza stampa finale, a giustificazione del motivo per cui un documento della presidenza ha sostituito una dichiarazione comune. Israeliani e palestinesi non vogliono scendere a patti. E l’idea di “due popoli-due Stati” resta ancora sulla carta. Gli obiettivi raggiunti in questi mesi, grazie soprattutto a Sharon, non vengono meno, ma oltre non è facile andare. I due governi non vogliono e dall’esterno non ci sono le pressioni sufficienti per forzarli.
Un flop. Dovuto all’intransigenza araba e alla prudenza europea. Un nulla di fatto che dimostra l’inutilità e lo spreco di risorse per incontri come questo. L’Ue non ha una voce comune che sappia imporre la propria linea. Il Medio oriente vive alla giornata. Perché i governi locali una volta si adoperano per mettere uno stop serio e inamovibile alla lotta armata, poi, improvvisamente e in modo repentino, assumono un atteggiamento duro e quasi di appoggio al terrorismo. Da attori del genere non ci si poteva che aspettare nient’altro che una fiera delle banalità. Così è stato.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.