Vertice UE
Equilibrio infernale
Cercando il punto di equilibrio, quel che consente a ciascuno dei capi di governo di tornare a casa dicendo di avere ottenuto qualche cosa, non si fa che allungare l’elenco, oramai pericolosamente lungo, degli errori europeidi Davide Giacalone - 28 giugno 2012
Il vertice europeo si apre con le peggiori premesse. La ricerca di un compromesso non serve, quando le differenti posizioni rispondo a modelli culturali incompatibili. Cercando il punto di equilibrio, quel che consente a ciascuno dei capi di governo di tornare a casa dicendo di avere ottenuto qualche cosa, non si fa che allungare l’elenco, oramai pericolosamente lungo, degli errori europei.
Sul fronte degli interessi le posizioni contrapposte possono essere così semplificate: da una parte la Germania, con altri nordici, che rifiutano di pagare gli sperperi altrui; dall’altra i più indebitati, fra i quali noi, impiccati a una moneta unica che consente ai tedeschi un ingiustificato vantaggio di credito. Hanno ragione entrambe ed entrambe torto. Non si capiranno mai, se non rileggeranno la storia. Cominciamo dalla Germania: il dramma storico consiste nel fatto che l’Europa giunge alla sua prima, durissima, crisi istituzionale avendo un capo del governo tedesco che non crede nell’Europa, che non ricorda a chi deve (anche economicamente) l’unificazione, che ha vissuto la guerra fredda dalla parte comunista e, quindi, subordina ogni cosa alla grande Germania. E’ un incubo, di cui devono liberarsi i tedeschi. Il guaio è che le posizioni della Merkel sono popolari, perché solleticano il lato gretto dell’elettore-contribuente, lisciano il verso ottuso di chi guarda il portafoglio, ma non ricorda come si è riempito. Se gli altri avessero ragionato allo stesso modo oggi l’Europa sarebbe più piccola, l’area della Comunità più coesa, e la signora Merkel sarebbe sindaco di una città povera e tetra, come lo era il Paese nel quale è cresciuta.
Non per questo hanno ragione gli indebitati. Abbiamo uno Stato sprecone, che al momento in cui entra in crisi il debito allunga le mani sul mio patrimonio privato, anziché liquidare il suo, preleva ricchezza dal mio reddito, anziché diminuire le sue spese dissennate e criminogene. Da questo punto di vista Mario Monti ha sbagliato tutto, come, del resto, ha totalmente fallito il governo precedente, guidato da Silvio Berlusconi, che ha responsabilità enormi. E’ vero che con l’euro e gli spread che si divaricano i tedeschi ci ammazzano, è vero che facendolo allargano lo spazio delle loro aziende, ma il debito e la spesa pubblica fuori controllo sono colpe nostre. Dobbiamo rimediare noi.
Questi due torti non possono essere mediati, perché così andando producono solo i mille miliardi della Bce alle banche, destinati al finanziamento del debito pubblico, salvo poi, come nel caso della Spagna, allargare il debito pubblico per salvare le banche. E’ un circolo demenziale, ma, appunto, frutto della mediazione. Il vertice che si apre oggi dovrebbe averlo chiaro: il punto d’equilibrio si trova all’inferno. Così procedendo salta tutto, perché ci vorrà tempo prima che i tedeschi scoprano il lato masochista della loro posizione, e quando ne saranno consapevoli non ci sarà più l’euro. Quindi sarà esplosa l’Unione.
Oggi Monti può ritagliarsi un posto nella storia. Come governante italiano ha fallito, ma come europeo ha la sua occasione. La signora Merkel deve rimangiarsi la frase sugli eurobond. E’ una dichiarazione di guerra, sebbene finanziaria. Non abbiamo bisogno di una seconda conferenza di Monaco (settembre 1938, l’anno successivo scoppiava la seconda guerra mondiale). I francesi devono ammettere che non può esistere Unione senza ulteriore cessione di sovranità. E noi, come altri, dobbiamo accettare che l’abbattimento del debito non può farsi in venti anni, a carico dei cittadini e delle imprese, ma va fatto subito, a carico dello Stato. Monti ha un vantaggio: è stato insediato per applicare la ricetta tedesca è ora sa benissimo che non funzionerà mai. Monti, quindi, deve mettere sul tavolo le sue dimissioni, non per parlarne con truschinatori politicisti mentecitoriocentrici, ma per avvisare i colleghi statisti che il prossimo passo cieco conduce alla perdizione. Lasci stare le mozioni parlamentari, che contano quanto il due di coppe mentre gli altri giocano a poker, avverta che la storia, i legami internazionali e gli interessi faranno a pezzi un’Europa dimentica di quel che, alla fine del secolo scorso, la portò a non essere più un protettorato della guerra fredda e divenire un potenziale giocatore globale.
Accontentarsi di quel poco che si può raccattare innescherebbe la crisi di governo. Ma questo sarebbe il meno. Sarebbe trascurabile, a tratti ozioso. Quel che accadrebbe fuori è di gran lunga peggio.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
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