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Passiamo alla Terza Repubblica

E’ Tangentopoli 2?

Una cosa che possiamo e dobbiamo fare è evitare di cascarci un’altra volta

di Enrico Cisnetto - 19 febbraio 2010

Mentre il clamoroso switching di Obama sul nucleare spiana la strada al progetto Scajola per la costruzione in Italia di nuove centrali atomiche, il caso Protezione Civile e la denuncia della Corte dei Conti sul dilagare della corruzione ci obbligano a domandarci se anche un’idea giusta e urgente come l’emancipazione del paese dai combustibili fossili sia destinata, al pari di molte altre grandi opere infrastrutturali, a finire nel tritacarne di un sistema votato al “vorrei ma non posso”.

Me lo chiedo non solo perché penso che per noi il ritorno del nucleare segnerebbe una svolta culturale e di modernizzazione prima ancora che un salutare investimento per il futuro e la premessa per una riduzione di quella bolletta energetica che rappresenta uno dei fattori di minor competitività del made in Italy rispetto ai competitor, ma anche perché c’è il rischio che la coraggiosa decisione presa dal governo finisca col restare lettera morta non più per la contrarietà degli italiani – che dopo quasi un quarto di secolo dal referendum del 1987 hanno cambiato idea – bensì per la preventiva impercorribilità dell’iter amministrativo e operativo in cui dovrebbe necessariamente incanalarsi.

Perché con la crocefissione di Bertolaso una cosa deve essere chiara, al di là delle responsabilità penali e civili eventualmente esistenti: giusta o sbagliata che fosse, è chiusa per sempre la scorciatoia che negli ultimi anni si era trovata di definire le opere da realizzare “emergenze” per poter superare gli ostacoli burocratici al fare che neppure la “legge obiettivo” è riuscita a rimuovere. E se ci si fermerà, come fin qui è sempre accaduto, a bestemmiare – comprensibilmente, sia chiaro – contro i magistrati che brandiscono la discrezionalità come un’arma e contro i giornali che ne amplificano l’opera, senza rimuovere le cause che a monte impediscono a questo paese di avere procedure normali e giustizia decente, non si potrà più fare nulla – a cominciare dalla centrali nucleari – neppure quel poco che fin qui si è realizzato.

D’altra parte, che la corruzione dilaghi credo lo sappiano anche le pietre (sicuramente i sampietrini di Roma), e il fatto che a 18 anni esatti dallo scoppio di Tangentopoli e da quella Mani Pulite che avrebbe dovuto liberarci dal fardello del marciume, il paese sia ancora fermo a interrogarsi sui motivi del suo inquinamento con gli stessi accenti moralistici e reagendo con la stessa prassi giustizialista di allora, la dice lunga sul declino che stiamo vivendo. La “salvifica” (sic) Seconda Repubblica ci consegna maggiore corruzione: meno organica, perché i partiti non esistono più, ma più estesa e soprattutto, come ha osservato Fini, più finalizzata all’arricchimento personale, tanto che si potrebbe dire che mentre prima le tangenti erano al servizio della politica, ora è la politica ad essere funzionale alla riscossione delle mazzette. Scomparendo la rappresentanza politica e la capacità di mediazione degli interessi, rimane spazio solo per i comitati d’affari.

Non solo. Siccome diciotto anni dopo ci ritroviamo un capitalismo che ha perso il pelo (le grandi aziende, decisive nell’epoca della globalizzazione) ma non il vizio (organizzare la propria attività intorno alle capacità relazionali), ecco che lo scenario si ancora più squallido, tra imprenditori di serie C ed escort sgallettate. Risultato? Abbiamo minore capacità di realizzazione delle opere e dei servizi pubblici e un sistema giudiziario senza più la “guida politica” che segnò la stagione 1992-94 ma con una più diffusa tendenza a imitarne i comportamenti. Bel risultato, per tutti coloro che hanno cantato e suonato la musica del bipolarismo maggioritario “risanatore e moralizzatore”, e per i più che hanno applaudito.

Tuttavia, c’è una cosa che possiamo e dobbiamo fare: evitare di cascarci un’altra volta. Perché se fosse vero che stiamo per assistere ad una Tangentopoli 2 – e pur mancando l’indignazione popolare (cieca) di allora, le premesse ci sono tutte, a cominciare dall’inconsapevolezza dei politici, del tutto simile a quella mostrata 18 anni fa dalla vecchia classe dirigente – va detto fin da adesso che assolutamente non si dovrà passare alla Terza Repubblica nello stesso modo in cui allora si passò dalla Prima alla (cosiddetta) Seconda.

Cioè senza uno straccio di nuovo assetto costituzionale, condiviso e possibilmente realizzato in un luogo solenne e altamente rappresentativo come un’Assemblea Costituente. Cari colleghi inclini a pubblicare le intercettazioni e a domandarvi se le massaggiatrici dei potenti sono hard o soft, potremmo parlare di questo prima che – di nuovo – sia troppo tardi?

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Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.