La bagarre destra-sinistra è già cominciata
E il ceto medio chi lo rappresenta?
La Finanziaria sembra un regolamento di conti tra classi sociali. Trascurato lo sviluppodi Elio Di Caprio - 02 ottobre 2006
Aumentano le tasse, quelle dirette (ma a quelle indirette e a quanto incidono chi ci pensa più?) e comincia o ricomincia la bagarre... tra chi nella coalizione di governo può baldanzosamente vantarsi che finalmente “anche i ricchi piangono” e il centrodestra che trova conferma ai suoi allarmi preelettorali.
E" un interesse nazionale, o almeno così dovrebbe essere in un Paese normale, ridurre il rapporto deficit-pil al di sotto del 3%, per colmare il divario con gli altri Paesi europei che ci hanno ammesso con riserva nel club dell"euro: sembrerebbe un intervento improcrastinabile dopo tante false partenze. Ma poi vengono i primi dubbi se con la manovra finanziaria non si tenti invece una sorta di regolamento di conti tra le classi sociali (o quello che ne è rimasto), se non altro per dare una prima soddisfazione ai partiti dell"estrema sinistra che hanno reso possibile la vittoria di Romano Prodi.
Ma il vero dilemma è se le misure di aggiustamento finanziarie annunciate e magari annacquate dopo il dibattito parlamentare saranno veramente risolutive o se invece si riveleranno ancora una volta un passo insufficiente per contenere quella tendenza al declino che i passati governi non sono riusciti ad invertire.
Come era ampiamente prevedibile, la scomposta gara preelettorale a chi prometteva di più non poteva non scontrarsi prima o poi con i numeri e la realtà, generando un"ovvia insoddisfazione generale, a destra come a sinistra.
L"opposizione attuale può anche mobilitare il suo elettorato più arrabbiato, fare i girotondi come il centrosinistra, chiamare alle armi, ma in nome di quale alternativa?
Per tornare all"ultimo Berlusconi che promette l"abolizione dell"ICI senza specificare con quali nuove risorse, magari sperando in un"impossibile crescita annua del nostro reddito nazionale al 3%? E poi?
I problemi del consenso e della coesione sociale sono fondamentali in democrazia e non sorprende più di tanto che le scelte obbligate (chi non ricorda l"introduzione dell"euro da parte del primo governo Prodi?) siano fatte digerire con un surplus di demagogia e di manipolazione.
Si è capito ( in ritardo) che il governo Berlusconi per mantenersi in sella non ha fatto “macelleria sociale”, come protestava la sinistra, ha tutt"altro che ridotto la spesa pubblica, si è arreso anch"esso alla corporazione degli interessi precostituiti, magari con un occhio di riguardo alle categorie tradizionalmente più vicine al suo elettorato tradizionale. Ed ora l"opposizione ha facile gioco ad usare i medesimi termini aggressivi della sinistra per contestare le misure finanziarie uscite dal cilindro di Padoa Schioppa-Visco.
Giulio Tremonti, messo alle strette dalle mancate promesse elettorali del governo Berlusconi, non aveva trovato di meglio che ricorrere al solito refrain sull"impossibilità di fare meglio e di più in un Paese che ha il terzo debito pubblico più alto nel mondo intero.... Sentiremo probabilmente ripetere gli stessi concetti, a parti invertite, dal centro-sinistra se non centreremo, nonostante tagli e tasse, l"obbiettivo della riduzione del deficit. E si andrà avanti lo stesso.
Ma ciò testimonia un ritardo culturale che accomuna l"intero corpo sociale e la classe dirigente che ne è espressione. In fondo il risultato paritario delle ultime elezioni è stato tale anche per una crisi di rappresentanza: in un mondo che sta diventando sempre più complesso non si sa più chi rappresenta chi e perchè. Non per nulla i conflitti di interesse- sull"economia e oltre- sono platealmente visibili a cominciare dalle stesse coalizioni che si vorrebbero coese, passando per Bertinotti e Mastella, per finire a Bossi, Fini, e Berlusconi.
Gli altri Paesi europei, specie quelli più fragili dell"est europeo - vedi il tycoon socialista Gyurcsani, ora primo ministro, contestato dagli ungheresi per le sue bugie - sono toccati o lambiti da analoghe difficoltà. Da noi non c"è nulla di più stabile dell"instabilità e probabilmente nuove elezioni non cambierebbero gran che la situazione. Continuerebbe il teatrino di facciata per sollecitare il consenso o l"opposizione degli elettori, ma si nasconderebbero ancora i veri problemi e le ragioni della crisi in atto che va ben al di là del nostro perimetro nazionale.
Basterebbe considerare che con l"integrazione nel mercato mondiale di Cina, India, degli ex paesi del blocco sovietico a noi più vicini, le disponibilità potenziali di mano d"opera si sono negli ultimi anni improvvisamente duplicate, tanto da determinare una pressione verso il basso nella remunerazione del lavoro. Le conseguenze si sono fatte sentire prima sui lavori meno qualificati, ma poi non possono non arrivare a cascata anche sui lavori più qualificati ( o che noi consideriamo tali) delle economie sviluppate.
La protezione dei diritti acquisiti e degli impieghi esistenti accentua l"esclusione dal mercato del lavoro dei giovani.
E" un cambiamento che coinvolge e sconvolge tutta quella parte del ceto medio ( non è un monolite) che ha finora contato sui redditi da lavoro dipendente per mantenere il suo status ed il suo benessere.
E invece che facciamo noi dopo il cataclisma dell"euro che ha rafforzato le rendite e non i salari? Continuiamo a dividerci tra una sinistra massimalista che ancora “vuole la luna”, magari punendo le classi agiate, ed una destra altrettanto intransigente che sembra ripiegata in una strenua difesa dei propri interessi, veri o presunti che siano.
La realtà è che è in crisi proprio la classe media, quella che è stata sempre l"asse portante dell"equilibrio sociale complessivo. Destra e sinistra risultano sempre più spiazzate nel rincorrere le pulsazioni profonde di un ceto medio multiforme e sempre meno riconoscibile e raggiungibile : chi lo può compiutamente rappresentare? Esso si può estendere verso il basso a costo di una progressiva proletarizzazione o restringersi ad una minoranza di privilegiati perdendo però la sua funzione di equilibrio. E" questo il problema dei problemi con cui una società avanzata come la nostra dovrebbe confrontarsi, perchè mette in gioco il suo modello di sviluppo, non la nuova “lotta di classe” imperniata sulla percentuale di reddito da far pagare ai più abbienti.... Prima lo si capirà, meglio sarà per tutti.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.