Prosegue il dibattito sul federalismo
Dopo le Regionali è ora di ripensare la riforma costituzionale
E adesso la lotta alla devolution diventa l'impegno politico primariodi Cosimo Dimastrogiovanni - 13 aprile 2005
I risultati delle elezioni regionali segnano un risultato inequivocabile in favore del Centrosinistra, un dato del tutto omogeneo su tutto il territorio nazionale, fatta eccezione per il Veneto e la Lombardia, che affida all'Unione la responsabilità di guidare quasi tutte le Regioni italiane e consegna ai leader del Centrodestra, soprattutto a quelli più illuminati, un messaggio chiarissimo: la Costituzione repubblicana non si tocca. Fermatevi.
Passata la sbornia di numeri, cifre e percentuali vorrei ricordare che tutti i cittadini democratici di questo Paese hanno ora un importante compito da svolgere, un dovere civile da adempiere che mi auguro sia assolutamente bipolare: sconfiggere il progetto di demolizione della Costituzione repubblicana, messo in atto con l'approvazione al Senato della cosiddetta "devolution" attraverso la mobilitazione popolare ed il referendum previsto dall'art.138 detto "confermativo", ma che nella sostanza deve divenire concretamente "abrogativo" di tale pastrocchio.
Da 1947 la Costituzione repubblicana è la casa comune che ha consentito al popolo italiano di affrontare le tante tempeste della storia, nella pace, nella libertà, rispettando i diritti fondamentali degli individui e delle comunità.
Essa ha contribuito a formare l'identità nazionale, per cui oggi non è possibile pensare al popolo italiano separato dai suoi istituti di libertà, dal grande pluralismo dei corpi sociali, dalla distribuzione dei poteri, dalla partecipazione popolare, nella quale si sostanzia la democrazia, garanzia di libertà per le generazioni future.
Questa legge segna un ulteriore grave indebolimento della politica in un momento in cui ci sarebbe bisogno del contrario per superare la fase di declino in cui versa il Paese, al bisogno di più stato, più mercato con regole certe, maggiore integrazione europea, si risponde con la creazione di una sorta di staterelli regionali tenuti insieme dai poteri attribuiti al capo del governo, come quello di sciogliere direttamente le Camere, che non trovano riscontro in nessun paese occidentale. Nessun Parlamento al mondo viene sciolto con un atto finale del capo del governo. Nell'esperienza occidentale non esiste questa ipotesi. Il capo del governo può proporre lo scioglimento ma non deciderlo a suo piacere.
Per non parlare del ruolo quasi offensivo attribuito al Presidente della Repubblica, alla limitazione dei poteri del Parlamento e della Corte Costituzionale, al contorto rapporto legislativo Camera-Senato. Dal bicameralismo perfetto siamo passati al bicameralismo più imperfetto e conflittuale possibile.
In Italia il problema delle riforme istituzionali esiste da tempo ma la sede per scrivere le regole nuove della nostra convivenza non può essere quello di una maggioranza parlamentare come purtroppo è stato fatto in questi ultimi anni, avallando una concezione direi "congiunturale" della Costituzione, nel senso che ogni parte politica si vuol fare la propria Costituzione, così come si fa per gli abiti confezionati su misura poiché la qual cosa è già di per sé negazione stessa dell'idea di Costituzione quale patrimonio di valori, principi e regole condivise.
Noi non ci stiamo.
Passata la sbornia di numeri, cifre e percentuali vorrei ricordare che tutti i cittadini democratici di questo Paese hanno ora un importante compito da svolgere, un dovere civile da adempiere che mi auguro sia assolutamente bipolare: sconfiggere il progetto di demolizione della Costituzione repubblicana, messo in atto con l'approvazione al Senato della cosiddetta "devolution" attraverso la mobilitazione popolare ed il referendum previsto dall'art.138 detto "confermativo", ma che nella sostanza deve divenire concretamente "abrogativo" di tale pastrocchio.
Da 1947 la Costituzione repubblicana è la casa comune che ha consentito al popolo italiano di affrontare le tante tempeste della storia, nella pace, nella libertà, rispettando i diritti fondamentali degli individui e delle comunità.
Essa ha contribuito a formare l'identità nazionale, per cui oggi non è possibile pensare al popolo italiano separato dai suoi istituti di libertà, dal grande pluralismo dei corpi sociali, dalla distribuzione dei poteri, dalla partecipazione popolare, nella quale si sostanzia la democrazia, garanzia di libertà per le generazioni future.
Questa legge segna un ulteriore grave indebolimento della politica in un momento in cui ci sarebbe bisogno del contrario per superare la fase di declino in cui versa il Paese, al bisogno di più stato, più mercato con regole certe, maggiore integrazione europea, si risponde con la creazione di una sorta di staterelli regionali tenuti insieme dai poteri attribuiti al capo del governo, come quello di sciogliere direttamente le Camere, che non trovano riscontro in nessun paese occidentale. Nessun Parlamento al mondo viene sciolto con un atto finale del capo del governo. Nell'esperienza occidentale non esiste questa ipotesi. Il capo del governo può proporre lo scioglimento ma non deciderlo a suo piacere.
Per non parlare del ruolo quasi offensivo attribuito al Presidente della Repubblica, alla limitazione dei poteri del Parlamento e della Corte Costituzionale, al contorto rapporto legislativo Camera-Senato. Dal bicameralismo perfetto siamo passati al bicameralismo più imperfetto e conflittuale possibile.
In Italia il problema delle riforme istituzionali esiste da tempo ma la sede per scrivere le regole nuove della nostra convivenza non può essere quello di una maggioranza parlamentare come purtroppo è stato fatto in questi ultimi anni, avallando una concezione direi "congiunturale" della Costituzione, nel senso che ogni parte politica si vuol fare la propria Costituzione, così come si fa per gli abiti confezionati su misura poiché la qual cosa è già di per sé negazione stessa dell'idea di Costituzione quale patrimonio di valori, principi e regole condivise.
Noi non ci stiamo.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.