I moralisti un tanto al chilo
Dimissioni, non proprio al volo
Capecchi si è dimesso perché colto in flagrante. Degli applausi non si capisce il motivodi Davide Giacalone - 20 settembre 2007
Riccardo Capecchi prestava la propria collaborazione presso la presidenza del Consiglio. Ha dato le dimissioni e la cosa appare così originale ed isolata da procurargli non pochi applausi. Ancora una volta mi trovo in totale dissonanza con il comune sentire dei tanti moralisti un tanto al chilo.
Capecchi non si è dimesso quando ha visto le proprie foto sull’Espresso, quando riesaminando il proprio abito ed il proprio bagaglio di quel giorno, nell’atto d’imbarcarsi su un volo di Stato, s’è ricordato che tutto lasciava intendere un viaggio non esattamente per motivi di lavoro. Aggiungo, comunque, che la sua presenza non aggravava di un solo euro la spesa pubblica, e che l’abitudine di dare passaggi su quegli aerei è consolidata da anni e riguarda tutti i governi. Ma torniamo a Capecchi: l’insopprimibile esigenza morale di non arrecare danno alle istituzioni è insorta solo quando Dagospia ha dato un nome a quel signore. Solo allora. Non sono molto esperto delle regole che i giovani lupetti si danno, ma tenderei ad escludere che s’insegni a fare le buone cose solo se tanati a farne di cattive. Ed è sbalorditivo che qualcuno veda in tale condotta qualche cosa d’ammirevole.
Ma non basta: il vice presidente del Consiglio, Rutelli, titolare di quella trasferta, ha voluto far sapere che all’imbarco il Capecchi s’è presentato di sua iniziativa e per nulla invitato. Fossi stato in Rutelli gli avrei dato il passaggio, come lui ha fatto, perché, lo ripeto, non costava nulla far quella cortesia. Ma le dimissioni successive alla scoperta sono un’ammissione di colpa che suona attribuzione di responsabilità. Capecchi, insomma, lungi dall’essere un eroe della moralità è un gigante dell’ingratitudine.
Su quella giornata di voli, con destinazione gran premio di formula uno, la Corte dei Conti dice di volerci vedere chiaro. Ricordo a quei giudici, non famosi per la vista nitida e la ragionevole celerità dell’azione, quel che ho già scritto: sarebbe interessante indagare due cose: a. le modalità d’autorizzazione di quei voli; b. le modalità e la tempistica di rimborso dell’Aeronautica Militare. Già, perché se si scoprisse quel che temo, ovvero che i militari ci rimettono, la faccenda sarebbe assai più seria e dolorosa. Posto che, al momento, l’unica cosa che sembra dolere ai protagonisti è l’essere stati fotografati.
www.davidegiacalone.it
Capecchi non si è dimesso quando ha visto le proprie foto sull’Espresso, quando riesaminando il proprio abito ed il proprio bagaglio di quel giorno, nell’atto d’imbarcarsi su un volo di Stato, s’è ricordato che tutto lasciava intendere un viaggio non esattamente per motivi di lavoro. Aggiungo, comunque, che la sua presenza non aggravava di un solo euro la spesa pubblica, e che l’abitudine di dare passaggi su quegli aerei è consolidata da anni e riguarda tutti i governi. Ma torniamo a Capecchi: l’insopprimibile esigenza morale di non arrecare danno alle istituzioni è insorta solo quando Dagospia ha dato un nome a quel signore. Solo allora. Non sono molto esperto delle regole che i giovani lupetti si danno, ma tenderei ad escludere che s’insegni a fare le buone cose solo se tanati a farne di cattive. Ed è sbalorditivo che qualcuno veda in tale condotta qualche cosa d’ammirevole.
Ma non basta: il vice presidente del Consiglio, Rutelli, titolare di quella trasferta, ha voluto far sapere che all’imbarco il Capecchi s’è presentato di sua iniziativa e per nulla invitato. Fossi stato in Rutelli gli avrei dato il passaggio, come lui ha fatto, perché, lo ripeto, non costava nulla far quella cortesia. Ma le dimissioni successive alla scoperta sono un’ammissione di colpa che suona attribuzione di responsabilità. Capecchi, insomma, lungi dall’essere un eroe della moralità è un gigante dell’ingratitudine.
Su quella giornata di voli, con destinazione gran premio di formula uno, la Corte dei Conti dice di volerci vedere chiaro. Ricordo a quei giudici, non famosi per la vista nitida e la ragionevole celerità dell’azione, quel che ho già scritto: sarebbe interessante indagare due cose: a. le modalità d’autorizzazione di quei voli; b. le modalità e la tempistica di rimborso dell’Aeronautica Militare. Già, perché se si scoprisse quel che temo, ovvero che i militari ci rimettono, la faccenda sarebbe assai più seria e dolorosa. Posto che, al momento, l’unica cosa che sembra dolere ai protagonisti è l’essere stati fotografati.
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L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.