L'Authority, se c'è, batta un colpo
Digitale terrestre fuori orbita
Il passaggio dal sistema analogico è tutto sbagliato. E chi lo sa, tacedi Davide Giacalone - 11 novembre 2005
E adesso c’è arrivato anche il direttore generale della Rai, Alfredo Meocci, che lo ha detto non al bar, ma alla Commissione Parlamentare di Vigilanza: di passaggio al digitale entro la fine del 2006 non se ne parla nemmeno. Grazie, lo sapevo già e lo scrivo da molto tempo. Solo che da ciò discendono alcune conseguenze, che non sono proprio dei dettagli.
Ah, dimenticavo, prima di passare alle conseguenze, il trasloco al digitale, non solo nei tempi stabiliti, ma neanche nei mesi successivi, non ci sarà neanche in Sardegna e Valle d’Aosta. Questa è stata l’ultima trovata propagandistica di chi non sa più cosa dire, ma sul suo fallimento accetto scommesse, con sugosa posta in denaro.
Il passaggio, totale e definitivo, dal sistema televisivo analogico (i nostri attuali televisori) a quello digitale è solo uno dei pezzi di un meccanismo tutto sbagliato. C’è chi non lo capisce, ed a costoro si perdona per manifesta incapacità intellettuale. Ma c’è chi lo capisce e tace, toppando clamorosamente anche circa gli interessi che crede di difendere. La bufala è gigantesca, l’obiettivo impossibile, ma si continuano a spendere soldi pubblici per finanziare l’una e l’altro. Il risultato sarà un guazzabuglio nel quale bolliranno il mancato rispetto di una sentenza della Corte Costituzionale, la violazione di legittimi interessi di terzi, la diffusione di decoder finanziati per realizzare una televisione a libero accesso e che funzioneranno solo per quella a pagamento, l’irragionevolezza di dover sopprimere delle reti da qui ad un anno, l’impossibilità di prorogare per decreto, il tutto sotto gli occhi di qualche milione di italiani che si sono dotati di decoder credendo alla legge e che hanno pensato fossero la chiave d’accesso alla tv interattiva, come racconta una propaganda per ebeti.
Qualcuno mi dica, in quella condizione, quali interessi si saranno validamente difesi!Ma, fin qui, la risposta al mio ragionare è stata sempre la stessa: non è vero. Si nega l’evidenza per non fare i conti con la realtà. Come quel tale che, precipitato dal trentesimo piano, a chi gli chiedeva, all’altezza del quindicesimo, ma che fai? Rispondeva: per ora prendo il fresco.
Purtroppo, per gli amanti del fresco, a quella impossibile scadenza si legano anche altre conseguenze, come, tanto per fare un paio d’esempi, la liberazione di frequenze radioelettriche per la Radio e la possibilità, da fornitori di contenuti, di creare delle televisioni senza mettere giù delle reti. Invece nisba, tutte balle. E se qualcuno si mette in testa che un diritto è un diritto e si rivolge al magistrato? Anzi, a proposito di magistrature, l’Agcom, l’Autorità di Garanzia per le Comunicazioni, che sta facendo? La legge prevede che sia questa indipendente e competentne Autorità a vigilare affinché siano presenti le condizioni per il passaggio definitivo al digitale. Ecco, pensano di dare un segno di vita o rimandano la coraggiosa impresa a dopo il Natale del 2006? Pensano di occuparsi anche dei loro doveri, o di limitarsi alla protesta per il taglio ai loro finanziamenti?
E non dicano che non avevano i soldi per guardar fuori dalla finestra, perché a noi l’esercizio riesce benissimo, anche gratis.
Ah, dimenticavo, prima di passare alle conseguenze, il trasloco al digitale, non solo nei tempi stabiliti, ma neanche nei mesi successivi, non ci sarà neanche in Sardegna e Valle d’Aosta. Questa è stata l’ultima trovata propagandistica di chi non sa più cosa dire, ma sul suo fallimento accetto scommesse, con sugosa posta in denaro.
Il passaggio, totale e definitivo, dal sistema televisivo analogico (i nostri attuali televisori) a quello digitale è solo uno dei pezzi di un meccanismo tutto sbagliato. C’è chi non lo capisce, ed a costoro si perdona per manifesta incapacità intellettuale. Ma c’è chi lo capisce e tace, toppando clamorosamente anche circa gli interessi che crede di difendere. La bufala è gigantesca, l’obiettivo impossibile, ma si continuano a spendere soldi pubblici per finanziare l’una e l’altro. Il risultato sarà un guazzabuglio nel quale bolliranno il mancato rispetto di una sentenza della Corte Costituzionale, la violazione di legittimi interessi di terzi, la diffusione di decoder finanziati per realizzare una televisione a libero accesso e che funzioneranno solo per quella a pagamento, l’irragionevolezza di dover sopprimere delle reti da qui ad un anno, l’impossibilità di prorogare per decreto, il tutto sotto gli occhi di qualche milione di italiani che si sono dotati di decoder credendo alla legge e che hanno pensato fossero la chiave d’accesso alla tv interattiva, come racconta una propaganda per ebeti.
Qualcuno mi dica, in quella condizione, quali interessi si saranno validamente difesi!Ma, fin qui, la risposta al mio ragionare è stata sempre la stessa: non è vero. Si nega l’evidenza per non fare i conti con la realtà. Come quel tale che, precipitato dal trentesimo piano, a chi gli chiedeva, all’altezza del quindicesimo, ma che fai? Rispondeva: per ora prendo il fresco.
Purtroppo, per gli amanti del fresco, a quella impossibile scadenza si legano anche altre conseguenze, come, tanto per fare un paio d’esempi, la liberazione di frequenze radioelettriche per la Radio e la possibilità, da fornitori di contenuti, di creare delle televisioni senza mettere giù delle reti. Invece nisba, tutte balle. E se qualcuno si mette in testa che un diritto è un diritto e si rivolge al magistrato? Anzi, a proposito di magistrature, l’Agcom, l’Autorità di Garanzia per le Comunicazioni, che sta facendo? La legge prevede che sia questa indipendente e competentne Autorità a vigilare affinché siano presenti le condizioni per il passaggio definitivo al digitale. Ecco, pensano di dare un segno di vita o rimandano la coraggiosa impresa a dopo il Natale del 2006? Pensano di occuparsi anche dei loro doveri, o di limitarsi alla protesta per il taglio ai loro finanziamenti?
E non dicano che non avevano i soldi per guardar fuori dalla finestra, perché a noi l’esercizio riesce benissimo, anche gratis.
L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.