E' in corso una partita pericolosa
Debiti pubblici e sovranità
Chi raccoglie la sovranità persa dagli Stati?di Davide Giacalone - 13 maggio 2011
Se i debiti pubblici, quello greco in testa, fossero un problema per economisti, saremmo confusi ma sereni. Confusi perché non ci sono due economisti che la pensano allo stesso modo, semmai molti che riescono a pensarla in due modi diversi. Sereni perché, alla fine, una via d’uscita s’imbocca.
Invece è una questione politica, che ha a che vedere con la sovranità nazionale: i singoli Paesi sono sempre meno sovrani, ma non c’è nulla di federale a raccogliere i loro poteri e compensare la perdita. Per questo non userò numeri (utilissimi), ma parole, perché ciascun cittadino deve rendersi conto di quale partita è in corso, ciascuno deve valutarne i riflessi sulla propria vita, senza lasciarsi intimorire da linguaggi che più sono tecnici più denotano ignoranza.
Prendiamo la Grecia, già sul ciglio del burrone. I greci sono colpevoli della loro situazione, visto che hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità e hanno imbrogliato sui loro conti pubblici, truccandoli. Posto che, come ricorda Angela Merkel, ciascun Paese dell’euro non è responsabile dei debiti altrui, perché non li lasciamo al loro destino? Potrebbero uscire dall’euro, svalutare pesantemente, così ridurre il debito pubblico e ripartire, con un di più d’inflazione. Invece no, non possono, perché se lo facessero porterebbero a picco le banche tedesche. I greci facevano gli spendaccioni con i soldi delle banche europee, le quali li prestavano perché riscuotevano lauti tassi d’interesse e vivevano al sicuro del fatto che un Paese dell’euro non poteva andare in bancarotta. Sono le banche ad avere sbagliato i conti, non solo i greci, magari ebbri di ouzo.
Salvando la Grecia salviamo le banche, sicché i tedeschi non dovranno rimproverarsi alcuna generosità eccessiva. Il mondo, però, non è piccolo, come ai tempi della guerra fredda, s’è fatto grande e i mercati sono divenuti globali. Qualche speculatore (etimologicamente: colui che guarda lontano) ha scoperto che strozzando i greci, non prestando loro denaro e facendo salire i tassi d’interesse, si costringevano gli altri europei a intervenire. Una pacchia: alti rendimenti e assicurazione europea. Intanto i greci asfissiano, perché per pagare gli toccherebbe un digiuno pluriennale. E veniamo al dunque.
Uscire dall’euro non possono, pagare quelle cifre in quei tempi non possono, allora vanno in amministrazione controllata, perdono sovranità. I commentatori si divertono a fare graduatorie immaginarie: ora i greci, poi i portoghesi, quindi irlandesi, belgi, spagnoli, magari gli italiani. E’ la fila dei morituri, o dei contagiati, per usare il linguaggio infettivo del Fondo Monetario Internazionale. Ma è solo un bau bau, perché se questi saltano giù dalla rupe si portano appresso le banche di quelli che credono d’essere sani. Il tema è un altro: tutti quelli che entrano nell’euro e non hanno i parametri di compatibilità in ordine (debito pubblico e deficit) cedono sovranità, sono meno padroni di sé stessi. Peggio stanno e meno contano. Noi compresi, anche se la nostra situazione è assai più solida di come la si racconta (semmai è ingiusta, ma è altro discorso).
Chi raccoglie la sovranità persa dagli Stati? Questo è il dramma: nessuno. Magari qualcuno crede che il potere caschi nelle mani del governatore della Banca Centrale Europea, fregandosele perché potrebbe andarci Mario Draghi. Ma si sbaglia. Il governatore, che dura in carica otto anni e, quindi, non risponde ad alcun ciclo politico, nominato dai capi di Stato, è un guardiano della moneta, non un mandriano che può stabilire dove portarla.
Conta molto, ma solo a patto di attenersi alle regole. Non può essere e non è un organo politico, ha discrezionalità limitate. L’illusione che il tecnico bravissimo sia la soluzione dei mali è molto pericolosa, perché lascia intendere che non s’è capito qual’è il male. Per averne un’idea guardate alla Danimarca che chiude le frontiere e manda all’altro paese Schenghen. Guardate ai partiti antieuropei che sorgono per ogni dove. Guardate alla mendace ipocrisia cui è costretta la Merkel, per conservare qualche voto. E chi credete che andrà a governare la piazza greca, i tecnici? quelli si chiamavano “colonnelli”, e ci sono già stati.
Morale: o la devoluzione di sovranità trova un ambito federale nel quale sfociare, in questo caso creandosi titoli del debito europeo e dando vita al debito federale (che sarebbe migliore di quello statunitense), oppure si creano scompensi costosi e divaricanti, con gran goduria degli speculatori e gran rivolta dei popoli locali. E’ noto che non si può fare un campionato senza giocare tutti con la stessa palla, dacché usando ciascuno la propria si gioca da sé e per sé, ma se poi uno o pochi pretendono d’essere i padroni della palla, stabilendo loro quando e come gli altri possono usarla, va a finire che scoppia la rissa. Meglio accorgersene, prima di ballare tutti il Sirtaki.
Pubblicato da Libero
Invece è una questione politica, che ha a che vedere con la sovranità nazionale: i singoli Paesi sono sempre meno sovrani, ma non c’è nulla di federale a raccogliere i loro poteri e compensare la perdita. Per questo non userò numeri (utilissimi), ma parole, perché ciascun cittadino deve rendersi conto di quale partita è in corso, ciascuno deve valutarne i riflessi sulla propria vita, senza lasciarsi intimorire da linguaggi che più sono tecnici più denotano ignoranza.
Prendiamo la Grecia, già sul ciglio del burrone. I greci sono colpevoli della loro situazione, visto che hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità e hanno imbrogliato sui loro conti pubblici, truccandoli. Posto che, come ricorda Angela Merkel, ciascun Paese dell’euro non è responsabile dei debiti altrui, perché non li lasciamo al loro destino? Potrebbero uscire dall’euro, svalutare pesantemente, così ridurre il debito pubblico e ripartire, con un di più d’inflazione. Invece no, non possono, perché se lo facessero porterebbero a picco le banche tedesche. I greci facevano gli spendaccioni con i soldi delle banche europee, le quali li prestavano perché riscuotevano lauti tassi d’interesse e vivevano al sicuro del fatto che un Paese dell’euro non poteva andare in bancarotta. Sono le banche ad avere sbagliato i conti, non solo i greci, magari ebbri di ouzo.
Salvando la Grecia salviamo le banche, sicché i tedeschi non dovranno rimproverarsi alcuna generosità eccessiva. Il mondo, però, non è piccolo, come ai tempi della guerra fredda, s’è fatto grande e i mercati sono divenuti globali. Qualche speculatore (etimologicamente: colui che guarda lontano) ha scoperto che strozzando i greci, non prestando loro denaro e facendo salire i tassi d’interesse, si costringevano gli altri europei a intervenire. Una pacchia: alti rendimenti e assicurazione europea. Intanto i greci asfissiano, perché per pagare gli toccherebbe un digiuno pluriennale. E veniamo al dunque.
Uscire dall’euro non possono, pagare quelle cifre in quei tempi non possono, allora vanno in amministrazione controllata, perdono sovranità. I commentatori si divertono a fare graduatorie immaginarie: ora i greci, poi i portoghesi, quindi irlandesi, belgi, spagnoli, magari gli italiani. E’ la fila dei morituri, o dei contagiati, per usare il linguaggio infettivo del Fondo Monetario Internazionale. Ma è solo un bau bau, perché se questi saltano giù dalla rupe si portano appresso le banche di quelli che credono d’essere sani. Il tema è un altro: tutti quelli che entrano nell’euro e non hanno i parametri di compatibilità in ordine (debito pubblico e deficit) cedono sovranità, sono meno padroni di sé stessi. Peggio stanno e meno contano. Noi compresi, anche se la nostra situazione è assai più solida di come la si racconta (semmai è ingiusta, ma è altro discorso).
Chi raccoglie la sovranità persa dagli Stati? Questo è il dramma: nessuno. Magari qualcuno crede che il potere caschi nelle mani del governatore della Banca Centrale Europea, fregandosele perché potrebbe andarci Mario Draghi. Ma si sbaglia. Il governatore, che dura in carica otto anni e, quindi, non risponde ad alcun ciclo politico, nominato dai capi di Stato, è un guardiano della moneta, non un mandriano che può stabilire dove portarla.
Conta molto, ma solo a patto di attenersi alle regole. Non può essere e non è un organo politico, ha discrezionalità limitate. L’illusione che il tecnico bravissimo sia la soluzione dei mali è molto pericolosa, perché lascia intendere che non s’è capito qual’è il male. Per averne un’idea guardate alla Danimarca che chiude le frontiere e manda all’altro paese Schenghen. Guardate ai partiti antieuropei che sorgono per ogni dove. Guardate alla mendace ipocrisia cui è costretta la Merkel, per conservare qualche voto. E chi credete che andrà a governare la piazza greca, i tecnici? quelli si chiamavano “colonnelli”, e ci sono già stati.
Morale: o la devoluzione di sovranità trova un ambito federale nel quale sfociare, in questo caso creandosi titoli del debito europeo e dando vita al debito federale (che sarebbe migliore di quello statunitense), oppure si creano scompensi costosi e divaricanti, con gran goduria degli speculatori e gran rivolta dei popoli locali. E’ noto che non si può fare un campionato senza giocare tutti con la stessa palla, dacché usando ciascuno la propria si gioca da sé e per sé, ma se poi uno o pochi pretendono d’essere i padroni della palla, stabilendo loro quando e come gli altri possono usarla, va a finire che scoppia la rissa. Meglio accorgersene, prima di ballare tutti il Sirtaki.
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L'EDITORIALE
DI TERZA REPUBBLICA
Terza Repubblica è il quotidiano online fondato e diretto da Enrico Cisnetto nato nel 2005 dall'esperienza di Società Aperta con l'obiettivo di creare uno spazio di commento indipendente e fuori dal coro sul contesto politico-economico del paese.