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Fascismo, “celodurismo”, la canottiera di Bossi e poi meno male che Silvio c’è…

Cosa fu all'origine del disastro?

Le analisi affrettate di un’epoca non ancora tramontata

di Elio Di Caprio - 15 marzo 2012

Da una canottiera all’altra. Così passa ( o sembra che passi) la storia del nostro Paese. Spariti Bossi e Berlusconi ( si fa per dire) dove andremo a (ri)cominciare dopo l’esaurirsi di una parentesi che sembra non abbia più alcun padre e di cui nessuno è responsabile? Perché il ping pong delle inutile contumelie e delle reciproche recriminazioni non abbia a ripetersi è almeno legittimo interrogarsi – ma forse è troppo presto- su quel che è accaduto dal 94 in poi lasciando finalmente da parte le stucchevoli rappresentazioni da presunto ventennio berlusconiano a cui la società italiana si sarebbe bene o male acconciata e adattata in un’epoca che avrebbe costituito il concentrato dei peggiori deficit storici della nostra vita civile.

Il “fascismo universale” che si annida nell’animo degli italiani ne sarebbe il massimo responsabile, secondo una vetusta analisi della sinistra e secondo quanto si legge nella copertina di presentazione del saggio di Marco Belpoliti “La canottiera di Bossi”, recensito recentemente da Sergio Luzzatto sul Sole 24 ore. Viene così ripreso un vecchio concetto attribuito a Leonardo Sciascia sul latente e sempre rinascente fascismo sotto-traccia degli italiani. Ma perché non parlare a questo punto più che di universale, del fascismo all’italiana, quello che tra l’altro ha annoverato tra i suoi volontari adepti un altro drammaturgo e scrittore siciliano di spessore come Luigi Pirandello? Sarebbe se non altro più facile darsi così conto di tante apparenti contraddizioni e di tante eccentricità e stravaganze della storia italiana, compresa la doppia e parallela figliolanza d’epoca di Bossi e Berlusconi, due personaggi insoliti emersi dalla crisi delle democrazia italiana degli anni ’90 – perché di questo si tratta senza infingimenti- e risultati mediamente vincenti rispetto agli avversari non grazie ad una mentalità fascista diffusa, non grazie a un listone unico imposto dall’alto - prendere o lasciare - ma a causa di un generale smarrimento, questo sì universale, che non si è concluso e si è riprodotto pari pari nei venti anni successivi fino ai giorni nostri, segnalando ancor più la crisi della nostra democrazia che l’attuale Costituzione non ha mai saputo pienamente regolare.

Sarebbe meglio, se si vuole atteggiarsi a storici prima del tempo dovuto, rinunciare alla propaganda e riconoscere che in tanti anni sono cambiate le strutture economiche profonde e i valori dominanti, si sono avvicendate diverse forze in campo, ma c’è sempre stato da noi un problema di democrazia incompiuta, di rappresentanza insufficiente di ceti e categorie, a cui hanno fatto spesso riscontro momenti decisionali più autocratici che democratici. L’ultimo di questi è rappresentato ed espresso, che lo si voglia o no, proprio dal governo Monti con cui si è cercato in maniera piuttosto autoritaria di porre un limite all’irresponsabilità collettiva di ieri. Ed allora, propaganda per propaganda, se basta un qualsiasi atto autoritario per essere definiti fascisti o di mentalità fascista nel 2011, sono tendenzialmente fascisti lo stesso Monti e il presidente Napolitano che lo ha imposto come nuovo Capo del governo e dove vanno a finire le sapienti analisi dei Belpoliti e dei Luzzatto che spiegano a ritroso che al principio del disastro fu la canottiera? Se si parte dalla canottiera di Bossi e dal “meno male che Silvio c’è” e poi si approda al successivo meno male che super Mario anti-spread c’è, vuol dire che i problemi della società italiana sono più complessi, qualcosa di fondamentale non ha funzionato e non funziona e non si arriva da nessuna parte nella pretesa di voler interpretare storicamente il periodo che stiamo tutti vivendo.

Il robot Monti- quello immortalato dalle gag comiche di Crozza- ha avuto (finora) la meglio sulla canottiera di Bossi ormai fuori tempo massimo. E’ questo l’esito, speriamo definitivo, che più interessa. Poi si può pure dire che siamo passati dal clima di vanità di prima alla verità e alla serietà di oggi, si può pure andare alla ricerca del carisma perduto di Bossi, del successo inspiegabile del “troglodita della porta accanto” come dice crudelmente Luzzatto a proposito dei leghisti, esemplare perché popolare o popolare perché esemplare, oppure del carisma rappresentato dalla seducente fisicità del Cavaliere che gli ha consentito di ritagliarsi un’immagine di leader popolare a suon di sondaggi. Il “celodurismo” virilizzante accosterebbe, secondo Luzzatto, l’immagine di Berlusconi e Bossi in canottiera e, perché no?, a quella dello stesso Benito Mussolini in canottiera alla “battaglia del grano”, tanto per dare continuità ai fantasmi della storia italiana.

Ma per fortuna ora si cambia registro : si è passati dalla fisicità di Berlusconi e di Bossi al Monti -robot e come è successo nel postfascismo, in termini di paragoni pseudo-storici si fa largo all’emersione di figure quasi eteree o ascetiche, prive di fisicità, come lo sarebbero stati dopo Mussolini i De Gasperi, i Togliatti, i La Malfa, i Moro di quel tempo. Ma forzando avvenimenti e profili, come fa Luzzatto, viene preso per asceta persino l’ex capo comunista Palmiro Togliatti, colui che nel dopoguerra, mutuando qualche violenta guasconata fascista, aveva minacciato ( metaforicamente?) di prendere a calci nel sedere con le scarpe chiodate l’avversario-nemico De Gasperi per cacciarlo dal governo. Certo tutto si tiene e resta comprensibile solo se rapportato ai tempi e chissà cosa penseranno gli storici futuri della canottiera di Bossi e del suo dito medio alzato.

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